08. Ci amavamo già da prima

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Ti prenderei se in bici cadi
E quando non ci sei la luna sembra solo un sasso vuoto
Con te ci salterei nel vuoto
Sbronza con la faccia da mhm
Siamo soli, non serve che strilli o gli sbirri ci buttano giù
— Laila Al Habash e Coez, Sbronza

Alla fine, in macchina con Matteo ci sono salita, solo per non dover rimanere a piedi, altrimenti sarei tornata a casa la mattina seguente.

Odio il silenzio che si è creato tra di noi, che anni fa avremmo firmato un patto con il diavolo pur di stare insieme in un posto qualsiasi. Odio anche la sofferenza che sto provando in questo momento, vorrei essere in grado dì farmi scivolare addosso tutto, come fa lui, come ha fatto per tutti questi anni.

Dal canto suo, Matteo, sembra completamente indifferente, oserei dire quasi compiaciuto, dì come si è comportato questa sera, dì quello che è successo. Solo osservare il suo volto attualmente riesce a darmi sui nervi, nasconde i suoi sentimenti sotto una maschera dì estrema tranquillità, come se nulla potesse effettivamente toccarlo, a differenza mia.

La macchina procede spedita fino alla via di casa, qui rallenta, e si infila nel parcheggio di casa sua lasciato libero da Fabio, suo padre. Neppure mi saluta, scende dall'auto sbattendo con forza lo sportello, ed io lo seguo, imitandolo. Se lui non crede di dover farsi perdonare, non sono affari miei, ma questa volta sarà lui ad implorarmi, di certo non farò io il primo passo.

Arrivo al cancello di casa, ed infilo le chiavi nella toppa, cercando di non fare troppo rumore, vorrei evitare una denuncia dagli altri vicini, ed entro in casa.

Inizialmente non vedo nulla, buio totale, poi, improvvisamente, due occhi mi si parano davanti. Occhi come i miei: sono quelli di mio padre. «Greta, cosa fai in piedi a quest'ora?»

Solo successivamente nota come sono vestita, e soprattutto, cosa porto ai piedi. Stivali dal tacco alto, lucidi, quasi totalmente nuovi. «Papà dai non mi pare il caso, ne parliamo domani mattina.» Spero solo che se lo dimentichi.

Lui, però non demorde, anzi, inizia a fare sempre più domande. «Dove sei andata? Con chi? Perché? È un ragazzo? Hai lasciato perdere Matteo?» Mi paralizzo improvvisamente, presa da una scarica di rabbia al solo sentire il suo nome. Mio padre, però, considerando anche che siamo al buio, non percepisce il mio cambiamento d'umore, e continua imperterrito il suo indovina chi.

Non gli passa nemmeno per l'anticamera del cervello che possa essere Matteo, per lui è come un figlio, dunque lo considera come un fratello per me; non ha mai realizzato il nostro rapporto per la sua interezza.

«No, Elio - so quanto gli dia fastidio essere chiamato così da me, proprio per questo lo faccio - tutto bene, e non c'è nessun ragazzo.»

Mio padre, però sorride in modo strano, come se stesse aspettando questo momento da molto tempo: «E allora chi era il moro che ha aspettato che tu rientrassi a casa prima dì andare?» Le sue parole sorprendono persino me: non credevo che dopo quello che è successo Matteo potesse ancora preoccuparsi per me, non è mai stato da lui, e nemmeno da me, orgogliosi come siamo.

«La verità, pa', è che non ho voglia dì parlarne. Posso andare a dormire o devo rimanere con te a farmi fare il terzo grado?» esclamo, sinceramente, ma anche con una punta d'ironia, immancabile neo nostri discorsi. Lui, si limita a darmi un bacio in fronte e ad indicarmi le scale con un cenno, poi torna in cucina.

𝐉𝐄 𝐓'𝐀𝐈𝐌𝐄  ↠ 𝐌𝐀𝐓𝐓𝐄𝐎 𝐏𝐄𝐒𝐒𝐈𝐍𝐀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora