14

1 0 0
                                    

Sento trafficare qualcuno con una chiave nella toppa e le sbarre si aprono con uno scatto.
Qualcuno entra, un poliziotto. Mi prende per il braccio e mi trascina fuori.
Mi conduce lungo il corridoio e poi fuori dalla struttura. E' mattina presto, le otto, le nove al massimo.
Mi sbatte la portiera in faccia e sale davanti.
Percorriamo un tragitto medio. Non mi rendo conto dell'effettiva lunghezza.
Quando ci fermiamo mi preparo a fare quello che ho immaginato per tutta la notte. Testo la capacità di dilatazione massima della lunghezza della catena che collega le manette, poi attendo.
Il poliziotto si avvicina e tira la maniglia. In un attimo sono fuori.
Lui non ha la velocità necessaria per reagire prima che io riesca a spingergli la testa contro il finestrino frantumandolo.
Mi guardo brevemente intorno e comincio a correre.
Mi allontano dal tribunale e ricomincio a camminare normalmente solo quando sono sicuro di essermi lasciato alle spalle la zona. Passo dal luna park e dal cimitero, dove avevamo deciso di recarci per avere prova di quello che significa essere morti sul serio. Mi fermo un attimo e poi proseguo, senza più sorridere.
Dò calci alle pietre e strappo fili d'erba solo per tenere occupati i nervi.
Quando raggiungo l'appartamento della mia prima notte a Seattle passo oltre, attraverso la strada a metà tra le strisce pedonali e l'angolo della strada, dove l'avevo ritrovata la prima volta.
La galleria ora è vuota, quindi mi arrischio ad entrare.
Sorrido davvero per la prima volta da due giorni quando passo davanti ad una tela che ho dipinto io.
L'hanno appesa nella stanza della statua, proprio quella che io e Deika avevamo scelto per nasconderci.
Il sorriso diventa una linea tesa, ora.
Sulla tela c'è il suo ritratto astratto, quello che era lei nella mia testa. E' uno specchio, acciaio fuso con riflessi multicolori di tutti i tipi. Fumogeni e fuochi d'artificio, fiori e mosaici longobardi.
Abbasso lo sguardo e mi volto, avviandomi verso l'uscita.
Passo davanti alla piscina dove abbiamo passato l'ultima notte. Immancabile il sorriso.
Scuoto la testa e proseguo, senza voltarmi.
Non so cosa guidi i miei piedi lungo la strada per arrivare alla stazione, fatto sta che ci arrivo.
Entro e prendo un biglietto pagandolo con gli ultimi contanti, nascosti nelle tasche interne del gilet riconsegnatomi dai poliziotti dopo il mio arrivo.
Trovo un posto a sedere in sala d'aspetto e mi preparo al viaggio.

you are realDove le storie prendono vita. Scoprilo ora