VIII.

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Eddie rientrò in camera dopo la breve chiacchierata con Richie, un po' confuso. Era sempre così, quando entrava in contatto con quel ragazzo: gli faceva domande, gli diceva cose che gli capovolgevano il cervello, lo stomaco, il cuore.
Perché sua madre aveva deciso di andare via da Derry? Che cos'aveva di così terribile quella città?
Sedette sul letto, nella più totale oscurità. Norman dormiva ancora e le tapparelle non erano state alzate.
Lo ricordava come un luogo raccolto e tranquillo. Ma, di nuovo, che affidamento poteva mai fare sui propri ricordi? La sua mente era una mela marcia, difficile distinguere le parti annerite da quelle ancora intatte.
Forse sarebbe stato il caso di chiamare sua madre e porle quella stessa domanda - porle tante altre domande, perché lei avrebbe saputo rispondere, no? Lei doveva sapere quel che era accaduto.
L'idea lo spaventava per tanti motivi.
Primo tra tutti, temeva di non essere pronto a conoscere la verità. E se i suoi incubi fossero stati reali? Se Sonia gli avesse confermato l'origine delle sue paure più oscure?
Poi, se sua madre avesse saputo dei suoi vuoti di memoria, l'avrebbe prelevato personalmente dal college per farlo sottoporre ad esami di qualsiasi natura.
Era una donna piena di timori, esattamente come lui, e sin dall'infanzia aveva monitorato la sua salute in maniera quasi morbosa - andare via di casa era stata una liberazione, per Eddie. Non voleva ripiombare in quel ciclo di farmaci e visite mediche, anche se stavolta doveva ammettere fossero necessarie.
Infine, quella sarebbe stata la prima volta che parlava apertamente dei suoi disturbi con qualcuno. Certo, Norman - e l'intera università, suo malgrado - sapeva degli incubi. Ma Eddie non gli aveva mai raccontato cosa sognasse esattamente, che cosa vedesse in quelle nubi allucinate, non gli aveva mai detto dei suoi vuoti di memoria. Eccezion fatta per le urla, che non poteva evitare, nessuno al mondo era a conoscenza dei tormenti che poteva scegliere di non esprimere. Sia perché temeva di risultare completamente pazzo ed essere rinchiuso, sia perché era sicuro di non poter essere compreso. Norman si sarebbe sforzato - tale era la sua determinazione, anche nell'insistere e nel fare domande cui Eddie non aveva mai risposto - ma il ragazzino non voleva caricarlo di quel peso.
Purtroppo, più gli anni passavano, più in lui si faceva impellente il desiderio di sapere - non era più solo un capriccio, ne andava della sua stessa salute.
Forse avrebbe dovuto davvero trovare il coraggio di fare delle domande a sua madre.
Sospirò, alzandosi e avanzando verso l'armadio. Quella mattina faceva piuttosto freddo, per cui aprì il tiretto delle felpe pesanti. Ne prese una tra quelle di Norman, erano molto più grandi e calde delle sue.
Mentre richiudeva il cassetto, notò un piccolo scintillio provenire dal fondo.
Si morse una guancia. Aveva ripetuto più volte a Norman di nascondere meglio quell'oggetto - sembrava piuttosto prezioso, ed era facile notarlo alla luce del giorno. Chiunque, entrando in camera, avrebbe potuto trovarlo con facilità, anche se si assicuravano entrambi di chiudere bene a chiave prima di uscire e andando a dormire.
Non poteva spostarlo senza dirlo al compagno di stanza - gli apparteneva, dopotutto - ma lo infilò più accuratamente tra un paio di maglioni prima di andarsene.

A Norman piaceva crogiolarsi nel letto fino all'ultimo minuto, come i gatti stesi al sole, e per questo Eddie non si stupì di vederlo arrivare solo pochi istanti prima dell'inizio della lezione di chimica organica, con in mano un sacchetto unto che probabilmente conteneva la brioche che non aveva fatto in tempo a mangiare.
Sollevò un braccio per segnalargli la sua posizione e il posto vuoto che gli aveva riservato accanto a lui, come sempre.
Norman salì in fretta gli scalini e il suo primo pensiero, una volta seduto, fu quello di mettersi a mangiare.
Di nuovo, Eddie non ne fu sorpreso: se non ingurgitava una tonnellata di dolci entro le otto non riusciva a carburare.
Però gli tremò un po' il cuore, perché quella era la prima volta che si guardavano in volto da quando, la notte prima, si erano baciati. E Norman si stava comportando come al solito.
Per Eddie era normale tenersi dentro le emozioni e far finta di nulla dopo un episodio del genere, ma Norman - così sensibile, vivido - perché non diceva una parola?
-Nor...- Mormorò, intenzionato ad intavolare l'argomento. Ma quando l'altro sollevò gli occhi verdi su di lui non riuscì a proseguire.-hai ancora tu quella penna blu...- Azzardò, frugando distrattamente nell'astuccio.-quella che ti ho prestato la settimana scorsa...-
-Oh, sì.-
Norman richiuse il sacchetto e, prima di restituire a Eddie la penna, si disinfettò con cura le mani. Perché sapeva quanto gli desse fastidio che i suoi oggetti fossero toccati con dita appiccicose.
Lo sguardo di Eddie si addolcì terribilmente, e avrebbe voluto poterlo evitare, perché se Norman l'avesse visto, adesso, vi avrebbe letto i sentimenti più sbagliati. Un amore che non provava.
Le loro dita si sfiorarono attorno alla penna, e Norman indugiò nel contatto, quasi stringendo la mano ossuta di Eddie nel suo palmo calloso.
Ma un fischio alle loro spalle li fece trasalire.
-Buondì, Eddie Kaspbrak.- Proruppe una pungente voce femminile.
Liz.
La ragazza si chinò su di lui, e i suoi capelli rosa gli ondeggiarono sulla guancia, solleticandola.-Attento a certi gesti.- Mormorò nel suo orecchio.-Non sai mai chi potrebbe osservare.-
Eddie si scansò.-Finchè si tratta di te, non dovrebbe trattarsi di un problema.- Ribatté, aspro, e ad uno sguardo più attento Liz avrebbe potuto vedere nei suoi occhi le immagini di lei e Annelise che si baciavano sulle scale antincendio la notte prima, e una velata minaccia.
Ma Liz non sembrava una persona troppo perspicace.
Sedette accanto a lui con sorrisetto soddisfatto - era riuscita a punzecchiarlo, e il suo nervosismo doveva essere stato l'obiettivo della giornata.
Eddie si rilassò, rifiutandosi di dargliela vinta.
-Ci sono tanti altri posti.- Commentò Norman tirando fuori dei quaderni dallo zaino.
-A me piace questo.- Liz si sporse oltre Eddie e gli rivolse un ghigno.-Hai intenzione di sollevarmi di peso?-
Norman rispose in tutta calma, ma da un guizzo nella sua guancia il ragazzino capì che era stizzito.-Se la tua presenza dovesse infastidire Eddie, sì.-
Eddie gli mise una mano sul braccio.-E' a posto.- Rispose.- Io e Liz abbiamo stabilito una tregua.-
-Quando?-
-Stanotte.-
-Un incontro davvero piacevole.- Uggiolò Liz, tutta sorriso e occhi dolci, ma Norman la ignorò e si concentrò totalmente su Eddie.
-Parla della festa in camera di Richie?-
-Oh, no, no.- Rispose immediatamente la ragazza, e Eddie le rivolse uno sguardo truce.-Parla del giretto da sonnambulo che ha fatto sulle scale antincendio alle quattro.-
-Sonnambulo?- Norman lo afferrò per le spalle.-Perché non me l'hai detto?-
-Perché ti sta raccontando stronzate.- Replicò finalmente il ragazzino, e Liz gli strizzò l'occhio, ancora una volta soddisfatta della zizzania che aveva creato.-Avevo solo bisogno di prendere una boccata d'aria.-
La preoccupazione non svanì dal volto dell'altro.-Hai avuto un altro incubo? Potevi svegliarmi...-
Eddie si tolse le sue mani di dosso, cercando di essere delicato. Ma il sangue ribolliva nelle sue vene.-Ne parliamo in un altro momento.- Rispose, e guardò Liz, che aveva appoggiato una guancia sul palmo e li studiava con curiosità.
-A me interessava.- Disse.
Il ragazzino frenò l'istinto di lanciarle addosso il contenuto dell'astuccio.-Come ti ho già detto, non sono cose che ti riguardano.-
Il mormorio seccato di Liz fu coperto dal rumore degli studenti che prendevano posto mentre il docente entrava.
Eddie si concentrò sulla lezione più che poté, nonostante tutti i pensieri che gli frullavano per la testa, perché se avesse preso male gli appunti Norman sarebbe di nuovo entrato in apprensione e gli sarebbe toccato inventare scuse per non dirgli del bambino del sogno, della strana impressione che gli faceva Richie Tozier, delle accuse spaventose di Liz, del bacio che si erano scambiati.
