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Quando mi sveglio legato su un lettino di metallo, capisco di essere stato anestetizzato mentre cercavo di fuggire.
Sento delle urla lontane, e un allarme rimbombare per i corridoi.
I miei neuroni restano troppo intorpiditi per elaborare una reazione. Non vedo sangue, né altro che possa portarmi a temere per le mie funzioni cognitive.
Ad un certo punto vedo una macchia azzurra comparire nello spiraglio di luce della porta lasciata aperta, e man mano che si avvicina comincia a concretizzarsi come una presenza materiale, priva della nebulosa corporatura di un angelo.
La ragazza che avevo sentito allontanarsi non so quante ore o minuti prima è la stessa che vedo ora avvicinarsi correndo a liberarmi dalle cinghie di cuoio.
-Ehi, biondino, le fiamme sono giunte in tempo, vedo-
Nel giro di pochi secondi mi trovo libero e abbastanza lucido da scendere dal lettino e seguire quella macchia azzurra e nera che mi precede facendosi strada per i corridoi.
Capisco che intorno a me è tutto reale nel momento in cui comincio a tossicchiare in maniera sempre più violenta, cercando di non inspirare più di tanto la nube nera che si è alzata tutt'intorno.
Scendiamo di corsa tre rampe di scale, giungendo alle porte principali e trovandoci accerchiati da vero fuoco rosso e vivo e caldo, a creare come un anello di arsura.
Indietreggiamo, imboccando un corridoio riservato al personale, quasi del tutto scomparso dalla struttura. Raggiungiamo una scala stretta e piuttosto ripida, sbucando al secondo piano, alla biforcazione che separa i corridoi contigui dei maniaci e dei fobici. Uno di essi termina con una finestra.
Ci lanciamo verso di essa, sventolando le mani davanti a noi per allontanare il fumo.
Deika apre la finestra e si siede sul bordo, si volta a guardarmi con quell'aria folle che ha sempre nella mia testa, e si butta.
Io mi lancio verso di lei, osservando la traiettoria della sua caduta, terminante su alcuni cespugli, che sembrano poter attutire l'impatto.
Salgo anch'io sul davanzale, prendo un bel respiro e salto a mia volta.
Atterro su un cumulo di foglie e rami, e uno strato di soffice erba.
Un sasso mi provoca una fitta di dolore al fianco sinistro.
Resto immobile per qualche secondo, finchè non riprendo coscienza della situazione, e decido di alzarmi.
Cerco con lo sguardo la figura esile della ragazza, e la trovo solo quando decide di abbandonare il suo nascondiglio dietro ad un albero.
-Ehi... ma... cosa? Come?-
-Volevano lobotomizzarti, sai, farti due buchi nel cranio e vedere cosa ne usciva... così ho appiccato un piccolo incendio. Funziona sempre, sai-
-Ma... perché l'hai fatto?-
Mi guarda come se non riuscisse esattamente a capire cosa io intenda.
-Perché? Ma non è questo il bello di essere matti, non dover avere un motivo per agire?-
Questa è davvero matta, su questo non ci sono dubbi... ma quello sguardo, quei capelli di un colore innaturale, e quell'aria di follia e bellezza che la circonda è peggio della nicotina.
Sorrido, cercando di non farglielo notare.
-Vero... si-
Per qualche secondo sembra riflettere, con le labbra socchiuse, totalmente immersa nei suoi pensieri; poi mi dà un'ultima occhiata, intensa e tagliente.
E nel giro di qualche millesimo di secondo è scomparsa nella boscaglia.
Io vago nei dintorni per un po', finchè non trovo una strada e comincio a seguirla, con il braccio teso come ho letto nei libri, chiedendo l'autostop.
Quando un'auto si ferma quasi mi stupisco.
Salgo dalla parte del passeggiero, dando un'occhiata veloce alla donna che sta al volante.
Non ha niente a che fare con Deika, con quei capelli neri e quegli occhi ambrati; i lineamenti più duri e mascolini e il fisico muscoloso. E' più vecchia, anche se non di molto.
Indossa una salopette di jeans scuro, e in mano regge una sigaretta.
-Muoviti, che altrimenti cambio idea-
Chiudo la portiera sbattendola, appoggiando la testa al sedile.
Ogni tanto le lancio uno sguardo, curioso.
Leggo i cartelli sul ciglio della strada ma non trovo indicazioni riguardo al luogo dove siamo destinati a giungere.
-Le indicazioni non vanno più di moda, da queste parti, non lo sapevi? Solo pubblicità-
-Mi stavo chiedendo dove fossimo diretti, in verità-
-Proseguendo per di qua si arriva a Seattle, ma io mi fermo prima-
Seattle... me lo ripeto in testa, cercando di collegarlo a qualcosa di concreto, qualcosa che ho letto.
L'Università, il museo d'arte... sede a Seattle.
Quando scendo dall'auto ripeto il gesto di prima, proseguendo lungo il ciglio della strada.
Questa volta a fermarsi è un'auto sporca e mal tenuta, senza paraurti posteriore e una targa agganciata in diagonale.
C'è un ragazzo al volante, con in mano uno spinello dall'aroma non ben identificato. Al posto del passeggiero sta un altro ragazzo, impegnato nello sniffare una polverina bianca, adagiata in strisce orizzontali sul cruscotto.
Salgo dietro al guidatore, avvertendo subito il mix di odori di cui sono impregnati i sedili e tutti gli interni.
-Bello, te la fai una canna con noi? E' erba buona, in fondo...-
I due ridono sguaiati, con le loro voci impastate e le loro lettere strascicate.
-E' illegale, giusto?-
-Be'... se intendi che non la vendono al supermercato... allora un po' lo è-
-Ricevuto. Passa-
Il tizio ride di nuovo, passandomi la sua. Inspiro come se fosse una sigaretta, e sento subito tutti i pensieri come squagliarsi e abbandonarmi. Non penso di essere mai stato così rilassato, neanche dormendo.
Sorrido, mentre espiro e lui se la riprende, facendo lo stesso.
Continuiamo così mentre vediamo le retrovie della grande città accoglierci nel loro scorrere veloce e lineare davanti a noi.
Ad un certo punto l'altro tizio, quello più mingherlino, mi porge una striscia di carta con sopra quella roba bianca che sembrava tanto contento di potersi infilare nel naso.
-Questa la puoi mettere ovunque, ma sniffata fa meglio il suo lavoro-
Poi ride di nuovo, come fa ormai da un po', in modo periodico.
Accetto la proposta, voglioso di intraprendere l'esperienza. La polvere mi solletica le narici, e quando in un risucchio essa attraversa il mio setto nasale la testa mi duole violentemente. Una volta finita la primissima reazione del mio organismo comincio a sentirmi formicolare, come se ogni cellula del mio corpo avesse appena fatto un triplo salto mortale.
Il tutto mi fa sentire così allegro e pieno di energia che mi pare di volare. Adrenalina pura sembra percorrere ogni mia vena, arteria e capillare.
Mi sembra di vedere tutto con occhio più attento, attraverso un caleidoscopio di lenti graduate.
Rido a mia volta, mentre lascio cadere il pezzo di carta, abbandonando la mano sul sedile, inerte.
Mi tremano le dita, sudo, sento il cuore esplodermi nel petto, ma tutto questo è stranamente ed estremamente piacevole.

L'auto si ferma davanti ad un palazzo.
Seguo i due ragazzi mentre saliamo per una scala esterna, entrando poi da una finestra in un grande spazio pieno di cianfrusaglie, strumenti musicali e canne buttate a terra.
Mi lascio cadere sul primo divano, e non mi accorgo nemmeno di assopirmi.
Durante le notte -almeno credo sia notte- mi sveglio diverse volte, vedendo persone suonare, baciarsi, spogliarsi e fumare, bere da bottiglie di vetro scuro, condividere bong improvvisati con lattine e condividere angoli appartati a turni di due o tre.
Mi sembra di vedere Deika, mi sembra di sentirla, mi accorgo che non è reale, ma continuo ad ascoltarla. Pensare mi riesce difficile, ogni cosa sembra scivolare via. Penso al sangue, a tutto il sangue che ho visto. Penso ai cadaveri, mi compaiono di fronte.
Ho sete, non vedo più nulla. Cerco di alzarmi, ma cado sul pavimento di cemento. Risate strascicate.
Odore di alcool. Vodka, whiskey da quattro soldi.
E poi più niente.

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