3. IL MIO MOME È MATTIA

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<Finalmente sei tornata!>
<Già... la febbre mi ha messo a ko!>
Una settimana di assenza e mi sembra di esser stata via una vita.
<La Ranieri era preoccupata per te!>
<La Ranieri? Cos'è? Una barzelletta?>
<Giuro! Ogni mattina mi chiedeva se ti avessi sentita e avessi novità>
Rimango in silenzio... Giulia con me è sempre molto carina, passiamo molto tempo insieme, la maggior parte a scuola, ma non la ritengo una mia "migliore amica". Nel senso che per me l'amicizia è un sentimento profondo, di intesa e complicità che ancora non ho provato. Se dovessi definire il termine "amicizia" penserei a due persone che si confidano tutto, anche i segreti più nascosti, un rapporto fatto di affetto reciproco, di stima e rispetto. Condividere molte cose che si hanno in comune, che so, qualche passione, un pensiero, uno stile... io e Giulia invece siamo diversamente amiche, siamo gli opposti sia nei colori che nella vita e non ci sveliamo nulla di così profondo riguardo noi due, percorriamo semplicemente tutti i giorni la stessa strada.
...Ma la Ranieri davvero aveva domandato di me? Che strano questo suo interesse, è sempre così composta e severa, quando lei entra in classe non vola una mosca, e poi non ha mai avuto un occhio di riguardo nei miei confronti. La nostra esistenza si limita a questo: io studio e lei interroga, the end.
<E tu? Che le hai risposto?>
<Che le ho risposto? Che stavi male e non avevi le forze neanche per parlare al telefono> mi guarda con indugio <...quando chiamavo parlavo solo con tua nonna o tua mamma!>
<Sì hai ragione, scusami, davvero non riuscivo ad alzarmi dal letto... sono solo sorpresa... da quando la Ranieri si interessa a me? Muah?!>
<Marty! Lo sai di chi stiamo parlando vero?! Della pazza di latino che irrompe cinque minuti prima della sua ora, come fosse una diva di Hollywood, indispettendo le altre insegnanti! Quella non è normale! La odiano tutti! Persino il preside! È pazzaaaa!>
Scoppio a ridere <È fuori come un balcone!>
<Pensavo te ne fossi dimenticata!>
<impossibile! Dai entriamo!>

Suona la campana della prima lezione. Storia dell'Arte. Mi piace e mi rilassa. Io adoro tutto ciò che è creativo e geniale e, a dispetto dei critici che cercano una spiegazione a tutto, io sono convinta che un'artista non stia a pensare a perché tracci certe linee o utilizzi una determinata tecnica, lo fa e basta, lavora di pancia, con l'istinto e col cuore.
La D'Amico è piccola e magra e ha i capelli corti di un nero corvino. Dipinge la sua faccia con tanto di quel trucco che a volte mi chiedo come sia realmente il suo viso sotto quella maschera di strati di fondotinta e pennellate di mascara. È impressionante il distacco di colore dalle sue mani bianche al suo volto impregnato di polvere marrone, che tenta di coprire i segni dell'acne giovanile rimasti sulla pelle. Le sue labbra sottili e disegnate fanno risaltare i suoi denti grandi, bianchi, storti e le sue gengive consumate dal fumo. La osservo e, mentre appassionatamente spiega i maestri e le loro tecniche, il contesto storico e sociale, io cerco di captare la sua vita dietro il suo di dipinto. La immagino la mattina svegliarsi e, davanti allo specchio, cominciare a imbrattarsi di liquido e polvere colorata sulla faccia tanto da non farla respirare. Sicuramente si alzerà presto perché impiegherà solo un'ora per il trucco, però prima di imbattersi nella sua opera d'arte fatta di tavolazze e palette e movimenti decisi e abitudinari, mi dà come l'impressione che sia una di quelle che si ferma davanti alla caffettiera sul fuoco fumando una sigaretta. È una fumatrice accanita. La mattina la vedo davanti scuola, soffocata dentro quei jeans slim fit, gli immancabili mocassini blu, abbracciarsi dentro il suo piumino decisamente di una taglia più grande e tirare i suoi ultimi bocconi di sigaretta, uno dietro l'altro, prima di entrare. Il fumo vola via e talvolta ho timore che voli via anche lei, leggera come una piuma, alla prima folata di vento. Dai movimenti delle sue mani tese e fatti di tremolii sembrerebbe un tipo angosciato e nervoso, invece sorride sempre. Secondo me nasconde la sua tristezza dietro la bellezza che ci racconta. È anche lei una donna sola. Io la percepisco così. Ha una forma di gentilezza ostentata, delicata, quasi indifesa, come il suo corpo esile. È sempre educata... e oserei dire, incompresa, rendendola talvolta noiosa, tanto che i miei compagni la snobbano e le tirano battutacce idiote che, con la Ranieri, non si sognerebbero di pensare neanche dall'anticamera del cervello. Il mio astio nei loro confronti aumenta ancora di più quando fanno così. Al contrario, la D'Amico mi fa molta tenerezza e la rispetto, forse perché in certi versi è simile a me, nel suo mondo malinconico.
<Allora? È tutto chiaro?>
Ecco! È finita la lezione! Ho concentrato tutta l'ora ad osservarla e non ho ascoltato una sola parola su Manet e Monet! È una cosa di me che odio! Mi perdo ad osservare la persona che ho di fronte e non sento quello che mi dice.
Oddio, perché guarda me?
<Siiiii> un coro di voci mi salvano da quell'imbarazzo. Io chiudo il libro e il quaderno di appunti rimasto in bianco e li depongo nello zaino. Al cambio dell'ora c'è sempre un grande frastuono.
Dopo questa bella passeggiata immersa nell'arte arriverà l'incubo di tutte le classi: la Ranieri. Si salvi chi può. Questa cosa mi mette un po' d'ansia dopo quello che mi ha detto Giulia. Al suono della campanella, lei è già pronta e raggiunge la cattedra ancor prima che la D'Amico abbia terminato di raccogliere le sue cose. Ha questo atteggiamento indisponente e insopportabile con tutti, nessuno escluso. Saluta freddamente la collega e senza dire una parola si siede diritta e impettita, non degnandoci di uno sguardo -oggi neanche del buongiorno!- e con la stessa rigidità di sempre, fa l'appello <Alessi> <Presente> <Aquilino> <Presente> <Balsami> nessuna risposta, scrive sul suo registro <Basile> <Presente> <Borromeo> <Presente> fino ad arrivare a me <Manni> alzo la mano <Presente> <Mantovani> <Presente> e così via.
Non ha denotato alcuna sorpresa al mio rientro e da un lato questo mi consola, almeno tutto sembra tornare alla normalità, tranne per le mie lezioni di danza che dovrò rimandare per via del mio fisico ancora indebolito. Riprenderò sicuramente dalla prossima settimana.
Inizia a interrogare, questo è il momento di terrore. Scorre la penna sul registro dall'alto verso il basso, ogni tanto solleva lo sguardo dagli occhiali fermi a metà del suo naso, esplorando chi della classe chiamare. I suoi occhi enormi vanno da destra a sinistra e da sinistra a destra. Chi cercherà? Sembra voler carpire dai nostri volti chi teme e nasconde l'impreparazione e, come in un thriller, lei è l'assassino che cerca di uccidere qualcuno. Riprende lo scorrimento della penna sull'elenco dei nostri cognomi, questa volta depistandoci, dal basso verso l'alto e ad un tratto taglia in due l'aria tesa <Panucci>
Non so perché, ma tiro un sospiro di sollievo. Mi risparmia. Mentre vedo le facce dei compagni sollevarsi, quella di Panucci si fa seria. Il perché la Ranieri inquieti tanto timore rimarrà un'enigma nella storia del nostro istituto. Ad ogni interrogazione fa tre domande, Panucci con voce smorzata le confessa già alla prima di non essere preparata, ma lei, da buona docente universitaria da cui deriva, ignora e continua con la seconda e infine la terza. Le tre fatidiche domande accademiche (peccato che siamo ad un liceo!) Panucci fa scena muta. La Ranieri non si scompone, impassibile termina l'interrogozione e segna il voto senza comunicarlo. <De Lorenzi> e così via alla seconda vittima. Solitamente gli interrogati sono tre o quattro. Dipende se qualcuno è tanto preparato da poter interrompere la strage e riempire i minuti di una mezz'ora. Questa mattina quattro scene mute e una quasi sufficienza. Mi chiedo come mai a me piaccia tanto il latino a differenza dei miei coetanei che, invece, lo sdegnano. Greco e latino sono le basi del nostro liceo. Forse sono esagerata? Sbagliata? Perché mi sento così diversa? È sempre stato un tarlo per me, il fatto che io ci tenga a fare le cose nel migliore dei modi possibili fino ad essere presa in giro e allontanata per questo.
All'intervallo tutti si precipitano fuori dalla classe. Rimango seduta a scorrere le pagine di lezioni saltate nella settimana, non mi va di rimanere indietro e passare i pomeriggi a studiare, voglio riuscire a dedicare il mio tempo alla danza e al nuoto senza perdere lezioni.
<Ehi! Finalmente senza nome è rientrata! Come stai?> Sento una voce che dalla porta si rivolge a me (certo! Sono l'unica rimasta dentro, a chi altro sennò?!)
Mi volto <Ancora lui?!> (penso e non dico). Riconosco il ragazzo nuovo e riporto la mia attenzione a latino.
<Eddai, fammelo un sorriso> si dirige verso il mio banco e mi si siede accanto <ciao Martina!> Getta lo sguardo sul mio libro <La pazza della Ranieri? La prossima ora toccherà a me, che palle!>
<Non dire così, è affascinante studiare le radici delle nostre lingue. Possibile che nessuno veda il bello delle cose?> Mi esce naturale. D'altronde perché prendere altrimenti un indirizzo classico se il latino diventa una noia? Penso tra me e me.
<Preferisco il presente e studiare le nostre lingue attuali. Proiettarmi sul futuro. Il passato è passato! Perché bisogna sempre guardarsi indietro. Una cosa finisce, un'altra comincia. Tutto qui. Il cerchio della vita>
<Se non sai da dove arrivi chi pensi di diventare? Molte cose è proprio dal passato che le impariamo e le apprezziamo ma de gustibus non disputandum est! (non si discute sui gusti)> Tronco il discorso, non sono mai stata di molte parole.
<Ti va un caffè e una bandiera bianca?> mi guarda fissa negli occhi quasi a mo' di supplica  <eddai, Martina, non mi fare collezionare una miriade di tuoi no... è solo un caffè?>
Mi fa sorridere, ma poi come sa il mio nome?
Ha quell'aria da ragazzo "pesce fuor d'acqua" che cerca irrimediabilmente di adeguarsi e adattarsi al nuovo <E va bene! Andiamo!> mi alzo <Non ricordo il tuo nome>
<Mattia, mi chiamo Mattia>
<Piacere, il mio non so come, ma già lo sai>
<Eh sì, l'ho letto prima, sul tuo libro, Martina Manni, aggiungerei la simpaticona!> una mia occhiataccia e lui rimedia <sto scherzando! Sei molto peggio!> sogghigna.
A sorpresa di tutti che mi vedono raggiungere la macchinetta del caffè trascorro l'intervallo di quindici minuti che sembrano dei piacevoli secondi. <Finalmente qualcuno ha svegliato la bella addormentata nel bosco ed è riuscito a farla tornare al palazzo>. Mattia non fa caso alle batuttine e alle risatine che a me, invece, infastidiscono e fanno arrossire dall'imbarazzo. Noto una cosa che ci accumuna: entrambi ci sentiamo inadatti. Da subito credo che abbia colto la mia diversità che non è poi così tanto diversa dalla sua.
Inserisce le monete <normale?>
<Sì grazie!>
<Quanto zucchero?>
<Senza>
<Sei di quelle che ci tengono alla linea!> Mi guarda ma non contraccambio il suo sarcasmo, lui percepisce e cambia discorso.
<Mi fa piacere che tu abbia accettato di passare la pausa in mia compagnia, qui non conosco nessuno, sono nuovo. Io e mia mamma ci siamo trasferiti da un mese e fare amicizie non è il mio forte> mi porge il caffè <Non sono un tipo molto propenso a far entrare le persone nella mia vita, forse non ne ho mai neanche il tempo, ma sai una cosa? Fanno bene ad evitarmi perché ho un pessimo carattere>
<In che senso?>
Estrae il suo caffè dalla macchinetta e mescola lo zucchero col cucchiaino di plastica <Nel senso che sono una persona abbastanza schiva e solitaria, poco socievole insomma>
<Non lo avrei detto> commento, ma lui continua
<...Sarà per via delle svariate scuole che ho frequentato. Non so neppure io come sia riuscito ad arrivare al quinto anno cambiando continuamente città e istituti>
<Beh, non mi sono mai trasferita ma comunque poco socievole lo sono anch'io> abbasso lo sguardo
<Lo avevo notato!> scoppia a ridere <e a cosa è dovuta questa tua distanza dagli altri?>
<Non ne ho idea, sono fatta così!>
Nota il mio cambiamento di umore e la tensione, in brevissimo tempo cerca di sdrammatizzare <Beh in fin dei conti non abbiamo ammazzato nessuno> e aggiunge <per il momento!> questa volta a ridere siamo in due. Sento per la prima volta qualcuno che ha realmente voglia di conoscere il mio mondo, unicamente per il piacere di farlo, senza forzare le cose.
<Mi piacciono i tuoi anfibi!> Rimango attonita; osservo gli scarponi neri allacciati fino all'ultimo passante e mi soffermo sulle lunghe crepe alle piastrelle vicino ai miei piedi <dimostrano personalità! Non sei banale come le ragazzette smorfiose su tacchi e minigonne che amano mettersi in mostra. Non è che per caso sei una serial killer?  Del tipo Nikita o Colombiana, hai presente quei film d'azione?>
<Sì ho presente!> mi diverte <fai attenzione allora, perché potresti essere la mia prossima vittima!>
<O magari potresti esserlo tu, che ne sai?> fa il misterioso.
Sorseggiamo il caffè più lungo della mia vita ma in un tempo che sembra volare via, ci scambiamo occhiate complici e ridiamo alle nostre battute, poi tutto d'un tratto si fa serio <Anche se ti vesti da maschiaccio sei bellissima, è palese> tira indietro il ciuffo da davanti gli occhi <tenti di nasconderlo in ogni modo ma solo un cieco non lo vedrebbe> ammutolisco e arrossisco, nessuno mi aveva mai fatto un complimento così, in quel modo, diretto e inusuale, inaspettato e immediato <però non ti montare la testa!> mi spinge la fronte con le dita e torna con gli occhi. Rimango incantata dal verde delle pupille nascoste dietro i suoi boccoli ribelli, che lui meccanicamente sposta indietro con la mano, e mi sento in un imbarazzo che solo il drin prolungato della campanella riesce a smorzare. Con disinvoltura lancia il bicchiere centrando il cestino <Ciao Marty, grazie per il caffè>
Ritorno in me <Ma se me lo hai offerto tu!>
<Intendo della tua compagnia. Do ut des, facio ut facias! (dò affinché tu dia, faccio affinché tu faccia!) ricordatelo> sorride <La Ranieri mi aspetta!> Fa una faccia buffa, una smorfia di orrore strangolandosi la gola e si allontana. Mi lascia con un'espressione da ebete che ho quasi timore che i miei compagni colgano. Le frecciatine dietro la schiena non mancano. È istantanea la cosa. Non appena si fa qualcosa di insolito, anche la più normale ma che non rientra nei tuoi canoni, ecco che subito diventi il mirino e sei al centro dell'attenzione. Non m'importa. Sicuramente quel -come si chiama?- Mattia ha avuto un approccio con me differente, e non subdolo e scontato come quello di tanti altri ragazzi.
Scarabocchio i fogli degli appunti di italiano mentre1 la professoressa Carozzi spiega... boh, cosa? Non ne ho la più pallida idea. Perdo la concentrazione, non sto seguendo, sto pensando alla ricreazione con Mattia, ai miei anfibi e al caffè amaro addolcito dalla sua risata.

Mettevo il rossetto rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora