Il lunedì fu una giornata movimentata e chiassosa.
Era iniziato il secondo semestre, e in quel periodo arrivavano nuovi studenti che non avevano frequentato il primo.
Eddie era stato svegliato dallo stridio di un megafono proveniente dal cortile, con cui il rettore dava il benvenuto alle matricole.
Sentiva sprazzi del discorso attraverso le finestre chiuse, la solita pappardella sul prestigio dell'università, sull'eccellente preparazione scientifica che metteva a disposizione, sulla struttura all'avanguardia.
Eddie fece una smorfia al pensiero che un altro centinaio di persone sarebbe venuto a conoscenza delle sue urla notturne, ormai era diventato la mascotte del college, tutti lo strattonavano e punzecchiavano come una pignatta.
Si rigirò tra le coperte e trovò Norman nel suo letto, un braccio infilato sotto il cuscino.
Avevano di nuovo dormito insieme?
Aveva avuto un altro incubo, quella notte - in cui era intrappolato in una galleria piena di specchi, come quelle dei Luna Park, e non riusciva ad uscirne in alcun modo. Non era stato il solito brutto sogno pieno di sangue e bestie fameliche. Era quasi la materializzazione di un'ansia - una paura soffocante, come se stesse per accadere qualcosa e il cuore gli palpitasse nel petto in attesa.
Si era svegliato con un ansito soffocato e la fronte imperlata di sudore ghiacciato. Norman si era seduto accanto a lui, gli aveva tenuto la mano per un po', poi dovevano essersi addormentati entrambi, sfiniti.
Eddie non pensava che avrebbero di nuovo condiviso il letto, dopo la notte dell'incubo con la cameriera. L'aveva interpretato come un evento straordinario, una cosa da una volta e basta, una consolazione a cui aveva ceduto in preda al terrore.
Eppure a distanza di quattro giorni eccoli di nuovo sdraiati uno accanto all'altro, sotto il pesante piumone che combatteva il freddo di metà febbraio.
Il ragazzo non avrebbe saputo dire se la cosa gli facesse o meno piacere: voleva bene a Norman, e forse una parte di lui lo desiderava. Forse una parte di lui avrebbe solo voluto stringerlo al petto e infilargli le mani sotto la maglia di cotone, sfiorando e stringendo la pelle che anni di esercizio avevano teso e modellato.
Ma Norman sembrava una creatura troppo distante, troppo eterea, per poter solo pensare di avvicinarla in quel modo. Tra tutte le sue piante, i suoi silenzi rilassati, gli occhi grandi e verdi, era come un cervo in mezzo alla foresta: Eddie temeva che se avesse allungato una mano per toccarlo sarebbe fuggito.
E in qualche modo sentiva di sporcare l'immagine che aveva di lui pensando a cose del genere, quasi stesse gettando carbone sul suo corpo immacolato.
L'altra parte di Eddie, però, era lontana da tutto quel filosofeggiare se desiderare Norman fosse sbagliato o meno. Perché c'era sempre quel senso di nostalgia nel suo petto, la sensazione della carne che tirava verso quella di qualcun altro, qualcuno di antico e distante, nel tempo e nello spazio. E in quella malinconia non c'era posto per il corpo di Norman - non era neppure contemplato.
Al quarto fischio del megafono, il biondo spalancò gli occhi, trasalendo.
Incontrando lo sguardo di Eddie, parve ammorbidirsi.-Cos'è questo rumore?- Chiese, la voce roca.
L'altro gettò un'occhiata verso la finestra alle loro spalle.-Il discorso per le matricole.-
-Oh, per amor del cielo.- Norman infilò la testa sotto il cuscino, come se avesse intenzione di rimettersi a dormire.
Come se fosse del tutto naturale, per lui, rimanere ancora nel letto di Eddie, anche se non ce n'era un vero bisogno. Come se fossero stati due amanti che si scambiavano convenevoli tra le lenzuola.
Di nuovo, Eddie non seppe cosa pensare. Di nuovo, l'idea di posargli una mano tra le scapole e accarezzarlo finché non si fosse riaddormentato lo sfiorò.
Non lo fece, perché la sua stessa mano parve rifiutare quel gesto, divenendo di marmo.
-Forse dovremmo alzarci.- Disse.
Le cose tra loro erano sempre state strane, al punto da sembrare normali. C'era sempre stata quella tensione tra la loro pelle, quell'elettricità aleggiante e inespressa, quelle parole non dette. Nessuno dei due si era mai preoccupato di farlo presente, ma Eddie sapeva che anche Norman si sentiva così: sul filo del rasoio.
La tensione non diventava mai lussuria, l'elettricità non diveniva tempesta, il silenzio non si faceva rumore.
Mancava qualcosa - e forse si trattava proprio di quel sentimento che Eddie teneva sottochiave, custodito per il ragazzo dai capelli ricci che odorava di menta e nicotina.
-Come fai ad avere tutte queste energie dopo la nottataccia che abbiamo passato?- Domandò Norman da sotto al cuscino.
Eddie non sapeva bene cosa rispondere. La verità era che andava avanti a caffè e ansia. Dato che non aveva ancora fatto colazione, solo ansia.
L'incubo degli specchi aveva peggiorato la situazione. Non che i suoi sogni fossero premonitori - sarebbe già morto mille e una volte in maniere atroci, altrimenti - ma c'era davvero qualcosa di diverso in quello.
Qualcosa che lo fece alzare in piedi, scavalcando malamente il corpo dell'altro.
-Vado a mangiare.- Avvisò, infilandosi una delle felpe che Norman aveva lasciato ad ammuffire sulla sedia davanti alla scrivania.-Cosa ti porto? Una brioche?-
Il biondo tirò fuori la testa dal cuscino, i capelli scompigliati come se ci avesse passato in mezzo un rastrello da spiaggia.-Sei sicuro di voler andare da solo?-
C'era una buona probabilità che qualcuno gli rovesciasse addosso del latte per il puro gusto di umiliarlo, di questo Eddie era perfettamente cosciente. Così come sapeva che avrebbe ricevuto occhiate di ogni tipo e che capannelli di ragazzi avrebbero mormorato pettegolezzi al suo passaggio.
Però non poteva continuare ad usare Norman come scudo umano - per troppo tempo aveva vissuto alle dipendenze di qualcuno, che fosse sua madre o...
Fece una smorfia.
Dei Perdenti?
Cos'era quel nome ridicolo, così all'improvviso?
-Sono sicuro.- Rispose, ricomponendosi.-Allora? Brioche? Caffè?-
Norman sorrise un po', illuminando la stanza come se le tende fossero state aperte e fosse entrato il sole.-Tutt'e due.-
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Hiatus ~ Reddie
RomanceEddie Kaspbrak non vive piú a Derry dall'estate del terrore. Adesso ha diciannove anni, frequenta il college, ha dei nuovi (quasi) amici, e i ricordi della sua prima adolescenza sono ormai sfocati. Tornerà ad essere tutto dolorosamente familiare qua...