Dopo un riepilogo sul benzene, il docente stava introducendo altri composti ciclici, e il ragazzino era intento a ricopiare dalla lavagna la molecola della porfina quando si ritrovò davanti un pezzo di carta scribacchiato.
Alzò gli occhi al cielo e lo mise via.
Quattro molecole di pirrolo... ponti metilici... ahi!
Si girò di scatto verso Liz, che gli aveva assestato un calcio sotto al banco.
-Che cazzo vuoi?- Sibilò a denti stretti, sperando che Norman non sentisse.
-Leggi il fottuto biglietto.-
Oh, per l'amor di Dio!
Eddie tirò fuori il biglietto dalla tasca, sapendo che la ragazza non l'avrebbe lasciato in pace altrimenti, e lesse.
"Hai riflettuto su quel che ti ho detto?"
Su cosa?, pensò. Che l'unico amico che io abbia mai avuto potrebbe essere un criminale?
Gli venne quasi da ridere. Girò il biglietto dal lato ancora pulito e scrisse la sua risposta: "Sei solo una bugiarda".
Liz sollevò un sopracciglio, e il biglietto gli tornò indietro così: "Il fatto che io ti sia antipatica non significa che non stia dicendo la verità".
"Allora smettila con tutto questo mistero e sputa il rospo".
"E dov'è il divertimento? Fattelo dire da Norman".
Eddie appallottolò il pezzo di carta con un gemito frustrato e lo infilò nell'astuccio.
Ne aveva abbastanza di quella conversazione. Era controproducente e velenosa, serviva solo a scatenare in lui dubbi che non avrebbero mai dovuto esserci. Norman era una brava persona.
Però.
Però.
A prescindere dalle parole di Liz, era pur vero che Eddie conosceva Norman da solo sette mesi, e tante cose di lui erano ancora oscure.
Parlava volentieri dell'infanzia, ma mai dei pochi anni precedenti il college. Era popolare e benvoluto, ma chi considerava davvero amico? Aveva mai avuto una relazione? Gli piacevano i ragazzi o le ragazze, Eddie era solo un esperimento?
Aveva un fermacapelli dorato in un cassetto dell'armadio, che diceva essere appartenuto a sua nonna in gioventù, ma al ragazzino non era parso tanto antico. Che fosse di una sorella? Di un'amica? Che l'avesse rubato?
Eddie non ci aveva mai riflettuto prima di allora, perché era ridicolo farsi paranoie attorno alla storia di un fermacapelli. Ma adesso era, più che preoccupato, curioso.
Aveva sempre visto un'ombra negli occhi di Norman, una patina di malinconia, seppur mai evidente al punto da ritenerla superiore alla gioia di vivere che lo caratterizzava, alla voglia di scatenarsi in pista e passare di chiacchiera in chiacchiera.
Però ora si domandava a cosa fosse dovuta.
Mentre era assorto in questi pensieri, non si era reso conto del fatto che Norman avesse preso in mano il suo astuccio, cercando la penna blu che gli aveva appena restituito.
-Faccio io...- Mormorò, cercando di riappropriarsene, ma era già troppo tardi. Norman teneva in mano il biglietto appallottolato, sul quale erano visibili alcune parole, tra cui il suo nome.
Non lo aprì, ma si voltò verso Eddie e chiese:-Che cos'è?-
-Niente, solo appunti sbagliati.- Rispose subito il ragazzino, stringendo convulsamente tra loro le mani.
Si sentì Liz ridacchiare.-Ti prego, Norman, aprilo.-
Il ragazzo non reagì a quella provocazione e rimise il biglietto dove l'aveva trovato.
Eddie era sicuro non si fosse fidato delle sue parole - glielo leggeva nello sguardo, nella mandibola serrata, nelle labbra arricciate - ma almeno il ghigno era scomparso dal volto di Liz.
-Nor.- Il ragazzino gli sfiorò il braccio. Difficile credere che fino alla notte prima gli fosse stato concesso un tocco ben più audace di quello, le mani di Norman attorno ai suoi fianchi, le proprie tra i suoi capelli.-Ho bisogno di parlarti.-
Il compagno di stanza si limitò a scoccargli un'occhiata di traverso. Non era la prima volta che lo vedeva arrabbiato, ma non lo era mai stato con lui, e fu quasi doloroso.
Tuttavia, c'erano troppe questioni irrisolte tra loro per poter anche solo valutare di desistere. Di aggiungere altri problemi a quelli che già aveva.
-Per favore.- Aggiunse, supplice.
Norman lasciò andare un lungo sospiro, e sembrò quasi lo sbuffo di vapore uscito dalle narici di un drago sputafiamme. Poi annuì.

Hiatus ~ ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora