Le due barche continuarono la traversata per diverse ore, immerse nel silenzio che ammantava la laguna dopo la tempesta. Isaia remava con gesti ampi e nervosi, ancora incerto a proposito delle buone intenzioni del cartografo, e continuava a spostare lo sguardo da Timoteo al sole che già tramontava a occidente. Non capiva se il bambino si fosse addormentato, rannicchiato coi pugni stretti e gli occhi chiusi sul legno di prua, o se stesse solo cercando di riposarsi. Era preoccupato per lui. Chissà che sogni desolati stava vivendo nella sua mente stanca. Jawed remava goffamente, proprio come il compagno, e Isaia dovette spesso rallentare a causa della sua scarsa prestanza fisica. Spesso si girava per controllare che i due lo stessero seguendo e di tanto in tanto gridava qualcosa che Isaia non ascoltava. Lo scroscio delle onde, così regolare e pacato, lo rassicurava ben più della voce gracchiante di quell'individuo. Niente lo avrebbe distratto dal godersi le ultime ore di luce prima che il sole tramontasse definitivamente. Dei brividi freddi percorsero la schiena del persecutore all'idea di trascorrere la notte nel mezzo del nulla, con la barca abbandonata all'abbraccio delle onde. Serbava davvero poca fiducia per quella traversata, ma doveva cercare di non pensarci. Isaia continuò a remare fissando l'orizzonte finché anche l'ultimo bagliore del sole fu inghiottito dalle terre atlantiche. L'oscurità calò sulla laguna proprio mentre le due barche entravano nel territorio dei Cacciatori di Reliquie, ormai molto lontane dalla costa.
Isaia e Jawed accesero le lanterne di prua, progettate per puntare fasci di luce capaci di penetrare la nebbia, e una lieve inquietudine s'insinuò nella mente del persecutore mentre il silenzio si faceva più sottile. Nella laguna era così: il canto delle onde si trasformava in un sussurro colmo di mistero non appena la luce del sole svaniva. Jawed si recò a prua e puntò la lanterna verso il fondale.
«È di notte che i criptidi escono dalle loro tane» disse con un mezzo sorriso «perciò è più facile scorgerne qualcuno»
Si mise a scrutare le profondità con gli occhi pieni di meraviglia, sondando il terreno paludoso con il fascio di luce. Anche nel buio, Isaia riusciva a intravedere la curiosità che riempiva il cartografo. Si era sempre immaginato i dotti orientali come persone di interesse accademico, invece Jawed era più simile a un bambino intento a scoprire il mondo pezzo per volta. Gli faceva pena. Sbatté il remo sul fianco della barca per richiamare l'attenzione del cartografo, poi continuò a remare verso sud-ovest ignorando le sue urla di protesta.
«Suvvia! Ci sono piante bioluminescenti tutt'intorno, davvero non v'importa nulla della scienza? Chissà su quante nuove specie nessun uomo ha mai gettato sguardo!»
Con un sospiro, Jawed tornò a poppa e riprese a remare per raggiungere la barca del persecutore. La notte rendeva difficile vedere le imbarcazioni ed entrambi gli uomini dovettero affidarsi alle orecchie per assicurarsi di non essersi allontanati troppo l'uno dall'altro. Il cadenzato sciacquio del remo era un rumore dolce, quasi sonnolento, ma Isaia non poteva perdersi nei pensieri come al solito. Doveva restare sveglio e continuare a remare, noncurante del dolore che iniziava ad affliggergli i muscoli e del buio che gli impediva di vedere Timoteo. Normalmente amava l'oscurità, ma non quella della laguna. Non era come l'ombra dei palazzi o la notte cittadina che gli permetteva di muoversi nel silenzio. Era un manto soffocante in cui anche i più spavaldi si smarrivano, un buio che rapiva il fiato e gelava la mente. Isaia continuò a guardare le sfumature rossastre del cielo boreale finché l'unica luce rimasta fu quella della luna. Non c'erano stelle, coperte dalle nubi temporalesche, e tutto si dipinse di un tenue blu spettrale.
Era ormai da diverse ore che Isaia e Jawed stavano remando attraverso il territorio dei cacciatori. Il persecutore iniziava a sentirsi spazientito dalle manovre improvvise del cartografo. Jawed spesso si sedeva a prua e consultava qualche mappa alla luce della lanterna per poi cambiare bruscamente rotta senza avvisare il compagno, forse per non incappare in qualche isola abitata dai fanatici. Certo, evitare alcun tipo di incontro era essenziale, ma egli non sembrava molto convinto delle direzioni verso cui puntava la barca. L'impermeabile di Timoteo frusciava nell'oscurità mentre il bambino si rigirava per trovare una posizione comoda per dormire e il nervosismo di Isaia cresceva sempre di più. Entro mezzanotte, aveva detto Jawed. Con quella lentezza erano forse a poco più di metà strada, nel bel mezzo del territorio più ostile della laguna, e lui iniziava a sentirsi stanco. Entro mezzanotte un corno. Non c'era da sorprendersi se dopo tutte quelle parole il cartografo si era dimostrato un inetto. Gli intellettuali erano così, tutti tronfi e bravi a fare discorsi, ma quando c'era da misurarsi col mondo reale la loro mediocrità saltava fuori con tanto di brache calate e un cappello in testa. Non avrebbe dovuto fidarsi di quell'omicciolo dalla lingua biforcuta. Se solo Timoteo non avesse giurato di fronte al pescatore... ma non c'era altra scelta ormai se non continuare a seguire il cartografo. Il volto di Isaia era contratto dall'irritazione mentre remava con vogate sempre più ampie e disperate nel tentativo di costringerlo ad accelerare. Le energie stavano iniziando a venirgli meno, ma non potevano trascorrere tutta la notte lì in barca.
«Mi viene da vomitare» mormorò Timoteo con voce dolente.
Isaia sospirò. Era la prima volta che il ragazzino si lamentava del mal di mare, anche se era piuttosto sicuro che ne avesse sempre sofferto finora.
«Le onde si stanno facendo più forti. Non possiamo fermarci?» continuò. Il persecutore sussultò a quelle parole. Era vero, il mare stava diventando più mosso di minuto in minuto. Non se n'era accorto, troppo intento a rimuginare sulla seccatura che il cartografo gli stava procurando, ma anche il vento si stava alzando. Isaia si voltò verso la barca di Jawed e batté col remo sul fianco della barca.
«L'ho sentito» rispose subito il cartografo «le onde sono più mosse. Ma è solo un po' di vento. Tra poco siamo arrivati»
Isaia batté di nuovo il remo, stavolta con più forza, e strinse i denti all'interno dell'elmo.
«Che vuoi che faccia? Siamo nel mezzo del nulla!» Jawed gridò con più forza «Guarda, laggiù c'è un'isola disabitata se vuoi fermarti per stanotte. Se non sbaglio è l'isola di San... fammi controllare, l'isola di San...»
L'uomo fece per aprire una delle sue mappe, ma una forte folata di vento gliela strappò dalle mani. La carta fluttuò nell'aria mentre Jawed si sbracciava inutilmente per recuperarla, poi svanì nell'oscurità.
«Maledizione!» Isaia lo sentì imprecare e sospirò, spazientito. Si voltò quindi verso la direzione verso la quale il cartografo aveva indicato e strabuzzò gli occhi. Effettivamente c'era un'enorme massa nera piuttosto vicina a loro di cui si intravedevano i profili degli alberi. Isaia non aveva mai visto quell'isola, ma la velocità con cui il mare stava diventando sempre più mosso non gli piaceva. Era di gran lunga la loro miglior opzione se volevano sopravvivere.
Il persecutore invertì la rotta, i muscoli sotto sforzo per la difficoltà di manovrare la barca con onde così alte, e si diresse deciso verso l'atollo sotto lo sguardo confuso di Jawed.
«Dove state andando?» gridò il cartografo, intimidito dall'improvvisa decisione di Isaia «Davvero, non manca molto! Arriveremo lì prima che finisca la notte, lo giuro!»
Il suo tono era infastidito, ma al persecutore non poteva importare di meno. Il respiro di Timoteo si stava facendo sempre più pesante e le onde sempre più mosse, perciò non c'era altra scelta. Dovevano fermarsi, rifocillarsi un po' e pregare con tutte le loro forze che la tempesta non ricominciasse. Il fisico del bambino non avrebbe retto ancora molto sotto la pioggia sferzante. Le nubi tornarono a borbottare minacciose e il persecutore alzò gli occhi preoccupati al cielo mentre remare diventava sempre più difficile.
«Aspettatemi!» strillò il cartografo «E va bene! Immagino che sia saggio fermarci lì per la notte! Solo perché la nostra attuale situazione può essere considerata un'emergenza!»
«Fa' in fretta, ti prego» mormorò Timoteo allontanandosi dal parapetto. Gli schizzi d'acqua salata stavano iniziando a formare piccole pozzanghere tra le assi di legno della barca.
«Solo considerando quest'imprevedibile situazione un'emergenza!» ripeté Jawed, agitando freneticamente il remo per raggiungere i due compagni.
Isaia strizzò gli occhi più e più volte. Gli facevano male per lo sforzo di osservare l'ambiente circostante nel buio più pesto, ma non gl'importava. Remò con più foga che mai, sempre più angosciato dalle folate di vento che sferzavano la corazza, e la sagoma dell'isola si fece sempre più grande. Man mano che si avvicinavano all'atollo, il persecutore poteva scorgere con più chiarezza i promontori di roccia, le piante palustri e le collinette fangose che avrebbero offerto loro riparo se la tempesta avesse deciso di riprendere più forte di prima. Non poteva lasciare che Timoteo crollasse, non a poche leghe di distanza dall'Isola delle Rose. Con un po' di fortuna, avrebbero potuto raggiungerla anche l'indomani se il tempo fosse migliorato. Forse dopo tutte quelle sventure il Signore avrebbe sorriso alla temperanza del bambino e gli avrebbe permesso la notte seguente di dormire tra le braccia della madre. Dovevano solo cercare la donna con la voglia sul collo, si ripeté Isaia. Con la voglia sul collo, continuava a pensare mentre remava verso il promontorio di roccia più alto dell'isola preparandosi già a ormeggiare la barca.
Isaia sgranò gli occhi ancora una volta nell'oscurità. Gli era sembrato di scorgere una debole luce baluginare dietro la nera sagoma del promontorio. Non era una lanterna, né un focolare, ma una specie di alone giallastro di grandi dimensioni. Che fosse la sua immaginazione? Non era la prima volta che il suo corpo, dopo un tale sforzo fisico, giocava brutti scherzi alla mente. Eppure anche Timoteo stava fissando nella stessa direzione con espressione perplessa.
«C'è qualcuno» mormorò il bambino.
Isaia scosse la testa e continuò imperturbabile a remare verso l'isola. I Cacciatori di Reliquie erano prevalentemente concentrati sulla costa e nelle isole vicine all'entroterra, mentre loro stavano navigando nella parte opposta. Era impossibile che una sola barca riuscisse a generare quella quantità di luce. Forse era un fenomeno inspiegabile come i fuochi di Sant'Elmo, un altro sintomo delle tinte mistiche di quella tempesta. Isaia cercò di ignorare quell'alone di luce, ma aveva l'impressione che questa si stesse spostando verso di loro. La luce cresceva e diveniva sempre più chiara, illuminando le cime dei pini marittimi dell'isola mentre la paura iniziava a serpeggiare nella barca.
«Guarda!» esclamò il bambino, puntando il dito verso gli scogli davanti al promontorio. Isaia sentì il fiato mancargli.
Una lunga fila di chiatte stava emergendo da dietro la sagoma dell'isola, tutte munite di decine di enormi lanternoni e faretti che insieme emettevano una luce quasi abbagliante. Isaia smise di remare, incredulo. Almeno dieci barche erano appena sbucate da dietro il promontorio, tutte presumibilmente cariche di Cacciatori di Reliquie. Anche Jawed si fermò e voltò il capo per osservare la processione con occhi pieni di sgomento. Isaia sentì la vista appannarsi e le forze venire meno mentre sempre più barche continuavano ad apparire illuminando il cielo di una luce diabolica e asfissiante. Non era possibile. Trovare dei cacciatori in quella zona a notte fonda; non era possibile. Il persecutore voleva pizzicarsi il braccio per controllare di non star sognando, ma i gemiti spaventati di Timoteo erano già abbastanza reali. Provò comunque a mordersi le labbra e il suo viso si contrasse in un'espressione disperata non appena la mente tornò lucida. La fila di chiatte era a meno di un decimo di miglio da loro, così vicine che Isaia riusciva a sentire il trambusto dei marinai che manovravano le imbarcazioni, ma forse non li avevano ancora visti.
«Chi sono quelli?» mormorò Timoteo, la voce incrinata dalla paura.
Isaia scosse la testa, ancora troppo incredulo di fronte a quella scena infernale, e ricominciò a remare il più silenziosamente possibile. Gli schiamazzi dei cacciatori si fecero sempre più forti man mano che la processione passava di fianco alle due barche e i fasci di luce delle lanterne saettarono minacciosi lungo tutta la distesa d'acqua sfiorando le sagome di Jawed e Isaia. Con il dovuto accorgimento e un bel po' di fortuna, forse il persecutore sarebbe riuscito a raggiungere il promontorio senza essere visto. Lì la barca sarebbe stata al sicuro, nascosta dietro le rocce nerastre che racchiudevano la baia interna. Ma doveva muoversi con estrema cautela. Mentre vogava con gesti ampi e lenti, Isaia sentì il proprio corpo tremare a causa dello sforzo fisico e dei brividi di terrore. Non aveva mai visto così tanti cacciatori tutti insieme. La sua mente era flagellata da troppi pensieri in una volta e ribolliva come lui non aveva mai sentito prima. Perché mai il Signore stava ostacolando quel viaggio in tutti i modi possibili? Tra le ingiurie che saettavano nel cervello del persecutore, anche l'immagine di Rebecca gli apparve chiarissima come una visione, spaventandolo ancora di più. Era tutta un'illusione, si ripeté lui, era solo stanco e demoralizzato, ma le sventure non cessavano mai. Mantenere il sangue freddo era troppo difficile anche per lui. I vapori della laguna gli irritavano gli occhi, il buio gli ottenebrava la ragione. E non sapeva nemmeno più se remando stesse muovendo la barca o se le onde sempre più alte li stessero spingendo altrove. L'unico punto fisso era l'intensa luce di tutte quelle lanterne che sfilavano inesorabili accanto a loro invitandoli a lasciarsi andare, e Isaia voltò il capo verso la processione. Un'enorme chiatta, più larga di un veliero, concludeva l'interminabile fila di barche come l'ape regina dietro lo sciame di operaie. Isaia aggrottò la fronte. Gli ricordava l'Arca di Noè, era davvero gigantesca.
Timoteo lanciò un grido assordante quando uno dei fasci di luce si posò proprio sulla loro barca, abbagliandoli. Isaia lasciò andare il remo e si schermò gli occhi, maledicendo la sorte per la sfortuna che aveva piagato il viaggio fin dall'inizio, poi digrignò i denti e strinse l'impugnatura della spada con mani tremanti. Era la fine, li avevano visti. Delle forti urla si levarono dalla fila di barche mentre sempre più faretti venivano puntati sulla barca sballottata dalle onde. Timoteo si voltò di scatto e si gettò a carponi sul legno, gli occhi serrati e la bocca spalancata a emettere gemiti di paura. Anche la barca di Jawed, ancora intento a lottare contro la corrente, fu presto inondata di fasci di luce. Il trambusto dei cacciatori aumentò di volume, con mille voci che si sovrapponevano in una cantilena di morte, e Isaia si sentì più confuso che mai. La luce, le urla, i lamenti di Timoteo... tutto si fuse in una spirale allucinata che gli gelò ogni pensiero mentre il tempo rallentava fino a perdere consistenza. E poi, improvvisamente, tutte le voci tacquero e una sola le sovrastò tutte. Una singola parola riscosse il persecutore dalla fredda rassegnazione di essere giunto alla fine.
«Isaia! Fratello mio!»

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Venezia Penitente
General FictionNon c'è umiltà senza superbia. Non c'è generosità senza avarizia. Non c'è martirio senza persecuzione La seconda venuta del Messia è finalmente giunta. Cristo è sceso in terra per una seconda volta, compiendo miracoli per preparare le genti del mond...