XVII.

171 6 5
                                    

Richie non riuscì a chiudere occhio.
La conversazione avuta con i Perdenti gli aveva lasciato una sensazione di disagio sul fondo delle ossa; dovette muoversi con cautela sul materasso, rotolando da un lato all'altro in cerca di pace, perché gli pareva ci fossero chiodi sotto la sua schiena, o le punte aguzze dei denti di quella bestia.
Poteva sentirla sghignazzare nell'oscurità, tra le ombre immobili del tavolo, dell'armadio, del cassettone. Rideva di loro, del panico in cui li aveva gettati.
"Fragili, sciocchi umani", bisbigliava nel suo orecchio, e Richie dovette ricordare di come l'avesse colpita con la mazza da baseball, dritto sulla sua testa del colore dei gusci d'uovo, creando sottili crepe.
Aveva bisogno di sentirsi forte, di rivederla strisciare nel buio e polveroso pozzo nelle fondamenta della casa a Neibolt Street, sconfitta, atterrita.
Ma era difficile quando l'ignoto incombeva su di lui, sui Perdenti, infilando nelle loro bocche il sapore ferroso del terrore.
Non era nuovo a immagini cruente: i suoi occhi di quattordicenne si erano soffermati sulle volute di cadaveri che galleggiavano nella tana di It, sui loro volti emaciati, sugli arti sbrindellati. Eppure le foto di quella sera stavano lì, posate sul suo stomaco, le carni sanguinolente aggrovigliate a formare un macigno.
Gli era impossibile digerire l'idea che fosse morta altra gente per mano di quel mostro. Ma allora perché erano stati ritrovati i cadaveri?
It trascinava tutte le sue prede giù nelle fogne, come un putrescente bottino. C'era davvero la crudeltà umana dietro quegli omicidi? Le voci echeggianti nella testa di Bill parevano suggerirlo, non aveva detto che si trattava di due donne? Ma di nuovo, se non ci fosse stato nulla di soprannaturale in tutta la faccenda, perché Bill avrebbe dovuto sentire delle voci?
Richie scostò con rabbia le coperte, spedendole alla fine del materasso, e sedette sfregandosi le palpebre.
Era assonnato, gli occhi bruciavano dopo essere stati puntati per ore sulla strada, e tutto quel pensare gli aveva causato un gran mal di testa. Non aveva idea di che ore fossero; il display del cellulare sosteneva le sei di lunedì mattina. Aveva davvero trascorso cinque ore ad arrovellarsi? E non era venuto a capo di nulla.
Si alzò con una smorfia di frustrazione.
A tentoni, nell'oscurità, prese il pacco di sigarette e l'accendino dalla tasca della giacca che aveva appoggiato sulla sedia, poi spalancò la porta della stanza.
Uscì sul ballatoio del motel, affacciandosi mollemente alla balaustra. Dava sul parcheggio, a destra e sinistra la visuale era bloccata dal plesso, con gli edifici che formavano una C di stucco bianco attraversata da scalette in metallo e ringhiere turchesi, ma di fronte il cielo era aperto, pallido nella luce dell'alba. Il sole era una palla di neve sull'orizzonte.
La prima boccata di fumo lo coprì del tutto.
Richie stette così per un po', con i gomiti puntellati sulla sbarra verniciata di fresco, a fissare il sole che poco a poco risaliva la china celeste, tingendosi di arancione, quasi stesse prendendo fuoco.
Poi un rumore lo fece sobbalzare.
Alla sua destra Stanley si era chiuso la porta della camera alle spalle, facendo oscillare la targhetta numerica fissata sul legno, e stava correndo per la ripida scaletta, borsone alla mano.
Richie spense la sigaretta.
-Stan!- Chiamò, inseguendolo.
L'amico non si fermò, anzi, accelerò il passo, irrigidendo le spalle.
Richie sbuffò tra sé. Credeva di poterlo seminare? Prese a scendere le scale a due a due, sfruttando le lunghe gambe, e nel giro di pochi istanti aveva una mano attorno alla cinghia del borsone di Stanley.
Proseguirono affiancati per un po', Stan nero in volto per essere stato intercettato.
-E mollami!- Sbottò, sottraendosi alla sua presa con uno strattone. Aprì lo sportello della propria auto e gettò il borsone all'interno, sul sedile del passeggero.
-Dove stai andando?-
-Dove pensi che vada, zuccone? Torno in Nevada.-
-Non vuoi fare colazione con gli altri?-
Stan si voltò a guardarlo, una mano serrata attorno al bordo dello sportello ancora aperto.
-Ti sembro uno che ha voglia di fare colazione, Richie?-
L'altro dovette dargli ragione, almeno in coscienza. Dubitava che chiunque dei Perdenti si sarebbe svegliato - ammesso che avesse dormito - con il languorino e la voglia di sedersi attorno al tavolo a scherzare farcendo le crêpes con la crema al cioccolato.
Stan fece per infilarsi in auto, e Richie lo trattenne ancora, afferrandogli un braccio.
-Aspetta.-
-Cosa?-
-Stan, hanno ragione.-
Il giovane richiuse con un tonfo lo sportello della macchina, piantando i piedi sull'asfalto.-Di dire cosa? Che è morta della gente? Condoglianze alle famiglie.-
-Negare l'evidenza non ti proteggerà.-
-E tornare lì sotto a farmi divorare, invece?- Ribatté l'altro, la voce pregna di amarezza e stizza.-Non sta accadendo niente, è tutto nelle vostre testacce bacate! Non posso credere che abbiamo trascorso cinque anni... cinque, Richie! A cercare di dimenticare, di andare avanti con le nostre vite, di percorrere la strada di ritorno a casa senza guardarci le spalle e sussultare ad ogni fruscio, per finire di nuovo a convincerci che ci sia qualcosa da combattere. Siete tutti dei folli, con quelle foto da analizzare al microscopio e Bill, con le sue voci...-
-Io gli credo.- Richie tentò di ignorare quel che Stanley aveva appena sputato fuori, perché se si fosse ritrovato a pensare agli ultimi anni della sua vita, si sarebbe reso conto che non aveva vissuto davvero, che nulla gli apparteneva. Era tutto nelle grinfie di quella belva, persino Eddie...-E credo alle informazioni di Mike. Non ci avrebbero mai trascinati qui, se non fossero stati certi di quel che avevano da dirci.-
-E quali certezze ti hanno dato? Illuminami. Sai se It è tornato? Sai chi ha commesso gli omicidi, perché quelle persone siano state uccise?-
-It... è tornato, Stan.- E l'ammissione gli fece tremare le gambe. Ma non c'erano altre spiegazioni plausibili a quel che stava accadendo.-Tutti quei morti...-
-La gente è matta, a Derry.- Stan fece un gesto vago, liquidando i suoi timori.-Non mi sorprende che qualcuno abbia toccato il picco dell'esasperazione a furia di respirare l'aria stantia di quel buco e abbia deciso di prendere in mano un'accetta.-
Richie scosse il capo. Non credeva sarebbe stato disposto ad insistere su un argomento del genere, a che pro avere ragione? Significava solo che presto sarebbe finito qualche metro sottoterra. Eppure non poté trattenersi dal ribattere:-I serial killer seguono un modus operandi, e hai visto anche tu quelle foto. Vittime diverse, armi diverse, situazioni diverse. Non c'è solo una persona dietro quelle morti, e non è possibile che a Derry siano diventati tutti assassini, all'improvviso. A meno che It...-
-Tu ci tieni proprio a farti del male, vero, Richie?- Gli occhi di Stan si erano ridotti a due fessure di gelido azzurro.-Non vuoi vivere? Non vuoi che Eddie viva?-
Richie mosse un passo indietro, e il cuore diede un colpo più forte degli altri, contro la gabbia toracica.-Cosa c'entra Eddie?-
-Ho saputo che vi siete rincontrati. Devi esserne stato felice. Non ti piacerebbe poter riprendere da dove avevate lasciato? Farlo innamorare ancora di te? Reggeresti l'idea di perderlo di nuovo?- Stan incrociò le braccia al petto. Lo stava sfidando a contraddirlo.-Tra qualche ora tornerai da lui... e cosa gli dirai? Che sei stato in Kansas a fare una scampagnata? Oppure gli dirai la verità? Perché toccherà a te farlo, lo sai. Sarai tu il povero stronzo che dovrà rivelargli daccapo ogni cosa, che sorbirà le sue urla di terrore e i pianti isterici...-
Richie serrò la mandibola, e sentì le ossa tremare sotto i denti.-Smettila.-
-Ho conosciuto una ragazza.- Stan posò la mano sulla maniglia dell'auto. Abbassò gli occhi chiari sull'asfalto, adesso privi di ira.-Si chiama Patty. Ama la musica country ed ha il più bel sorriso che io abbia mai visto. Penso che tu possa comprendere di cosa sto parlando. Non intendo permettere a nessuno di portarmi via tutto questo, la vita che sto tentando di riprendermi. Nemmeno ai miei amici più cari.- Aprì lo sportello della macchina, e stavolta Richie lasciò che si infilasse nell'abitacolo senza fermarlo.-Non cercatemi più.-
Stan girò la chiave, e il veicolo si accese con un rombo sordo nel silenzio del parcheggio. Si guardò alle spalle per fare retromarcia e partì, lasciandosi dietro una nuvola di fumo grigio.
Richie accese un'altra sigaretta.

Hiatus ~ ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora