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Mi strattonano i polsi legati per costringermi sul sedile posteriore dell'auto della polizia.
Le manette mi impediscono di sedermi normalmente. Le ginocchia arrivano al sedile davanti e devo tenere la testa leggermente china sotto il tettino.
La terza volta che salgo su un'auto e sono nudo, bagnato e senza speranza. Nemmeno riesco a grattarmi il naso.
Ho paura.
Il solo fatto di essere solo, legato e rinchiuso mi fa tornare indietro con la mente, come non fossi mai uscito dall'isolamento.
Un poliziotto sale in auto e dà un'occhiata allo specchietto, distogliendo subito lo sguardo dopo avermi visto mimare un bacio. Ridacchio soddisfatto.
-Ehi, ora cosa vorreste farmi, mettermi sulla sedia elettrica per un singolo bagnetto in piscina?-
-Qualcosa di meglio. Siamo stati allertati subito dai responsabili dell'ospedale, e ti stiamo cercando da allora. Sei imputabile per un notevole numero di crimini, dal momento che il manicomio non è più disponibile ad accoglierti-
Mi occorre qualche secondo per riuscire a capire i sottintesi delle sue parole, ma quando lo faccio scatto come una molla.
-Come?! Ma che cazzo stai dicendo? Avete sbagliato persona, capito? Fammi uscire! Accosta! Accosta, ho detto!-
Sono senza fiato, gli occhi spalancati e la gola secca.
Dò calci al sedile, dimeno le spalle, cerco di avvicinarmi ai sedili anteriori, mi lancio contro il finestrino con tutto il busto.
E Deika? Dove sarà finita? Lei non la cercano?
-Cerca di star fermo, e smettila, perché non serve a niente negare-
-Cosa avrei fatto? Quali prove avete?-
Questa volta è lui a sorridere, come se la mia domanda fosse la più stupida del mondo.
Cerco di capire cosa stia evitando di dirmi, cosa mi abbia portato qui.
-Dare fuoco ad edifici pieni di persone, significa tentare un omicidio di massa. Non servono prove, solo saper fare due più due-
Mi zittisco, resto immobile.
Non sanno della sua esistenza, non la stanno cercando.
Il viaggio è breve. Il poliziotto scende, apre la mia portiera aspettandosi che provi a scappare. Io non faccio nulla.
Con una mano mi tiene fermi i polsi, con l'altra mi afferra la spalla e mi spinge all'interno.
Mi conduce oltre l'ingresso, dentro una cella singola, due metri per due. I muri sono grigi, scrostati. Riportano segni sulle pareti di ogni tipo: scritte, croci, numeri, abbozzi e scarabocchi di ogni tipo.
Ora si che sono tornato in isolamento. L'odore è di poco migliore grazie alla grandezza del corridoio oltre le sbarre della cella.
L'uomo mi spinge dentro con forza. Prima di sbattere contro il muro opposto allungo il braccio e me ne scosto leggermente.
-Domani ci sarà un preliminare del processo a cui andrai incontro affermando di essere innocente. E' impossibile che tu venga dichiarato tale, e risparmierai del tempo ad entrambi ammettendo subito la tua colpevolezza-
Un ultimo sguardo e il poliziotto se ne va.
Mi siedo lentamente, fissando la parete della cella dalla parte opposta del corridoio.

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