tu hai fatto una torta
io qualche casino
ma che bella Roma specialmente la sera
e mentre tu le fai una foto ti faccio una foto di schiena
—Ma tu, COMETEL'Accademia di arte, qui a Roma, si staglia in tutta la sua altezza: uno degli edifici più belli del quartiere.
È passato quasi un mese dalla mia visita a Monza, e, fortunatamente, sto meglio. Pensavo che non sarei riuscita di nuovo ad andare avanti, ed invece ce l'ho fatta, perché non mi merito di soffrire.
Non una chiamata, non un messaggio, neppure uno di insulti. Sono stata ignorata completamente, ed io di certo non gli ho scritto, anzi.
Finalmente, sono tornata a fare quello che mi piace di più: l'arte. La prossima settimana avrò persino uno stage fuori. E a Matteo, ci sto pensando molto poco, sarà che cerco di tenermi impegnata il più possibile, tra lo studio, la palestra e le uscite con i miei amici non mi interessa minimamente avere altre preoccupazioni.
- Ti aspettiamo in caffetteria. Ci sei?- Ricevo un messaggio di Marta, visto che ovviamente sono in ritardo per la colazione che facciamo di solito. Scrivo che sarò lì tra non più di dieci minuti, e per evitare di smentire la mia promessa, mi avvio quasi correndo verso il centro del complesso.
Le teste degli altri universitari si voltano verso di me, quando mi vedono agitare le braccia per fare più veloce, e, fortunatamente, funziona davvero, visto che in poco tempo sono in caffetteria.
«Eccomi, sono viva.» esclamo, quasi urlando, dimenticandomi che questo è un posto pubblico, e arrossendo non appena tutti si voltano. Luca e Paola mi fanno un cenno, Marta è distratta sul cellulare. «Cosa mi raccontate?» chiedo sedendo al tavolo con tutti loro, «Giornata noiosa, due ore con Costetti e poi lezione di pomeriggio.» esclama quasi indignato Luca, che proprio di fare lezione più tardi delle due non gli si può dire.
«Io messa bene. Dopo giro in centro?» mi chiede invece Paola, mettendo una mano sotto al mento, prestandomi la sua intera attenzione. «Mi piacerebbe, ma devo studiare, così poi ho finito con gli esami.» Solo in quel momento, Marta si risveglia. «Io ci sono, ormai ho dato abbastanza. Oddio scusa, non ti ho nemmeno salutata.» esclama, alzando lo sguardo dal cellulare.
Io continuo freneticamente a guardare l'orologio, non vorrei fare tardi ad una lezione importante poco prima dell'esame. Quando penso sia abbastanza tardi, mi alzo dal tavolo, borbottando che devo andare. Poi, mi avvio quasi correndo, nella direzione delle aule.
«Aspetta! -mi grida dietro Paola- cosa facciamo per il tuo compleanno?»
Ed io ho un momento di panico, perché odio festeggiarlo. Lo detesto.
Come detesto Matteo. Ed è colpa sua oltretutto, se io non riesco a pensare positivamente ad un giorno che dovrebbe essere di festa.
Era poco dopo la festa, ed era il mio compleanno, dunque, lo avevo invitato, sperando che vedessi da parte sua un comportamento diverso da quello avuto nei giorni precedenti, in cui mi ero sentita poco più che totalmente ignorata. Speravo di potergli parlare, di riuscire a stare assieme a lui quasi come una vera coppia, ed invece così non era stato.
Lui aveva portato Alessandra, quasi fosse stato per me un regalo. Io l'avevo odiato, come mai avevo fatto, nemmeno quando ero piccola. Lo odiai, davvero, perché realizzai che senza di lui non riuscivo ad essere felice.