Confondevo il mio respiro con il tuoil mio sorriso con il tuo — Franco126, Stanza Singola
L'immagine riflessa nello specchio, riflette chiaramente la mia condizione: le lacrime rigano le mie guance, arrossate per lo sforzo, per lo stress incontenibile che l'incontro mi ha provocato.
Come mio solito, non ho retto il confronto, sono scappata, non ho neppure avuto la forza di guardarlo. Mi odio per questo, odio il non essere forte abbastanza per affrontarlo, mi odio perché sono debole, perché non riesco a reggere la sua sola presenza nella mia vita, perché non ho ancora superato quello che mi ha fatto.
E non riesco a smettere di piangere, non posso. I residui del mio mascara sono ovunque tranne che sugli occhi. Sulle guance ci sono righe nere e la mia bocca è piegata in una smorfia per trattenere le lacrime. I capelli si sono appiccicati al mio viso, inumiditi, e non ho la forza neppure per toglierli.
Seduta ai piedi del letto, sobbalzo improvvisamente, a causa di un rumore esterno.
Bussano alla porta, ed io so benissimo che è lui. Non riesce a capire, a comprendere, che così mi fa stare anche peggio, che l'unica cosa che ho chiesto alla vita, è l'evitarmi la sofferenza di rivederlo, e lui non ha aspettato neppure un singolo giorno a presentarsi a casa mia. Lui è un enorme egoista, pensa sempre e solo al suo bene, non rispetta mai il volere degli altri, lo odio, lo odio con tutto il mio cuore.
«Greta, ti prego apri.» No, questa volta non cederò, non aprirò quella fottuta porta, rimarrà chiusa, e lui capirà, capirà che è troppo tardi. L'ho atteso per troppo, per giorni, mesi, e quando ho finalmente accettato che non sarebbe più rientrato nella mia vita, lui si è ripresentato alla mia porta.
«Cazzo, no, non ti apro Matte'.» sono infuriata, piango di nuovo, ma stavolta non è tristezza, bensì è tutta la rabbia che mi sono tenuta dentro, tutti i pugni che non ho mai tirato, tutte le volte che non ho urlato. Sta venendo fuori tutto adesso. Tutto quello che ho trattenuto.
«Greta, ti prego, ti scongiuro, apri questa benedettissima porta, fallo per me.» Non la apro, e chiudo gli occhi, per allontanare la sua presenza, troppo vicina. L'unica cosa che riesco a vedere, però, è il nostro posto, si visualizzano di fronte a me miriadi di farfalle, ma questo non mi calma, anzi se possibile, mi agita ancora di più.
«Greta! Apri questa cazzo di porta! » sbatte i pugni sul legno, spaventandomi a morte: lui, sempre calmo, pacato, sta dando in escandescenze, a causa mia. « Per favore, voglio vederti.» Un tono supplicante fuoriesce dalle mie labbra « Basta Matteo, ti prego.» Non ascolta, come suo solito, non gli importa di me, non gli importa di come sto.
Cedo, e anche se non vorrei, apro la porta in legno. Lui non se lo aspetta: lo trovo con un pugno innalzato verso l'alto, come a voler bussare di nuovo.
Mi siedo, nuovamente, ai piedi del letto, aspettando che Matteo faccia o dica qualcosa. Deve parlare, non ce la farò a stare in questa stanza ancora per molto. Lui, tuttavia, non fa nulla, si limita a guardarmi come se non fossi vera, come se quella di fronte a lui fosse un clone e non io.
Improvvisamente, si avvicina, si siede affianco a me, cercando il contatto: la sua spalla chiede il contatto con la mia, la sua mano fa lo stesso, ma io cerco di allontanarmi in tutti i modi possibili. Matteo, ti prego, tu non sai quanto puoi farmi male, non andare oltre.
Infine, quando sto per arrendermi, caccia fuori dalla bocca due parole, che mi stupiscono nonostante io le conosca benissimo.
«Mannaggia al diavoletto che c'ha fatto litigà, pace?» Mi dice, mentre mi porge il mignolo.
Queste parole, le parole con cui abbiamo risolto ogni litigio, da quando eravamo bambini. Era la nostra frase del cuore. Certo, però, queste bastavano per le discussioni di due bambini, non certo per quelle di due adulti. Non basta per me, che avevo bisogno di certezze e adesso le insicurezze spesso sembrano uccidermi. Non basta per lui, che se n'è andato quattro anni fa senza farsi più vedere nè sentire. Non basta per noi, se quel noi ancora può portare a qualcosa.
Scuoto leggermente la testa «No, basta!» un urlo nella mia testa, ma dalle mie labbra esce solo un rantolo di voce, come se stessi soffocando. Ed infatti è così, non riesco a respirare con lui nella mia stessa stanza, non riesco a muovermi.
«Greta!» «Greta!» la sua voce è lontana, come un eco dalla montagna. «Merda un attacco di panico.» esclama di nuovo Matteo. Conosce me, forse meglio di quanto conosce se stesso; sa di quello che succede, sa come aiutarmi ed anche se non vorrei, lui rimane qui per me.
«Allora Greta. Fai un respiro profondo. Uno. Due. Tre.» scuoto la testa, non voglio ascoltarlo. «Greta, fatti aiutare, prometto che poi me ne andrò.» «Stringimi le mani e respira.» «Uno. Due. Tre.»
Mi calmo, piano, grazie al suo aiuto, grazie a lui, mi calmo. Quando il mio sguardo torna sul suo viso e riesce a metterlo a fuoco, lo vedo preoccupato: la bocca è contratta in una smorfia di paura e gli occhi sono appannati, hanno un velo sopra le iridi.
Iridi in cui mi perdo, cado nel loro marrone color cioccolato, cado nella profondità dei suoi occhi, e calde lacrime iniziano a scendere dai miei nuovamente . Lacrime non di gioia nè di tristezza, lacrime di sollievo nel sapere che non è di nuovo andato via.
Le lacrime continuano a cadere, ma il mio corpo adesso è circondato dalle sue braccia, in un abbraccio stretto e carico di emozioni. Il suo petto contro il mio, infonde in me un calore ed una sicurezza che non avevo più da tempo, le sue labbra accarezzano la mia spalla, sussurrando parole di conforto.
«Grazie Matte.» sussurro al suo orecchio. Lo sento rabbrividire. «Scusa Gre, scusami veramente, io, mi dispiace.» «Mi sono comportato male, ti ho fatto soffrire, ti chiedo scusa.» «Va bene, doveva andare così.» «No, non doveva andare così, cosa posso fare per farmi perdonare?» «Nulla, assolutamente, nulla, se non uscire da questa stanza e lasciarmi in pace per sempre.»
Per una volta, una sola, mi ascolta, segue le mie indicazioni, ed esce da quella stanza.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
buongiorno! domani ricomincia la scuola, non voglio tornare (per la prima volta) voglio stare in DAD.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.