8. TUTTA COLPA DI FRANCESCO!

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<Ottimo lavoro>
Soddisfazione.
<Dieci>
Non mi sarei mai perdonata un'insufficienza ma neanche un voto mediocre. Sarei stata devastata da ennesimi sensi di colpa per essere uscita e non essermi applicata. Certo è che ho dovuto recuperare tempo e studiare fino a tardi, così affondo la stanchezza nell'acqua, a nuoto, il suo contatto è stato il rimedio che mi ha fatto riprendere alla grande. La sera arrivo a casa che sembro rinata..
<Marty i capelli!> di riflesso immediato mi tocco la chioma umida <Non vorrai prenderti un altro malanno?!>
<No nonna, li asciugo subito>
Mentre mi dirigo verso la mia camera vedo la porta dello studio aperta. Emma non è in casa. Dove sarà?
Mi butto sul letto e guardo il soffitto di stelle, penso a quando nonno mi diceva che sarei diventata una di loro. Ho ancora il cannocchiale con cui guardavamo il cielo, lui amava le costellazioni, le eclissi e tutto ciò il pianeta aveva da offrire, io invece ammiravo la città e osservavo la gente che da lontano, in miniatura, diventava improvvisamente gigante dietro la lente.
<Martina!>
Mi sveglio di soprassalto.
<È ora di cena! Ti sei addormentata con i capelli bagnati?>
<Cavolo nonna, sì! Mi alzo e arrivo subito>
Vado in bagno e mi dò una sistemata è una phonata. L'aria calda sul collo mi accarezza e mi coccola. Mi sciacquo la faccia e raggiungo la sala da pranzo.
<Per me solo dell'insalata>
<La carne? Non la mangi?>
<No nonna, ho ancora il panino del pranzo sullo stomaco> Bugia. Non ho mangiato nessun panino. È rimasto nello zaino insieme a tutto il prosciutto e formaggio che in questo momento staranno litigando schiacciati l'uno all'altro. Se nonna lo scoprisse rimarrebbe male per tutto l'amore che ci mette e che io butto nel primo cestino non appena esco di casa. Finita la cena aiuto a sparecchiare la tavola.

L'indomani mattina esco e butto il sacchetto al primo cestino che trovo. Alla fermata Giulia non c'è. Salgo sul pullman, è praticamente vuoto, strano. Mi siedo e metto le cuffie. Che pace. Guardo fuori dal finestrino e tengo il ritmo con la mano, ho quasi voglia di cantare. Dopo un paio di fermate la tranquillità già cessa e qualcuno si siede al mio fianco, non faccio neanche in tempo a girarmi che mi sento sfilare un auricolare. <Hip hop, bella> È Mattia. Ha appoggiato la mia cuffietta al suo orecchio <Come stai?>
Lo guardo attonita, paralizzata, senza proferire parola.
<Beh a vederti immagino bene. L'ultima volta che ci siamo incontrati non è stata delle migliori>
Continuo nel mio silenzio. Mi sventola una mano davanti la faccia <Ehiiii! Hai perso la parola?>
<Non ti ho più visto a scuola> mi sfugge spontaneo dalla bocca.
Si fa serio e si siede composto <No. Ho avuto da fare>
<Pensavo stessi male>
<Stai dicendo che mi hai pensato?> mostra un sorriso compiacente e un'aria soddisfatta.
<Non ho detto questo!>
<Ma mi hai pensato>
<Non ti ho visto, è diverso>
<Ok, diciamo che ci hai fatto caso> mi guarda aspettando una reazione che non arriva. Non replico più.
<Ho dovuto lavorare>
La sua risposta mi spiazza <lavorare?>
<Sì. Mia mamma non è stata bene. Purtroppo non ha ancora un contratto che possa garantirle di stare a casa quando sta male... insomma, lavora in nero. Fa le pulizie nei condominii e se non si presenta...> fa una pausa <l'ho sostituita io così non abbiamo perso una settimana di paga... sai siamo soli, intendo dire, siamo io e lei> cerca di dimenarsi tra le parole e percepisco che non vuole parlarne.
