XVI.

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Rumore e silenzio rappresentavano una particolare dicotomia nella vita di Eddie.
Aveva sempre detestato il frastuono. Tutto gli veniva più facile se rimaneva solo in una stanza, poteva concentrarsi sui propri pensieri, contare i respiri - c'erano stati anni in cui aveva creduto di soffrire d'asma, e anche se non ricordava come d'un tratto i suoi polmoni avessero ripreso a funzionare regolarmente, ricordava invece quanto tremenda fosse la sensazione di costrizione al petto, e la necessità che tutto il mondo tacesse mentre cercava di respirare.
Il rumore era sintomo di folle, spazi claustrofobici inondati di gente, la tv accesa di fronte alla quale sua madre si inchiodava per ore. Tutte cose da cui Eddie avrebbe solo voluto fuggire.
Ma il baccano aveva iniziato ad essergli amico da quando il silenzio si era insinuato nella sua testa.
I suoi primi quattordici anni erano ormai muti, privi delle voci, delle risate, di quel che persone forse care gli avevano detto. Il suo cervello era divenuto un rubinetto che perdeva; le gocce si infrangevano sul fondo vuoto producendo sempre lo stesso suono: quello del non ricordo.
Eddie rischiava di diventare pazzo nel suo stesso corpo - per questo aveva iniziato a partecipare alle feste. A infilarsi volontariamente nella fiumana, tra corpi sudati e musica rimbombante. Per questo Norman era stato così importante per lui, con il suo disordine, il suo costante desiderio di trascinarlo ad eventi, partite, falò sulla spiaggia.
Il trambusto era divenuto uno scudo, una dolorosa distrazione da pensieri ancor più dolorosi. Ma il vociferare che si era creato attorno a Norman non era più preferibile al silenzio. Eddie aveva bisogno di sapere, di estrarre la limpida verità da quelle dicerie accalcate. E solo Norman poteva dirgli quale fosse.
Dopo essere sceso dall'auto, aveva cercato di accantonare l'immagine delle labbra di Richie così vicine alle sue, e si era concentrato solo sulle domande che avrebbe fatto a Norman. Ma tornato in camera, non trovò altro che il buio, e il silenzio.
Il compagno dormiva, seppellito dalle coperte. Eddie non ebbe il cuore di svegliarlo - quanto doveva aver faticato a trovare riposo dopo una nottata del genere? Si sentiva in colpa? Aveva ripensato alle parole di Liz, aveva rivisto il suo ghigno crudele dietro le palpebre chiuse?
Il ragazzino sollevò appena la tapparella della finestra, poi si accomodò sul letto di fronte a Norman, e percorse con gli occhi i contorni del suo volto alla luce che filtrava.
Il rumore sarebbe stato rimandato ancora.

Richie non credeva di scadere in scontati sentimentalismi nell'affermare che i Perdenti erano la sua famiglia.
Quando quella creatura aliena e famelica aveva proposto di prendere solo Bill, e lasciar andare gli altri, nessuno di loro aveva esitato un istante a proteggerlo. A rischiare la vita che avrebbero potuto avere salva.
Richie era certo che in qualsiasi circostanza, dalla più drammatica alla più felice, avrebbe trovato i Perdenti a spalleggiarlo - era quella la promessa che si erano impegnati a mantenere. Non si trattava di distruggere It, o di salvare il mondo. Le aspirazioni di nessuno di loro erano così alte, soprattutto ora che l'età aveva dissipato i fumi di onnipotenza dell'infanzia. Erano stati convinti della loro invincibilità, come si può credere nella magia o nell'esistenza di Babbo Natale, ma la crescita aveva portato amarissime consapevolezze: Richie era certo che in un secondo scontro qualcuno ci avrebbe lasciato la pelle. Quel pagliaccio dai denti aguzzi sarebbe tornato più furioso e determinato di prima, conosceva le loro debolezze, sapeva come sfruttarle a proprio favore.
L'unica cosa invincibile, che mai It avrebbe potuto portare via, a dispetto della morte, era l'amicizia che li univa.
Non c'era stato altro cui Richie potesse aggrapparsi in quegli anni di terrore - la vicinanza reciproca, l'esperienza condivisa.
Con il tempo aveva potuto iniziare a preoccuparsi di problemi più umani, da comune mortale. La paura che gli faceva tremare il cuore aveva lasciato lo spazio ai sentimenti che provava per Eddie. Anche quando il ragazzino se n'era andato, i Perdenti lo avevano aiutato a riprendersi.
Gli avevano regalato una chitarra, e Ben gli aveva suggerito di chiamarla Daisy Jane, come una canzone uscita nell'anno in cui tutti loro erano nati. Forse i Perdenti non erano giunti ad immaginare, nel momento in cui Daisy Jane era stata messa nelle mani di Richie, quale impatto quel dono avrebbe avuto su di lui.
L'aveva utilizzato per metabolizzare il dolore: i suoi quaderni straripavano di canzoni che aveva scritto per Eddie, in ognuna un'emozione diversa, tutte le sfaccettature dell'amore che quel ragazzino gli aveva fatto provare, dall'estasi alla disperazione.
Eddie non le avrebbe mai ascoltate, ma Richie non si era risparmiato dal cantarle di fronte a Beverly a volte, con gli occhi brucianti di lacrime che si rifiutava di lasciar cadere.
Il suo cuore era colmo d'amore per quel ragazzino, e per quella specie di famiglia trovata che erano i Perdenti. Poterli avere accanto a sé, dopo tutto questo tempo, qualsiasi fossero le circostanze, gli dava ancora uno scopo per aprire gli occhi ogni giorno e spingersi giù dal letto.
Tuttavia, la riunione che Bill aveva organizzato di punto in bianco nel cuore degli Stati Uniti non prometteva nulla di buono.
Richie si era avviato un'ora dopo aver riaccompagnato Eddie al dormitorio, alle quattro del mattino; per raggiungere il Kansas erano necessarie circa venti ore di viaggio e, quando arrivò, era mezzanotte.
Scese dall'auto lanciandosi attorno occhiate circospette, la torcia accesa ad illuminare l'asfalto.
Si trovava su una larga strada di periferia, costeggiata da macchie e macchie di erba bruna. In lontananza, canyon frastagliati tagliavano il paesaggio a metà con le vette livellate dalle precise mani delle piogge.
Faceva freddo. Le stelle emanavano picchi di luce ad ogni folata di vento, quasi tremassero anche loro.
Richie si fece piccolo di brividi e terrore nella giacca di jeans. A volte la vista del cielo notturno, con i puntini gialli baluginanti nel nero, gli riportava alla mente quella bocca spalancata, e Beverly sollevata ad un palmo da terra che fissava tra le sue fauci...
Ci fu uno stridio di pneumatici sulla breccia, e Richie si voltò per incontrare la luce abbagliante dei fanali di un'auto che proseguiva nella sua direzione, seguita da altre tre vetture.
Ne scesero a poco a poco i Perdenti, anche loro ingolfati nelle felpe e con in mano torce per non slogarsi le caviglie sulla strada dissestata.
-Bel posto di merda, Bill.- Esordì Richie, puntando la lampada a pile sulla faccia di Tartaglia. Bill sollevò un braccio per schermarsi, gli occhi blu strizzati sotto le palpebre.-Metti via quell'affare.-
-Non esiste. E se un coyote sbucasse dal nulla per mangiarmi?-
-Quella è la mia battuta.- Intervenne Stanley.
Richie si strinse nelle spalle.-Devi avermi contagiato con la tua paranoia.-
-Avvertimi, quando sarò riuscito a mischiarti un po' di cervello.-
-I coyote non attaccano quasi mai gli esseri umani.- Era Ben, che si stava avvicinando con un braccio attorno alla vita di Beverly. La ragazza gli si strinse contro ancor di più all'ennesima raffica di vento. Si sollevò una nuvola di polvere che danzò alla luce delle torce. Stan starnutì e Mike imprecò cercando di togliere un bruscolo dall'occhio.
Bill spalancò le braccia.-Ho voluto essere equo.- Ribatté, di fronte alle espressioni assonnate e seccate dei Perdenti.-Abbiamo percorso tutti la stessa distanza per arrivare fin qui.-
Non si poteva dire di no. Bill e Stan frequentavano lo stesso college in Nevada, Beverly e Ben si erano spostati in Pennsylvania per gli studi e Mike era rimasto a Derry, nel Maine, ad occuparsi dell'allevamento di agnelli e a tenere sotto controllo la situazione.
Richie auspicava che invenzioni future avrebbero reso possibile a sei persone di rimanere contemporaneamente in contatto senza che dovessero attraversare mezzo continente per incontrarsi, ma per il momento erano necessarie grandi dosi di pazienza e benzina.
Stan pareva averle esaurite entrambe.-Portaci al motel. Ho sonno, fame, e ancora nessuna idea del perché siamo qui.-
Richie si morse una guancia. Non era certo di volerlo scoprire.
Tartaglia estrasse un borsone dal portabagagli e si avviò su una stradina secondaria, troppo stretta perché si potesse percorrerla in auto, seguito immediatamente dagli altri.
Mormorarono nell'ombra; Stan sussultava di tanto in tanto credendo di percepire qualche minaccioso spostamento d'aria e gli altri lo schernivano. Beverly gli toccò un paio di volte la spalla, ritraendo immediatamente la mano, convincendolo ci fosse una tarantola sulla sua giacca. La risata di Mike rovinò ben presto lo scherzo.
Richie udì distintamente lo strepito infastidito di Stanley, ma non riuscí a godere dell'ilarità degli amici.
Non era cambiato nulla. Aveva ritrovato Eddie, ma il ragazzino non era lì con loro in quel momento, ancora una volta Richie non poteva voltarsi a condividere una risata con lui. Sarebbe stato sempre cosí, per i successivi ventidue anni? Avrebbero dovuto rischiare di morire, e forse lasciarci le penne davvero, per poter ricordare di quando si erano amati e promessi di non dimenticare mai?
Anche durante le tediose e lunghe ore di viaggio verso le lande desolate del Kansas, nonostante la preoccupazione per quel che Bill avrebbe avuto da dirgli, non aveva pensato ad altro che a lui. Al profilo rosso e morbido delle sue labbra ad un passo dalle proprie. Alle sue mani sulla schiena, gelide di brezza marina.
Era sempre stato cosí. Il volto di Eddie trovava un modo per infilarsi tra i piú oscuri dei turbamenti.
Il motel si presentò di fronte a loro come un complesso di costruzioni intonacate di bianco; la facciata principale era illuminata da lanternine appese al portico.
I Perdenti spensero le torce e si infilarono all'interno, le mani strette attorno alle cinghie degli zaini e delle borse a tracolla.
Sarebbe stata una permanenza di una notte, a mezzogiorno di lunedì era programmata la partenza per tornare alle incombenze mondane: il college, gli esami, le confraternite, la convivenza con studenti che non avevano idea delle malefiche macchinazioni dell'universo.
Richie avrebbe dato qualsiasi cosa per quell'incoscienza.
Il cuore gli si strinse.
Forse non qualsiasi.
Forse l'esistenza di Eddie era il premio per la consapevolezza. E se tanto orrore si accompagnava ad una consolazione incommensurabile, forse ne valeva la pena. Forse Richie poteva accettarlo.
Si incontrarono tutti in camera di Mike dopo aver lasciato i bagagli nelle proprie; il giovane li aspettava seduti sul letto, con la lampada giallognola del comodino accesa.
Richie avrebbe preferito un'atmosfera meno cupa. Sedette su un largo cassettone di legno, accanto alla tv, e stette in silenzio ad osservare gli altri Perdenti prendere posto sul letto, il pavimento, la poltrona.
Non li vedeva da sei mesi, e adesso che c'era illuminazione sufficiente per poterli guardare in faccia, gli sembrava che fossero già tutti cambiati. I riccioli dorati di Stan si erano allungati, Ben era dimagrito ancora, Beverly si era fatta più bella, Bill aveva preso altri due centimetri, Mike stava lasciando crescere la barba. E negli occhi di tutti vibrava una sorta di spaventata incertezza. Richie non osò incontrare il proprio riflesso nello specchio appeso sopra la testiera del letto.
-Ci sono novità.- Buttò fuori Tartaglia, e la sua voce fu come un violento colpo di piccone sulla roccia dura del silenzio.
Richie aveva l'impressione che di lì a poco sarebbe caduta una frana.
-Che tipo di novità?- Domandò.
Mike incrociò una gamba sul bordo del letto.-Temo che a Derry sia ricominciato il ciclo di morti.-
Stan emise un grugnito, a metà tra una risata incerta e un gemito.-Le persone muoiono ogni giorno.-
-Ma non così.- Mike sollevò dal pavimento la tracolla ed estrasse un fascicolo. Lo aprì sul materasso, e i Perdenti si avvicinarono per osservare le fotografie e le carte sparpagliate all'interno.
Stanley distolse quasi immediatamente lo sguardo.
-Ossignore.- Mormorò, strofinando piano sulle palpebre, come se le dita fossero state gomme per cancellare.
Beverly prese una foto tra le mani, bisbigliando qualcosa a Bill e Ben. Richie sedette sul letto di fronte a Mike, gli occhi sgranati, incapace di scollarli da quelle immagini.
Il sangue si allargò a macchia d'olio di fronte a lui, tra lembi di pelle e frammenti di ossa.
-É stato lui?- Allungò le dita verso il volto sfigurato di un giovane di colore. Sembrava avesse l'età di Mike.
-Non lo sappiamo.- Rispose Bill, con un sospiro.-A guardarle, non sembrano morti causate da una creatura ultraterrena.- Prese anche lui una foto, e la girò verso gli altri, perché potessero osservarla.-Questa donna, ad esempio, è stata uccisa con un'arma da fuoco.-
Richie soffermò per un istante lo sguardo sul buco sanguinolento al centro del ventre.-It era in grado di mutare forma.- Replicò, la voce che proveniva dai recessi della mente e dei ricordi piuttosto che dalla sua gola, monocorde, diaccia.-Potrebbe aver assunto sembianze umane per poi freddarla con armi altrettanto umane.-
-E perdere l'occasione per divorarla, almeno in parte?- Ribatté Beverly.-Ne dubito.-
Stanley si alzò dal letto, bianco come un canovaccio, e si spostò in silenzio verso la finestra.
I Perdenti lanciarono un'occhiata preoccupata alle sue mani strette convulsamente attorno al bordo del davanzale.
-É per questo che ci avete chiamati qui?- Sibilò il ragazzo.-Per terrorizzarci a morte, senza avere uno straccio di prova?-
-É un mistero che dobbiamo risolvere insieme, Stan.- Fece Tartaglia, mettendo giù la fotografia.-Avresti preferito rimanere all'oscuro di ogni cosa?-
-Tu che ne dici?-
Ben interruppe lo scambio:-Come ve le siete procurate?-
-Qualcuno le ha messe in rete.- Rispose Mike.-Su un sito di occultismo... pare che Derry sia stata individuata come una città ad alto tasso di casi irrisolti e faccende spiritiche.-
-La polizia sta indagando su questi omicidi, però.- Fece notare Beverly, indicando i nastri gialli posti attorno alle scene del crimine all'interno delle foto.
-Il che escluderebbe il coinvolgimento di It.- Richie incrociò le braccia al petto, annuendo tra sé.-Se ci fosse stato lui dietro le morti, la polizia non avrebbe neppure tentato di ritrovare i cadaveri. Sarebbe caduto tutto nel dimenticatoio.-
-É proprio questo a preoccuparci.- Bill rivolse a Mike uno sguardo eloquente, e tutti i Perdenti si voltarono nella loro direzione, persino Stan.-E se It stesse permettendo alla polizia di fare ricerche, per distoglierci dall'idea della sua responsabilità e operare indisturbato?-
-Pensateci.- Aggiunse Mike, di fronte alle espressioni sbigottite degli altri.-Sa che cercheremmo di fermarlo, se ci fossero abbastanza indizi sulla sua colpevolezza. Ingannarci, lasciarci credere che lui non c'entra, che dietro ad ogni cosa c'è la mano umana, dalle armi utilizzate alle indagini della polizia... tornerebbe tutto a suo favore. É abbastanza intelligente per farlo.-
-E noi siamo abbastanza intelligenti per capirlo.- Ribatté aspramente Stanley.-A che pro inscenare questa mascherata inutile?-
La risposta di Ben fu un tremante sussurro:-Per guadagnare tempo.-
-E diventare più forte.- Completò Beverly, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.
Bill chinò il capo, serrando le palpebre.-C'è dell'altro.- Disse, con una sorta di mortificazione, e anche sul volto di Mike comparve una parvenza di stupore.-I-io... io sento delle voci. Nella mia testa.-
Richie aggrottò la fronte.-Adesso?-
-Cosa cazzo significa che senti delle voci?- Sbottò Stan, riavvicinandosi con le mani sui fianchi e gli occhi chiari ridotti a due fessure.
-No, non adesso.- Bill fece un passo indietro e si appoggiò alle ante dell'armadio.-Ma capita a volte, durante i più disparati momenti della giornata, che un suono martellante mi annebbi i pensieri... all'inizio sembravano solo rumori, come le interferenze di una radio, ma è da un po' che si sono fatti più distinti, al punto da poter riconoscere le parole.-
Nessuno fiatò. Quel che Bill aveva detto non era nulla di incredibile, purtroppo - non dopo ciò cui tutti loro avevano già assistito. I Perdenti sarebbero stati convinti dell'esistenza dei vampiri, se qualcuno avesse raccontato loro di averli visti.
Nel silenzio, si sentì distintamente Beverly deglutire a fatica. La ragazza mormorò:-E cosa dicono?-
Tartaglia non esitò:-"L'ho uccisa io".-
Stan sollevò le sopracciglia.-Tutto qui?-
-Sì.-
-Beh, non è di grande aiuto.-
-Riesci a capire di quante voci si tratta?- Chiese Mike.-O di chi siano?-
-Sembrano due, sovrapposte. Femminili.-
Richie infilò le mani tra i capelli, massaggiando le tempie e lo scalpo, tentando di comprendere, creare un collegamento.-Quante donne sono state uccise, dall'episodio di due anni fa?-
Mike rovistò tra le foto, e gliene indicò alcune.-Questa bambina, il mese scorso. Un'infermiera, diversi mesi fa. E una casalinga l'anno scorso.-
-Non significa nulla.- Insistette Stan.-Non vuol dire che le voci che Bill sente appartengano alle assassine di una di queste donne... forse stai solo impazzendo, Tartaglia, a furia di parlare di morti. Cos'è tutta questa voglia di tornare nelle fogne?-
-Nessuno ha voglia tornare laggiù, Stanley.- Ribatté ferocemente Beverly.-Siamo terrorizzati, almeno quanto te, ma abbiamo fatto una promessa...-
-Avevamo tredici anni!- Strepitò il ragazzo.-Eravamo solo sette stupidi ragazzini riuniti in cerchio, con l'assurda convinzione di poter salvare il mondo... quella cosa ci divorerà tutti! E io non intendo rimanere ancora qui, a sentirvi progettare un suicidio.- Stan attraversò la stanza a larghe falcate, i pugni stretti lungo i fianchi e le guance rosse di furia. Nessuno lo fermò, quando si sbatté le porta alle spalle.
Bill distolse lo sguardo dall'uscio, lo puntò sulla moquette caffellatte ai suoi piedi.-Mi dispiace.- Bisbigliò, rintanandosi contro l'armadio.
Ben scosse lentamente il capo.-Siamo responsabili della nostra scelta.-
Lo erano?
Richie abbassò gli occhi sulle foto sparse sul materasso, su quelle immagini di orrore e morte, e lo stomaco gli si rovesciò nell'addome.
L'amicizia che lo legava agli altri, il senso di perdita che avevano tutti sul cuore dal giorno in cui Georgie era scomparso, lo tratteneva dal pentirsi di quella scelta. Ma Stan aveva ragione. Non erano altro che bambini. E le consapevolezze dell'età portano a rimangiare metà delle cose affermate e promesse durante l'infanzia. Qual era la decisione da prendere? Per cosa era giusto morire?
-Questa novità delle voci,- Riprese Mike, con più incertezza.-è un altro enigma, purtroppo. Forse è stato It ad essersi insinuato nella tua mente, ma perché avrebbe dovuto? Confermerebbe solo il suo ritorno, e fino ad ora abbiamo supposto non voglia farcelo sapere.-
Beverly emise un lungo respiro scoraggiato.-Forse stiamo sbagliando tutto.-
-Allora cosa facciamo?- Domandò Richie, serrando le mani sulle caviglie intrecciate sul letto.
I Perdenti spostarono lo sguardo su Bill, come fosse stato una cavia da tenere sotto osservazione. Tartaglia parve comprendere la natura della loro apprensione.
Rispose:-Aspettiamo.-

Hiatus ~ ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora