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Non so per quanto camminiamo, e neanche come riusciamo a tornare in città, ma all'alba siamo di nuovo lì, ad osservare come Seattle si muove e riprende vita.
Gas di scarico e fumi di produzione oscurano la visuale di quella moltitudine di persone, edifici, cartelloni pubblicitari, camioncini e mezzi di trasporto. Suoni e odori sono un inquinamento necessario.
Urtiamo e derubiamo qualunque sventurato ci capiti a tiro, strisciamo e corriamo, i capelli sparpagliati sulla fronte e il piglio di due normali adolescenti che si affrettano verso l'entrata a scuola.
Quando la vedo imboccare una traversa mi affretto a raggiungerla, fermandomi poi per cercarla con lo sguardo.
Dopo qualche secondo, la scorgo intenta a leggere un cartello posto all'entrata di una costruzione imponente.
Intravedo il via vai di persone di fronte all'ingresso, e decido di avvicinarmi ed entrare.
L'edificio è composto da tante stanze rettangolari, alcune stipate di statue e opere ricavate dagli oggetti più diversi, altre ospitanti su ogni parete tele e tavole in legno rappresentanti soggetti di ogni tipo. Le tecniche utilizzate vanno dall'olio al carboncino al gesso ai pastelli. Sono presenti murales e bassorilievi, schizzi con bombolette e china.
Osservo ogni cosa come se cercassi di carpirne la composizione chimica solo con lo sguardo.
Con la coda dell'occhio vedo Deika aggirarsi dubbiosa per il salone, senza soffermarsi veramente su nulla.
Mi passa davanti senza vedermi e prosegue nella stanza successiva tramite un breve corridoio. Decido di seguirla, ma solo dopo aver dato un'ultima occhiata alle pareti.
Appena entrato la vedo scomparire ancora nella stanza seguente. Rallentando solo allo scopo di guardarmi brevemente intorno noto alcune opere su cavalletti e cassette in legno.
La luce è soffusa. Deika scivola dietro una statua in marmo di singolari fattezze. Una fanciulla dalle forme ben proporzionate e dai lunghi riccioli sospesi nel movimento è come sprofondata in una morsa quasi soffocante, dalle sembianze di infiniti tentacoli di polpo terminanti in un mare in burrasca.
Striscio accanto a lei, nascondendomi a mia volta, tutto acquattato allo scopo di nascondere la mia statura dietro l'imponente opera.
Lei ha avvertito la mia presenza fin da quando ho deciso di seguirla, e dopo qualche attimo di silenzio si decide a parlare.
-Pensi che ci cercheranno? Voglio dire... dopo la nostra fuga avranno cominciato a cercarci, secondo te?-
-Le altre volte che sono fuggito non sono riuscito ad allontanarmi molto, prima che mi trovassero-
Rifletto a voce alta.
-Ma era prima, quando quel posto esisteva ancora-
Trattiene un singhiozzo e poi sussurra una domanda.
-Se non succedesse... che cosa faremmo?-
Non ho una risposta. E' una domanda che non mi sono mai posto: inutile, quando un futuro, un dopo, non ce l'hai.
Guardo fisso davanti a me per un po', senza parlare, e così fa anche lei. Le nostre dita si sfiorano, ma non mi basta. Un gesto fulmineo, l'avvicino a me e la bacio, poi le sorrido, i capelli a nascondermi gli occhi e le labbra leggermente socchiuse.

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