<Perché vieni da mia mamma?> ora sono io a prenderlo contro piede.
<Non te lo ha detto?>
<No>
<Ammirevole! Mantiene il segreto professionale!>
<In realtà io e mia mamma non parliamo molto, quindi non credo che si tratti di professionalità ... oserei dire che è più una questione di mancata comunicazione>
<Mi stai dicendo che una delle più bravi assistenti sociali sulla piazza ha difficoltà a dialogare con la figlia?>
Lo guardo senza fiatare, si alza <Assurdo! Siamo arrivati> Scendiamo dal pullman, estrae l'accendino dalla tasca del jeans, infila una sigaretta tra le labbra e al primo tiro soffia il ciuffo indietro insieme al fumo.
<Vuoi?>
<No, non fumo>
<Neppure io> fa due tiri, la getta e la spegne <ho sempre odiato fumare ma ogni tanto mi dà un senso di libertà, di rottura delle regole e mi solleva>
<Non mi hai ancora detto come mai sei in cura, ehm, cioè vieni da mia madre>
<Dì pure "in cura"... non sbagli e non mi offendo>
Camminiamo con gli zaini a spalla. Ad ogni passo sento il suo profumo controvento che torna sotto il mio naso. Sa di buono. Mentre mi è vicino noto la sua altezza. Non ci avevo mai fatto caso. Forse mi piace, ha ragione nonna Bice. Ad un tratto si gira e mi fissa dritto negli occhi, distolgo lo sguardo e arrossisco, non me lo aspettavo e mi sono sentita così stupida. Sembra non farci caso <Diciamo che non ho avuto una vita idilliaca. Per non avere ancora compiuto diciott'anni ho già i miei grattacapi>
<Francesco ha detto che sei un delinquente, cosa intende dire?> Ecco mi è sfuggito di nuovo! Ma perché non riesco a filtrare le parole. Ma poi cos'è questa curiosità che mi sta pervadendo tutto d'un tratto?
<Che idiota!> sogghigna
<Scusami, non avrei dovuto>
<Non avresti dovuto cosa?>
<Non avrei dovuto domandarti certe cose personali>
<Beh, se non fossi stata tu a chiedermelo allora mi avrebbe sicuramente dato fastidio> tentenna e dà spazio al silenzio, credo per cercare le parole più giuste, poi con un po' di esitazione riprende <Non è così semplice parlarne. Non saprei neppure da dove iniziare>
<Non sei tenuto a farlo>
<Invece voglio essere sincero con te. Non ho voglia di continuare a nascondermi>
Arriviamo davanti scuola e sentiamo la campanella suonare l'inizio delle lezioni <Però dovrai aspettare la seconda puntata!> mi fa un sorriso, spinge con due dita la mia fronte indietro e mi lascia sospesa così <Dai andiamo. Non vorrai far tardi a lezione secchiona?!>
<Scemo>
<Ci vediamo all'intervallo per il caffè>
Mi fa l'occhiolino, voltandosi alza il tono di voce <senza zucchero!> e sparisce nei corridoi verso la sezione B.

Ci sono giornate che sembrano non avere fine. Tipo quando la Prof. Carozzi (italiano-storia) comincia a spiegare Storia e si dilunga con i suoi approfondimenti e i riferimenti ad altri testi. Lenin e Stalin non me ne vogliano ma l'unica guerra fredda che ho in testa e che mi ha congelato i neuroni è quella di Mattia e la correlazione con mia madre. Perché va da lei? Come mai corrono quelle voci su di lui? Anche lui non ha un papà? Questo tarlo non mi dà pace. Ho proprio bisogno del caffè, meno amaro della verità che dovrò aspettarmi.
<Correte! Correte! Si stanno menando!>
Al cambio d'ora una voce dai corridoi irrompe il suono della campanella. Tutte le classi che gridano e urlano dall'uscio della porta.
<Ma che diamine sta succedendo?> domando al ragazzino che corre affannato urlando <Il tizio nuovo!> mi urla a malapena. Vedo le insegnanti precipitarsi giù dalle scale verso il cortile.
Ad un tratto Giulia, affacciata alla finestra, si gira verso l'aula <Marty! Marty! Si stanno azzuffando!>
Non faccio in tempo a captare quello che mi sta succedendo intorno, raggiungo Giuly aldilà dell'aula e mi aggrappo a lei, in piedi sul banco, appoggiata al davanzale. Sotto si vedono le sagome di Francesco e Mattia che si scontrano a suon di pugni senza che uno dei due abbia la meglio. Quella scena mi ferisce e di scatto scendo dal banco e corro con tutto il fiato che ho nei polmoni per raggiungerli.
<Dove vai?> Sento solo le parole di Giuly che non si smuove dal suo posto, così come tanti altri affacciati dall'intero istituto che urlano e inveiscono chi con uno chi con l'altro.
Quando arrivo giù fortunatamente lo scontro è già terminato. Gli insegnanti stanno calmando gli animi. Da subito noto seduto su un muretto Francesco che mentre regge del ghiaccio sul naso mi si rivolge con ira <Caso clinico! Riportalo a tua madre!> mi sento gelare il sangue dalla rabbia mista a dolore. Mattia mi passa accanto accompagnato dal preside <Non dargli ascolto, è un buffone>. Non faccio in tempo a parlargli che entrambi vengono accompagnati nel suo ufficio.
Le insegnanti invitano tutti a rientrare nelle proprie classi <Dai, tutti dentro che lo spettacolo è finito>
La Carozzi prosegue la sua seconda ora come se nulla fosse accaduto <..come dicevo nel 1947 gli Stati Uniti promulgarono il Piano Marshall, firmato dal presidente Harry Truman il 3 aprile del 1948, qualcuno ne ha mai sentito parlare?>
Silenzio di tomba.
<È il piano per la ripresa europea consistente in uno stanziamento di quasi 13 miliardi di dollari e fu uno dei momenti più importanti della storia della politica internazionale nell'immediato secondo dopoguerra> ci guarda alterata <e vi ricordo che quest'anno avete la maturità quindi vi consiglio vivamente di studiare se non volete passare un altro anno in mia compagnia>
Il sarcasmo della Carozzi è ineguagliabile. Quando spiega con quella sua testa riccioluta che muove sistematicamente da destra a sinistra in preda a un tic, non sai mai se sta parlando seriamente. Ma dopo ben cinque anni si impara a conoscerla e guai a pensare che stia scherzando!
Chissà come sta Mattia.
<Li hanno sospesi per una settimana> ci dice uno degli amici di Francesco all'uscita da scuola <quel tuo amico se l'è proprio cercata! Ma non è finita qui!> e impenna con la sua moto schizzando via.
<Ma tu hai idea di cosa sia successo?> mi domanda Giulia preoccuapata
<No.. o almeno credo di no>
<In che senso "credi di no"?>
<Ho chiesto a Mattia il perché Francesco dica di lui che è un delinquente>
<Martina ma sei impazzita? Lo sai benissimo che quel pallone gonfiato non scherza! Marty lo vuoi un consiglio? non mischiarti in queste cose!> mi agito e non la lascio continuare <Sì sì lo so! È che volevo capirci qualcosa! È in cura da mia madre! Diceva sul serio Francesco!>
Giuly si zittisce e riesce a malapena a parlarmi <Come da tua madre?> coglie il mio disagio e con fare delicato mi stringe la mano <Mi dispiace>
<Anche a me! Andiamo!>

Mettevo il rossetto rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora