Capitolo 1

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Letto comodo, caldo e rilassante e sveglia non è un abbinamento adatto al mattino, ma qualsiasi mia imprecazione mentale non spegnerá quell'aggeggio rumoroso. Faccio scorrere il dito sullo schermo del mio telefono per zittirlo e sbuffo ributtando la faccia sul cuscino. Devo alzarmi, devo andare a lavorare e per farlo devo per forza alzarmi. Lentamente mi metto a sedere e mi strofino gli occhi sbadigliando, sull'altro lato del letto c'e Simon ancora addormentato a torso nudo e la testa sotto il cuscino, gli metto una mano sulla schiena e lo scuoto leggermente
"Simon, sveglia, io devo andare dall'altra parte di Manhattan" lo sento mugugnare e tornare a dormire "muoviti"
"Tu devi andare, io non ho nulla da fare" si copre con il lenzuolo e torna nella posizione di prima. Sbuffo e mi alzo
"Come vuoi, in frigo non c'e nulla da mangiare, quando esci metti la chiave al solito posto" esco dalla camera e vado verso la piccola cucina del mio minuscolo appartamento. Ci sono lattine di birra ovunque a causa di ieri sera, dovró decidermi a mettere in ordine prima o poi, ma meglio poi. Mi metto subito a fare il caffè e mentre aspetto che sia pronto mi chiudo nel bagno. Cerco di vestirmi velocemente, ma sono sempre stata lenta a prepararmi, quindi dopo un buon quarto d'ora sono pronta per uscire, tempo record. Mi infilo le scarpe, forse troppo alte per sfidare il mio equilibrio mattutino, ma non amo molto le scarpe basse, al diavolo la comoditá.
Lascio Simon nel mio appartamento ed io esco in strada accolta dai clacson e dai rumori di New York.
Corro verso la mia auto e cerco di non arrivare in ritardo. Il locale è immenso, vuoto e bianco, con al centro solo il set che sará il punto focale del servizio.
Mentre sistemo tutta l'attrezzatura mi si avvicina una donna alta, slanciata e dai capelli rossi, indossa un completo color crema con una gonna che le fascia alla perfezione le sue lunghe gambe sin sopra il ginocchio
"La fotografa, giusto?" Mi chiede osservandomi
"Alexandra" le porgo la mano sorridendo, ma lei la ignora elegantemente
"Le hanno giá spiegato come dovrá essere svolto il servizio?" Ritiro la mano ed annuisco
"Certo, mi hanno fornito tutti i dettagli"
"Perfetto, sbrighiamoci allora" miss Simpatia si allontana ed io torno a sistemare le luci assieme al mio assistente, mentre i primi modelli vanno a sistemarsi al centro del set.
Afferro la macchina fotografica, mi tolgo le scarpe per sentirmi più libera di muovermi ed osservo i soggetti da fotografare, sono cinque ragazzi palestrati in biancheria intima, non potrei amare di piú questo lavoro, ma lasciamo perdere il piacere, ció di cui ho piú bisogno in questo momento sono i soldi, Alex sii professionale.
Osservo il set da varie angolazioni e quando trovo quella giusta comincio a scattare, catturo ogni immagine mentre ordino ai modelli di modificare le loro posizioni in modo da riprenderli al meglio.
Consegno la macchina fotografica al tecnico in modo che possa passare le foto sul computer ed io mi allontano ancora scalza verso la mia borsa, prendo il telefono e leggo i due messaggi arrivati durante la mattinata. Il primo è di mia sorella
"Ricordati la cena di questa sera" alzo gli occhi al cielo ed evito di risponderle. Il secondo è di Rachel
"Oggi a pranzo sulla 56esima, ci vediamo li" le rispondo velocemente, mentre la donna con il completo color crema mi sorprende alle spalle
"Ho guardato le foto, ottimo lavoro" mi consegna l'assegno con il mio stipendio
"Grazie" rispondo semplicemente mentre mi infilo in tasca il foglietto
"Le mancano le scarpe" dice osservandomi i piedi con sguardo quasi disgustato, abbasso gli occhi e muovo le dita ridendo, è tutto il giorno che lavoro per lei, mi chiedevo quando avrebbe dato parola a quegli sguardi indignati verso i miei piedi nudi
"Grazie, non me ne ero accorta" la donna si allontana con il suo passo svelto e leggero, camminata inconfondibile da modella, ha anche lo stesso sguardo inespressivo che hanno le ragazze quando posano per le mie foto.

Rimango bloccata nel traffico dell'ora di punta e ci metto piu del previsto a raggiungere Rachel. Percorro gli ultimi metri a piedi con passo svelto, non accorgendomi del ragazzo che esce dall'edificio alla mia destra. Lui ha solo il tempo di alzare lo sguardo per vedermi andare a sbattergli contro, il caffe che aveva in mano finisce sopra la sua camicia, lasciandogli una grossa macchia proprio al centro del petto
"Oh mio dio, mi dispiace" fisso il disastro e poi il volto del ragazzo, i suoi occhi seccati si fissano nei miei, sono azzurri e totalmente limpidi, ha i capelli neri molto corti ed è leggermente più basso di me, probabilmente se non indossassi i tacchi sarei io quella più bassa
"Non è nulla" il suo tono duro tradisce la sua finta gentilezza "l'importante è che i documenti siano salvi" controlla la cartellina nell'altra mano cercando di pulirla da alcune gocce di caffè che l'hanno colpita
"Sul serio, scusami, non stavo guardando dove andavo"
"Me ne sono accorto" ok, la finta cortesia è scomparsa "buona giornata" conclude prima di allontanarsi e buttando il caffe nel cestino più avanti.
Appena arrivo di fronte al ristorante Rachel è giá li che mi aspetta, seduta al tavolo con le gambe accavallate ed i capelli biondi perfettamente lisci che le ricoprono le spalle
"Sei in ritardo" mi rimprovera portandosi gli occhiali da sole sopra la testa
"Lo so" mi siedo di fronte a lei "come stai?"
"Non c'e male, hai lavorato questa mattina?"
"Sì, c'era una donna con i capelli rossi, dio era insopportabile, per tutti e tre i giorni in cui ho lavorato con lei ho desiderato schiaffeggiarla"
"Lauren Jackson?"
"Si, la conosci?" La mia amica annuisce
"Una volta ho fatto da modella per un suo servizio, ha costantemente la stessa faccia"
Il cameriere ci consegna i piatti ordinati prima da Rachel, per lei la solita insalata, per me invece un bel piatto di pasta
"Non è giusto, sono stufa di mangiare insalata" si lamenta
"Smetti di fare la modella"
"Mai"
"Mentre venivo qui ho rovinato la camicia ad un ragazzo con il caffè, gli sono andata a sbattere contro per sbaglio"
"Alex, ti succede almeno due volte al mese, ti ricordi quella donna che ti ha inseguita dicendoti di ripagarle la borsa?" Rido ricordando la scena ed annuisco
"Si, ma quella volta non è stata colpa mia, lei è venuta a sbattere contro di me" protesto portandomi alla bocca una forchettata di pasta
"Ovviamente, almeno era carino il ragazzo?" Scrollo le spalle tentando di ricordare il suo volto, la prima cosa che mi viene in mente sono i suoi occhi
"Non male".
Il sole si riflette contro il vetro dei numerosi grattacieli che ci circondano, faccio scendere gli occhiali da sole sugli occhi e comincio a camminare facendo suonare a ritmo i tacchi sul marciapiede
"Questa sera ci vieni alla festa?" Mi chiede Rachel
"No, sono a cena da mia sorella, sono mesi che gliel'ho promesso" voglio bene a mia sorella, ma sa sempre come sminuirmi e criticarmi
"Se poi hai tempo fai un salto" annuisco e la saluto.

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