Nei giorni seguenti, in attesa della guarigione della ferita, Timoteo iniziò a fidarsi sempre più di Isaia. Dopo la scenata per il disegno smise di guardare in cagnesco il persecutore ogni volta che entrava nella stanza e imparò a controllare gli sfoghi di rabbia. Nonostante il miglioramento del rapporto, tuttavia, entrambi erano ancora restii a trascorrere tempo insieme e Isaia non restava mai a lungo col ragazzo. Ogni tanto Timoteo accennava dettagli sulla propria vita, raccontando del numero di insetti che aveva accudito nella cella dove il padre lo aveva segregato. Li teneva come animali domestici e dava loro i nomi di apostoli e discepoli di Gesù finché non venivano schiacciati sotto la scarpa dell'inorridita nutrice. Si chiamava Pia e gli leggeva i racconti della bibbia ogni giorno, come voleva Giacomo Timordomini, spingendolo a disegnare le scene dell'Antico Testamento e a pregare con lei. Aveva anche tentato di insegnargli a leggere e scrivere, ma lui era lentissimo e riusciva a capire solo una lettera per volta. Isaia lo ascoltava al contempo affascinato e contrito. Provava un'intensissima malinconia a sentire Timoteo descrivere la sua vita passata con tanto distacco emotivo. Per lui vivere segregato in una stanza era qualcosa di normale e ne parlava con la stessa naturalezza di uno scolaro che si confronta coi compagni. Solo che ciò di cui parlava era un'infanzia trascorsa in completa solitudine e devozione ingenuamente fanatica verso Dio. Non era abbastanza piccolo da ignorare completamente la sua situazione, ma neanche abbastanza grande da dimostrare una vera consapevolezza di ciò che gli era stato fatto. E questo gli proiettava una strana rassegnazione negli occhi, un barlume di genuino abbandono che Isaia aveva visto solo negli occhi di uomini molto più anziani e tribolati.
Tra un racconto e l'altro, Timoteo qualche volta gli rivolgeva una domanda. Era sempre un po' acido ed evitava di fissare il persecutore negli occhi nascosti dall'elmo, ma sembrava piuttosto curioso a proposito della sua vita. Isaia gli rispondeva con cenni lenti del capo e talvolta ignorava ciò a cui non voleva rispondere, consapevole che poi avrebbe fatto la stessa domanda a Rebecca e avrebbe risposto lei per lui. Anche se il bambino era ancora un po' riluttante a fidarsi di lui, infatti, la donna era come se fosse sua madre. Timoteo ci passava molto più tempo, chiacchierandoci per ore e tempestandola di domande sul mondo in cui lui aveva a malapena vissuto.
«Quanto è grande Venezia?» riuscì a sentire Isaia, che origliava da dietro la porta.
«Fermo. Lasciami spalmare questo» Rebecca prese un po' di unguento e lo applicò sulla ferita «Venezia è molto grande. Ci sono più di diecimila case»
Timoteo spalancò gli occhi quando udì quel numero. Isaia lo vide sussultare di fronte alla realizzazione di quanto fosse esteso lo spazio al di fuori della sua vecchia cella. D'altronde non c'era da biasimarlo. Quella stanza era stata tutto il suo universo per un decennio e ora scopriva che era solo un granello di sabbia nel deserto. Prima nel suo mondo c'erano solo lui, suo padre e la nutrice. Ora invece c'erano milioni di altre persone appena confluite nella sua idea di vita.
«E dopo Venezia?» Timoteo strinse i denti mentre Rebecca lo pizzicava per controllare la cicatrizzazione della ferita.
«Dopo Venezia? Ci sono un sacco di isole. Mio fratello ti porterà in una di queste e forse troveremo tua madre»
«E dopo le isole?»
«Beh» Rebecca sospirò «a sud c'è il mare. Sconfinato. Per attraversarlo in barca ci vogliono quaranta giorni. L'isola di Poveglia, l'onfalo dei sortilegi dell'Adriatico e di incubi salini, il Forte San Gabriele e il Tesseratto, dove le chiese dai muri intersecati sono come un grande labirinto. A nord invece c'è Selenopoli, la città della Luna Calante, le terre dei Taurarchi e dei Calcedoni, e il Capitello della Luce Imbalsamata, dove in bare di piombo sono conservate le sacre particelle solari che prima della venuta del messia hanno tempestato il cielo e distrutto gli apparecchi dell'epoca del peccato. A ovest le Stigmate della Terra, enormi squarci nel terreno dove una volta l'anno l'acqua si trasforma in sangue, e ad est luoghi pieni di terrore. La Salmodia di Lethe e le Sabbie Ardenti dell'Anima, lì dove il terreno emette vapori pestilenziali e i pellegrini impazziscono nelle nebbie. In queste direzioni c'è il continente. Più grande del mare. E tra i continenti gli oceani»
Timoteo tacque, intimorito dalla stazza di ciò che gli descriveva la donna.
«Che succederà se non troviamo mia madre?» domandò a bassa voce per cambiare discorso.
«Non lo so. Se non la troveremo, mio fratello inizierà a cercarla in qualche altro luogo. Lo conosco bene e credo proprio che farà così. Devi chiederlo a lui, però»
«E se è morta?»
Rebecca sussultò. Non si aspettava una domanda così brutale. Gli carezzò la guancia e accennò un sorriso di conforto.
«Tesoro, non possiamo saperlo. Vedrai che tua madre sarà viva. Ogni sera prego Dio affinché la protegga sotto le sue ali e la faccia stare bene mentre ti aspetta sull'isola. Devi sapere che tua madre è buona perché guarisce i malati e aiuta coloro che hanno bisogno. E Dio veglia sulle persone buone»
Timoteo annuì, forse più per cordialità che per convinzione, e si lasciò carezzare senza battere ciglio.
«Preghi anche per l'uomo corazzato?»
«Mio fratello? Sì, ogni sera» gli occhi di Rebecca iniziavano a farsi lucidi «devi sapere che lui e tua madre sono molto simili. Lei cura i corpi dei malati, Isaia invece cura le loro anime. Le libera dei peccati e le fa andare in paradiso, dove possono incontrare i loro cari e passare l'eternità in comunione con Dio. È un compito molto importante»
«Mh» il bambino non era molto convinto «va bene. Adesso ho sonno»
«Ti lascio riposare allora» Rebecca si alzò dal letto e prese la candela dal comodino «buonanotte»
Uscì dalla camera e trasalì quando si trovò davanti l'imponente sagoma di Isaia.
«Diamine! Mi hai spaventata!»
Isaia alzò le spalle per scusarsi, poi i due iniziarono a scendere la scala a chiocciola alla luce fioca della candela.
«La ferita è quasi del tutto guarita. Il ragazzo riprenderà a camminare presto» mormorò Rebecca «non credi che sia un po' troppo presto per partire? Stare troppo all'aria aperta potrebbe fargli male, non so se mi spiego...»
Il persecutore scosse la testa, inamovibile. Sarebbero partiti non appena possibile. Più restava a contatto col bambino e più ci si affezionava. E l'affetto era un'emozione assai pericolosa per un uomo come lui, molto più della semplice pietà. Teneva molto a Timoteo, ma di più al suo lavoro e ai principi che aveva seguito per tutti quegli anni. Nonostante fosse determinato a salvarlo, non poteva permettere che un sovraccarico di emozioni umane lo distraesse dal suo compito principale. Rebecca lo sapeva bene e chinò il capo in segno d'intesa.
«Non mentivo quando ho detto che prego tutte le notti per te. E prego che questa missione ti riesca. So che Dio non veglia sulla tua opera, ma tentar non nuoce. Se la provvidenza non sarà con te, sarà almeno col bambino» continuò lei. Isaia sospirò e le carezzò la nuca prima di dirigersi verso la propria camera, pronto per l'ennesima notte da passare in bianco.
