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Ci sono momenti nella vita in cui sei consapevole che quello che fai ti danneggia, ti fa male, ma il sentimento che provi è troppo forte e attraente.
Ci sono momenti in cui sai di non poter reggere, di essere costantemente in bilico, eppure non ti tiri indietro, perché il panorama e l'adrenalina sono più piacevoli.
In questo momento il rischio è di tipo fisico, perché mi trovo a circa cinque metri da terra, su una ruota panoramica mezzo cigolante, in una specie di luna park abbandonato. Aleggia un'atmosfera tetra e inquietante che trovo stranamente piacevole, almeno quanto l'altezza a cui mi trovo. Grazie all'adrenalina rilasciata dal mio organismo tutto si trasforma da pericolo in esperienza, da paura in emozione.
Abbiamo scavalcato le recinzioni, scherzato a proposito dei clown e delle altre sculture in plastica rose dalle intemperie, rubato oggetti che non ci servivano.
Abbiamo visitato la casa stregata, ormai un tunnel buio e puzzolente mezzo franato.
In qualche ora abbiamo potuto rivivere dei tempi che qui si sono fermati, tempi che neanche abbiamo vissuto, ma di cui ci sembra di sentire la mancanza.
Il buio è come una cappa pesante e densa, come la nebbia nelle prime ore dei mattini di gennaio.
Sento i capelli di Deika sfregarmi il viso, trattenersi sulle forme e le sporgenze del mio volto. Le nostre gambe si sfiorano, e con il braccio circondo le sue spalle, avvertendo sotto la sua pelle le scapole e le clavicole sporgenti, a farmela sembrare più fragile e forte allo stesso tempo.
-Sai perché non mangio?-
Io nego lentamente con il capo, senza aprire gli occhi.
-Ogni volta che ci provo mi sento soffocare. Rivedo mia madre, a terra, mentre vomita l'anima insieme al whisky... E' così che è morta, che mi ha abbandonato anche lei. Ha smesso di muoversi e di respirare, il suo corpo si è raffreddato, con il vomito ancora a incrostarle le labbra. Da quel momento non riesco più a trattenere il cibo nello stomaco. So che è stupido, ma non ci riesco. Vado in panico, rivedo tutto, e mi sembra di vivere quello che ha vissuto lei-
Mi limito a stringere la presa sulla sua spalla, solo per qualche secondo, mentre la sento singhiozzare.
-Quando è successo?-
Non risponde, sembra che neanche mi senta più, la sento dondolarsi avanti e indietro, contro il mio petto e poi di nuovo in avanti.
Mi spaventa, mi respinge il modo in cui il suo cervello funziona quasi a scatti, a frequenza alternata. Non sono capace di rendermi responsabile per lei, e lo so benissimo, ma non so cosa continua a tenermi legato a lei.
Normalmente riderei e le urlerei di smetterla, normalmente mi rollerei una sigaretta e gliela spegnerei sulla mano con un sorriso, normalmente mi allontanerei, la guarderei con disprezzo. Lo faccio sempre, lo trovo divertente.
Non è che non mi piacciono le persone, è che le trovo noiose, esseri insignificanti, che al mattino si alzano tutti alla stessa ora per andare nello stesso posto, ogni giorno. Li osservo da lontano, come fossero scimmiette ammaestrate, membri del fan club dell'universo, che in cambio non dà loro niente, nessuna risposta.
Io vivo semplicemente al di fuori del circo, come uno spettatore annoiato. Qualcosa però è cambiato. La tribuna vuota che era il mio mondo ora sembra appartenere ad un sistema solare del tutto diverso. Se prima girava intorno al sole, ora è ancorata verso la piccola e argentea luna. Piccola e argentea almeno quanto Deika. Lei che determina l'alzarsi e l'abbassarsi delle maree, lei che attira e respinge.
-Quando ti ho visto venirmi incontro in strada ho pensato di scappare via. Avevo paura di te, del tuo abbandono, perché sapevo che non l'avrei sopportato. Ora penso solo al sollievo di vederti voltarmi le spalle e riuscire finalmente a lasciarmi andare-
Strascica le parole come se fosse ubriaca, poi si appoggia completamente a me, mormora un "ti ringrazio" e chiude gli occhi, fingendo di dormire.
Io faccio lo stesso, pensando che probabilmente ci sto condannando entrambi, e riuscendo a spingere il pensiero sempre più a fondo, allontanandolo il più efficacemente possibile.
Non so se siamo schiavi del futuro o del passato, se lo siamo di noi stessi o del resto del mondo, ma so che non è possibile uscirne, niente e nessuno può liberarci.

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