XIII

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Isaia sospirò dopo aver udito il tono forzatamente cordiale con cui quell'uomo si era appena presentato. Si sentiva subito che era uno straniero proveniente da una cultura diversa. Chissà com'era arrivato in quel casone sperduto. Probabilmente si era perso, proprio come loro. Il pensiero di un cartografo che si era perso lo fece quasi sorridere dietro la maschera. Timoteo si voltò verso Jawed, ma distolse rapidamente lo sguardo non appena quello lo guardò negli occhi. Restò per un secondo a fissare timidamente il pavimento, poi si sdraiò sul letto per dare le spalle a quell'individuo che tanto lo straniva. Jawed emise un impacciato suono atonale con la gola, come per colmare un vuoto nella conversazione che stava tentando di iniziare, poi parlò di nuovo.
«Siete in viaggio da qualche parte, giusto? Mi piacerebbe conoscere la vostra destinazione. Sono già piuttosto esperto nella navigazione della laguna; mi mancano solo i territori più ostili. Potrei darvi qualche consiglio su che strade evitare o su che scorciatoie potreste prendere. Ma se preferite non parlare lo capirò» disse, stavolta con meno sicurezza nella voce.
Un lungo silenzio seguitò, interrotto solo dallo scroscio della pioggia e dal respiro angosciato di Timoteo. Il sorriso sul volto di Jawed si assottigliò sempre di più fino a sparire. A quanto pare aveva inteso che i due sconosciuti non erano molto inclini a perdere tempo in vuote conversazioni.
«Non importa» borbottò, voltandosi per tornare a lavorare sulle carte. Proprio mentre stava per arrendersi, tuttavia, Isaia aprì il sacco con uno strattone e ne estrasse una pergamena irruvidita dall'umidità. Jawed sussultò quando udì il persecutore scrivere qualcosa sul foglio e inclinò la testa per osservarlo con la coda dell'occhio. Una volta finito di scarabocchiare il messaggio, Isaia si alzò lentamente in piedi, si avvicinò alla scrivania e porse la pergamena al giovane.
«Molto piacere» biascicò lui, prendendola con titubanza. La figura troneggiante del persecutore sembrava turbarlo nonostante lui cercasse di nasconderlo e le labbra gli fremettero quando iniziò a leggere ad alta voce il messaggio.
«Di' al pescatore che mangeremo ciò che ci preparerà, ma io mangerò qui da solo» declamò, poi abbassò la pergamena e fissò il persecutore dritto negli occhi della visiera.
«Capisco, volete che gli riferisca questo. Il bambino invece può mangiare giù?»
Isaia annuì e si udì un singulto di sorpresa provenire dalla gola di Timoteo.
«D'accordo. Allora glielo riferirò non appena torna» disse Jawed, rinfrancato che i due compagni non lo avessero ignorato completamente.
«Ti prego» mugolò la voce di Timoteo, «voglio restare con te»
Jawed aggrottò la fronte, imbarazzato dalla tensione che aleggiava nella stanza, e Isaia sospirò profondamente. Con un gesto della mano si fece ridare la pergamena, poi tornò sul letto per scrivere qualcos'altro e porse il nuovo messaggio al cartografo.
«Quando avrò finito scenderò in sala da pranzo per vegliare su di te» lesse Jawed, alzando la voce affinché Timoteo potesse sentire «così ha scritto il tuo compagno»
Il bambino si girò bruscamente sul fianco per guardare i due uomini. Non era infastidito, aveva solo un'espressione molto stanca e dolente. Forse stava riflettendo sul giuramento di cui Isaia lo aveva rimproverato e ora si sentiva un peso sullo stomaco che lo costringeva a rimuginare su pensieri stagnanti come aveva sempre fatto. Jawed sembrò colpito dallo sguardo stremato e disilluso di Timoteo e socchiuse la bocca per la sorpresa. Non aveva mai visto un bambino con quell'espressione.
«D'accordo. Grazie» mormorò Timoteo. Lanciò un'ultima occhiata piena di timore e diffidenza a Jawed prima di rigirarsi dall'altra parte e pulirsi con la manica il naso irritato dai fumi della laguna.
Isaia tornò inflessibile a sedersi sul letto e Jawed lo osservò con la fronte corrugata. Quella scena gli era sembrata così surreale, con la pioggia che inumidiva suoni e voci e la lampada a olio che proiettava lunghe ombre sulle pareti spoglie. I due figuri avevano una strana energia magnetica che distorceva la realtà, così lontani dai modi e dagli usi della sua terra. Era come se racchiudessero un estremo inesplorato della natura umana che trapelava dai loro respiri, tanto affascinante quanto cupo e indecifrabile. Una strana, perfida saggezza ammantava ogni gesto di quel misterioso uomo corazzato.

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