Il giorno seguente Isaia ultimò i preparativi per il viaggio. Lucidò i pezzi della corazza, strofinandoli uno ad uno in silenzio contemplativo, poi si recò alla giudecca per parlare con il vecchio Sanudo. Scrisse in una pergamena di tenere pronta la barca nei giorni successivi e consegnò in anticipo il denaro al barcaiolo. Il vecchio Giulio Sanudo era il miglior traghettatore di Venezia. Conosceva ogni anfratto della laguna, si teneva lontano dalle zone più pericolose e non faceva domande purché si pagasse bene. Sanudo corrugò la fronte quando vide che la destinazione era l'Isola delle Rose, ma non poteva negare il viaggio a un persecutore. Era uno dei tanti privilegi di Isaia.
Una volta tornato alla reggia, quindi, fu sorpreso di vedere Timoteo in sala da pranzo. Ora che la gamba stava molto meglio, il bambino riusciva a camminare zoppicando e trascorse tutta la mattinata a vagare per le sale diroccate del castello. Rebecca lo accompagnò fin sulla cima della torre sud e Timoteo quasi svenne dall'emozione alla vista del panorama. Venezia era diventata una città grigiastra, decrepita e agonizzante, eppure la vista del mare che baciava l'orizzonte fu abbastanza per togliergli il fiato dalla meraviglia. Il bambino rise a crepapelle insieme a Rebecca, spezzando il sacro silenzio di afflizione che avvolgeva le calli e costringendo i gobbi penitenti ad alzare lo sguardo verso il cielo.
A mezzogiorno Isaia si ritirò nella sua stanza per mangiare da solo (ancora non era pronto per mostrare il suo volto al bambino) ma udiva i gridolini del ragazzo e della sorella. L'allegria di Timoteo era contagiosa e riuscì a strappargli un sorriso. Era piacevole sentire quelle strilla di libertà, così pure e innocenti nella loro natura agrodolce. Anche un persecutore come lui poteva permettersi di esultare per la rinascita di un bambino. Ripensò alla morte di Giacomo Timordomini e gli sembrò che fosse passata una vita da quel momento, che lui fosse profondamente cambiato nonostante continuasse a negarlo.Trascorsero altri tre giorni prima che Timoteo si riprendesse completamente. In quel periodo di tempo, Rebecca continuò ad accudirlo e a istruirlo su come funzionava il mondo, nonché su come comportarsi per andare in paradiso. Lui la ascoltava con attenzione e si lasciava coccolare, già abituato alla sua nuova vita nella reggia dopo tutti quegli anni di prigionia, e passava ore affacciato alle finestre per esplorare ogni edificio di Venezia da dietro le mura della reggia. E nel frattempo i tessuti della sua giovane gamba si erano completamente rimarginati. La cicatrice che si era formata non aveva però placato il dolore della ferita più grande: la morte del padre. Era evidente che Timoteo non aveva ancora perdonato Isaia, eppure sembrava molto più tollerante con lui. Doveva aver capito che il persecutore voleva davvero sdebitarsi ed era pronto a seguirlo in quel viaggio che gli era stato promesso.
Il giorno prima della partenza, Isaia discusse a lungo con la sorella riguardo al viaggio e i due convennero di partire subito. Timoteo si stava affezionando troppo a lei ed era meglio agire prima che quel sentimento si propagasse anche tra loro come un'infezione. Lui non poteva essere padre e lei non aveva le capacità di crescere un figlio.
«Se tu non la trovassi, però?» si azzardò a domandare Rebecca.
Isaia non reagì, lasciandole intendere che conosceva già la risposta. L'avrebbe cercata altrove e se avessero trovato il cadavere la cosa più saggia sarebbe stata affidare Timoteo a qualcuno in grado di crescerlo. Forse ai monaci del Convento degl'Immacolati. Le voci che un bambino si aggirava per i corridoi della reggia del persecutore si erano già fatte troppo indiscrete.
«Come possiamo essere sicuri che questo non sia un peccato? Forse è volontà di Dio che io lo cresca» insistette lei, ma il suo tono lasciava trasparire una grande insicurezza.
Dio non avrebbe voluto che il bambino crescesse in quella casa piena di peccati, rispose Isaia, e non avrebbe potuto vivere il resto dei giorni accanto a un assassino come lui. Non poteva essere il suo disegno per Timoteo.
«E se questo evento non facesse parte del suo disegno ma del tuo? Un'ultima possibilità di redimerti» Rebecca aveva gli occhi lucidi.
Una silente risata di scherno rimbombò sotto l'armatura di Isaia. Davvero credeva di potergli far cambiare idea con della retorica così spiccia? Il persecutore lanciò un'occhiata pietosa verso la sorella e scosse la testa. Lei ammutolì, umiliata, e si diresse a passi pesanti verso la propria camera.
«Se non vuoi considerare la volontà di Dio, visto che non lo ascolti, almeno considera quella del bambino. Chiediti se vuole davvero tornare dalla madre che lo ha abbandonato!» Rebecca esclamò innervosita, poi si ritirò nella camera senza voltarsi indietro.
Isaia incrociò le braccia. Ormai era deciso. Sarebbero partiti l'indomani pomeriggio e non c'era modo di fargli cambiare idea. I preparativi erano ormai ultimati e lui era il solo con la lucidità mentale adeguata per decidere cosa fare. Anche lei sapeva che in quella reggia c'era spazio solo per loro due e che lui non aveva portato a casa il bambino per adottarlo. Timoteo aveva la mente troppo distorta dall'infanzia trascorsa in prigionia e mantenerlo avrebbe solo causato problemi a lungo andare. La cura che avevano dimostrato con lui era mossa dalla pietà, non dall'amore, e ciò precludeva ogni altra via.
Isaia sospirò mentre si dirigeva verso la propria stanza. Rebecca parlava spesso senza pensare, ma entro domani sarebbe tornata in sé. Non avrebbe opposto troppa resistenza visto che nel suo subconscio sapeva di non poter tenere il bambino. Era solo il frutto di un equivoco, un momentaneo attimo di speranza nell'oceano di pece nera che era la loro vita in preparazione all'aldilà. Tra dieci o vent'anni, loro due avrebbero ricordato quei pochi giorni insieme a Timoteo con nostalgia, ma senza rimpianti. Così come non si poteva prolungare una vacanza all'infinito, loro non potevano imprigionare quel momento di serenità sperando di non subire enormi conseguenze. E il loro futuro era già scritto. Nulla poteva cambiarlo.
Mentre si gettava a letto, negli occhi di Isaia si dipinse la stessa malinconica rassegnazione che imperlava gli occhi di Timoteo. Anche lui aveva trascorso anni in prigionia, rinchiuso nel ruolo di persecutore senza possibilità di fuggire. E tutt'ora si sarebbe portato questa condizione fino alla morte. Nemmeno un miracolo avrebbe potuto risparmiargli l'Inferno dopo tutte quelle torture inflitte, e lui non poteva guardare oltre quella strada così come il bambino non aveva immaginato nulla al di là delle mura della cella. Ma Timoteo era fuggito dalla sua prigione e ora aveva diritto a una vita. Potevano insistere quanto volevano, ma Isaia non lo avrebbe risucchiato nel suo mondo. Mai e poi mai.

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Venezia Penitente
General FictionNon c'è umiltà senza superbia. Non c'è generosità senza avarizia. Non c'è martirio senza persecuzione La seconda venuta del Messia è finalmente giunta. Cristo è sceso in terra per una seconda volta, compiendo miracoli per preparare le genti del mond...