V.

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Eds. Eds. Eds.
Eddie dovette appoggiarsi allo stipite della porta, la testa che vorticava.
Era uscito dalla camera di Richie poco dopo aver sentito quell'assurdo nomignolo, con la scusa della stanchezza. Ma in realtà si stava sentendo male, nemmeno l'aria fredda della notte bastava più a riempirgli i polmoni.
Era possibile che stesse ricordando?
Il volto di un ragazzino, capelli riccissimi e neri, spessi occhiali calati su un naso sgraziato.
"Dovresti smetterla di fumare" sentì dire alla sua stessa voce, giovane eppure già orribilmente brusca.
C'era un vasto prato di fronte a lui, ciuffi d'erba tra le sue dita. L'acqua di un ruscello che brillava poco lontano, cosparsa di rocce acuminate.
"Sei così carino quando ti arrabbi, Eds." Il giovane rise, aveva la bocca larga e bei denti bianchi. Allungò la mano in cui non teneva la sigaretta per pizzicargli la guancia.
Eddie sentì quel tocco come se fosse stato reale. Si sfiorò lo zigomo, gli occhi puntati sulla moquette grigiastra del corridoio.
All'improvviso la vista gli mancò, gli esplosero davanti il presente e i ricordi: il sole, il ruscello, l'erba, il corridoio solitario con le lampade a muro gialline, tutto si spaccò in mille frammenti e colori prima di diventare nero.
Sto per vomitare, pensò, e si infilò nella sua stanza aprendo la porta a fatica, con un gesto secco e le gambe che tremavano.
Arrancò verso il bagno, facendo un gran frastuono, e si aggrappò con le ultime forze rimastegli al lavandino.
Fissò per un po' la porcellana bianca al buio, lo scarico di metallo al centro.
I conati non arrivarono. La testa continuava a girare, ma lo stomaco rimase fermo dov'era.
Nonostante le orecchie che fischiavano, riuscì a sentire i passi frettolosi di Norman, che doveva essersi svegliato a causa del suo baccano.
"Mi dispiace", avrebbe voluto dire, ma il compagno di stanza lo precedette.-Eddie, stai bene?-
Il ragazzino si voltò verso di lui. Aveva acceso la luce della camera, i capelli rifulgenti e il volto preoccupato in ombra.
Vai via, pensò.
Non devi vedermi così.
Lasciami pensare.
"Eds".
-Benissimo.- Rispose, grato che nella penombra del bagno non potesse vedere il bianco del suo colorito.-E' solo che nell'altra camera c'era una puzza di fumo tremenda, e credo mi abbia disgustato.-
Norman tirò un sospiro di sollievo e appoggiò la testa allo stipite della porta del bagno.-Saresti dovuto venire via prima. Ci hai messo un bel po'.-
Eddie si accigliò.-Come fai a saperlo? Non stavi dormendo?-
-Aspettavo che tornassi.- Ammise l'altro, con naturalezza spiazzante.
Il ragazzino si raddrizzò, il mondo aveva finalmente smesso di stare al contrario.-Non ti sembra una cosa strana?-
-Strana in che senso?-
-Nel senso che rimani sveglio ad aspettarmi.- Fu tutto ciò che Eddie disse, incapace di spiegarsi meglio, perché la bizzarria della cosa era già evidente in quella frase.-Come se...- Si strinse nelle spalle.- come se stessimo insieme, o cose del genere. Come se fossi geloso...-
-Ehi, ehi, frena.- Interruppe Norman, stendendo un palmo.-Che c'entra questo adesso? Ero solo preoccupato per te.-
-Ero letteralmente nella stanza di fronte.-
-Con chissà chi. Prendimi in giro quanto vuoi, ma in questo istituto c'è una taglia sulla tua testa.- Norman indicò prima lui, poi il mondo al di fuori della porta.-Ogni pretesto è buono per insultarti o tirarti cose addosso o peggio, prenderti a pugni. Volevo essere sveglio, se avessi avuto bisogno di...-
-Ero con Richie.- Troncò Eddie a quel punto, poco propenso ad ascoltare un altro discorso sulla sua fragilità.-Occupa lui la stanza di fronte.-
-Ah.-
Eddie incrociò le braccia al petto.
"Ah."
Che risposta era? Il pensiero che il compagno di stanza fosse geloso di lui tornò a bussare, ma il ragazzino lo ricacciò indietro, almeno per il momento. C'erano altre cose che voleva dirgli.
-Ascolta, Nor.- Iniziò, abbassando lo sguardo sulle mattonelle del bagno.-Ho bisogno che pensi un po' meno a me, e un po' più a te stesso.-
Il giovane mosse un passo in avanti, uscendo dalla luminosità della stanza alle sue spalle ed entrando nella penombra del bagno, dove Eddie scorgeva a fatica i suoi lineamenti. Tuttavia, riuscì comunque a percepire la confusione nella sua voce quando disse.-Perché?-
-Perché mi stai con il fiato sul collo, e questa cosa non fa bene a nessuno dei due.-
-Cosa? Quando?-
Eddie sbuffò, le mani aggrappate agli avambracci, le dita che scavavano nella stoffa della felpa.-Controlli sempre che abbia preso tutti gli appunti, guardi male chiunque si permetta anche solo di avvicinarsi, cerchi costantemente di difendermi da tutto e tutti e, cavolo, rimani sveglio se mi allontano per accertarti che non abbia bisogno del tuo aiuto.- Elencò.
E c'erano altre cose che avrebbe voluto dire. Del tipo che si infilava nel suo letto perché aveva avuto un incubo. Ma quella non era esattamente una cosa di cui lamentarsi.-Sta diventando troppo, Norman.-
L'altro non disse nulla.
Rimase a fissarlo nell'oscurità, e Eddie riuscì bene ad immaginare la sua espressione: sopracciglia aggrottate, occhi piccoli e dispiaciuti, labbra tese.
Il ragazzino gli mise istintivamente una mano sul braccio, e un brivido gli corse lungo la schiena sentendo il muscolo al di sotto.-Lo dico anche per te. Hai bisogno di svagarti, di prenderti una pausa. Vorrei che tornassi a divertirti come prima, che partecipassi alle feste in spiaggia...-
-Fa troppo freddo per le feste in spiaggia.-
-Sai cosa intendo.- Replicò Eddie, con un sorriso a metà tra il divertito e il seccato.-Potresti anche tornare nella squadra di football.-
Norman sgranò gli occhi.-Con quegli idioti che alla prima occasione ti infilerebbero nel cassonetto dell'immondizia? Non se ne parla, Eddie.-
-Non c'entra.- Il ragazzino strinse di più il suo braccio, le dita che premevano nella carne.-A te piace giocare a football. Cosa ti importa di quel che pensano di me? Devi farlo per te stesso.-
Norman scosse la testa.-E' un gioco di squadra. Non posso non passargli la palla perché mi sono antipatici.-
-Allora non farlo.- Eddie lo scosse un po', mettendogli anche l'altra mano sulla spalla.-Passagli la palla e fregatene.- Un angolo della sua bocca si sollevò in maniera dispettosa.-Sono sicuro che riavendoti in squadra smetterebbero anche di infastidirmi. A loro importa solo di quello.-
Norman prese un lungo respiro e abbassò lo sguardo.-Ci penserò.-Rispose, e il ragazzino avrebbe voluto esserne contento.
Lo era.
Ma c'era qualcosa che gli premeva di più, una scheggia nel cuore che doveva assolutamente tirar via.-Sei...- Deglutì a vuoto un paio di volte.-sei geloso di Richie, non è vero?-
Norman rialzò gli occhi su di lui rapidamente, Eddie li vide scintillare come tormalina.-Cosa te lo fa pensare?-
-Quindi non lo neghi.-
Il compagno tacque. Lasciò vagare lo sguardo sul suo viso per un po', e anche il ragazzino non disse nulla mentre Norman passava al vaglio i suoi lineamenti, le iridi castane quasi nere nella penombra, le lentiggini sul naso, le labbra morbide.
Eddie le schiuse un po', arrossendo.
-No.- Rispose finalmente Norman, continuando a guardarle, la voce roca.-Non lo nego.-
Eccola, pensò Eddie.
La scossa che fa vibrare il terreno prima dei temporali.
Gli si strinsero il cuore e lo stomaco, e improvvisamente era fin troppo consapevole delle sue mani sulla spalla e sul braccio di Norman.
Il suo calore era travolgente.
-Non devi esserlo.- Mormorò, e adesso anche i suoi occhi erano fissi sulla sua bocca, rossa e carnosa.
Bugiardo, sibilò una vocina nella sua testa.
Eddie la mise a tacere annullando lo spazio tra lui e Norman.
Lo baciò, senza preavviso, senza delicatezza - un duro scontro tra labbra e corpi, la mano sulla spalla salita ad afferrare le onde bionde sulla sua nuca.
Norman ansimò, ma non per la sorpresa. Eddie si chiese per quanto tempo avesse desiderato una cosa del genere mentre sentiva le sue braccia cingergli i fianchi, le dita che sfioravano un lembo di pelle sotto la felpa.
La lingua del ragazzo guizzò sulla sua, lievemente, e Eddie l'avviluppò prima che potesse ritrarsi, approfondendo il contatto tra le loro bocche.
Le dita di Norman scivolarono piú in basso, infilandosi di poco sotto l'elastico dei pantaloni, accarezzando la base della sua schiena.
Erano calde e morbide come il miele, e Eddie avrebbe voluto potersi perdere in un tocco cosí. Avrebbe voluto poter immergersi in Norman, nella sua anima pura, e dimenticare tutto il resto - dimenticare di non riuscire a ricordare.
"Eds."
Eddie lo spinse contro il muro, abbastanza forte che l'aria uscí dai polmoni dell'altro, riversandosi nella sua gola.
Non era la prima volta che baciava qualcuno. Non era la prima volta che faceva sesso con qualcuno - perché era quello che sarebbe successo, se non si fossero fermati.
Eddie aveva conosciuto tante altre labbra, assaporato mille bocche. Centinaia di altre lingue avevano lambito la sua pelle, il suo collo, il suo petto, il suo inguine.
Tanti altri corpi lo avevano accolto, donandogli calore. Altri ne aveva accolti lui, lasciandosi possedere fino allo spasimo.
Che cosa c'era di diverso stavolta?
Una mano di Norman risalí lungo la sua schiena, fino a raggiungere lo zigomo, dove le dita si allargarono a coppa per accarezzargli la guancia.
Eddie rabbrividí.
"Sei così carino quando ti arrabbi, Eds."
E poi quella risata infantile, quel tocco sul suo viso.
Chi sei?
Qual é il tuo nome?
Un viso pallido affollato di disordinatissimi ricci neri.
Quanti ragazzi cosí aveva baciato?
Eddie li passò al vaglio ad uno ad uno, a partire dal ragazzo che incrociava spesso in corridoio e per cui aveva preso la cotta in prima liceo.
Nessuno sembrava somigliargli abbastanza.
Si distaccò da Norman, il fiato corto, la mente annebbiata.
Aprí gli occhi e lo guardò, lí immobile contro il muro, di una bellezza mortificante, con le labbra gonfie di baci e lo sguardo verde lucido di desiderio e piacere.
Eddie non sapeva chi fosse il ragazzo che stava cercando. Non aveva idea di chi fosse, di come si chiamasse, da dove venisse, quando l'avesse incontrato.
Ma era talmente diverso da Norman che a guardarlo, adesso, gli parve di aver ricevuto un pugno in faccia.
Quella situazione gli sembrò d'un tratto incredibilmente sbagliata.
I loro corpi cosí vicini, le loro mani ancora sulla pelle dell'altro.
Non poteva cercare in lui quel che avrebbe dovuto trovare altrove.
Non sarebbe mai stato in pace cosí - il suo cuore avrebbe continuato a vagare, la sua mente a riportarlo nel passato, e Norman non lo meritava.
Non meritava qualcuno con un cuore a metà.
Fece un passo indietro, lasciando ricadere lentamente le mani, liberandole a poco a poco dalla dorata trama dei suoi capelli.
-Mi dispiace.- Mormorò, senza guardarlo.-Non so cosa mi sia preso...-
-Lo volevo, Eddie.- Norman gli sollevò il mento. I suoi occhi erano tornati normali, di un bel verde opaco, sempre un po' tristi, sempre un po' malinconici. Anche quando ballava attorno ai falò.-Ti voglio.-
Anche una parte di Eddie lo voleva. Quella piú superficiale, ad un palmo dal cuore. Quella che si era trasferita in Florida e poi in Georgia, che lo accompagnava da cinque anni.
Ma il sé del passato voleva qualcun altro, e quei quattordici anni andati pesavano piú di un macigno.
-Non me la sento.- Rispose, un groppo in gola.
Stava edulcorando la pillola. Non se la sarebbe sentita mai. Com'era stato con tutti gli altri.
Norman non fece domande. Lo osservò ancora per qualche secondo, le dita che gli sfioravano appena la mandibola. Annuí, e disse:-Sai dove trovarmi.-
Eddie sorrise, ma fu una smorfia amara.
, pensò. Tu sei l'unico che sappia dove trovare.

Hiatus ~ ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora