<Martina!> Stupore. <E tu che ci fai qui?>
Ero più incredula di lei. Il viso sempre imbrattato di colore era apparso davanti a me senza maschera, pallido, scavato, due occhiaie nere che le infossavano gli occhi.
<Niente, cioè, passeggiavo e mi sono ricordata che lei abita qui>
<Mi fa piacere>
<Professoressa> perdo le parole.
<Vieni, entra, non restare sulla porta>
Tolgo l'impermeabile <Questo lo mettiamo appeso fuori, è fradicio> mi aiuta. <Non vuole cessare di piovere!> Non riesco a distogliere lo sguardo da quella figura esile dentro la vestaglia di pile grigia che la ricopre fino ai piedi <Fa così freddo> continua a dire frasi di circostanza, probabilmente è più in imbarazzo di me.
Percorriamo l'entrata di casa sua, noto che non è come la immaginavo, due lunghe file di quadri dipinti -chissà da chi? forse da lei stessa- non sono appesi alle pareti ma sono poggiati ad esse, per terra, lungo tutto il corridoio.
<Come sta?>
<Ti va un tè caldo?> evita la risposta.
Raggiungiamo la cucina dove io la pensavo sempre davanti la caffettiera.
<È arrivata la supplente in classe. Siamo tutti preoccupati per lei. Ci ha riferito che non si sente molto bene e che non sa quando rientrerà. È la verità?>
<Menta o limone?>
<Limone grazie>
Mentre legge le bustine non solleva neppure lo sguardo.
<Professoressa per favore. Mi dica qualcosa. L'ultima volta che è stata a scuola ho notato che era molto turbata>
Estrae due bustine di Lemmon Tea <Ottima scelta> si appoggia alla parete e prende dalla tasca il pacchetto di sigarette, poi cerca un accendino nella tasca, non lo trova, nervosa accende la sigaretta dal fornello. Fa una boccata e trattiene il fumo dentro di se.
<Ho un cancro> Mi spiazza. Le gambe non mi reggono e mi accascio sulla sedia, lei sputa fuori il fumo <Ecco, te l'ho detto> si accorge del mio mancamento <ma sto facendo la chemioterapia e presto starò meglio> Fa un'altra boccata e la trattiene.
Non riesco a proferire parola. Rimango lì, inerme, come un ebete e lo sguardo perso nel nulla. Il fumo questa volta lo fa fuoriuscire dalle narici <Martina, è un percorso e va preso come tale!>
Tenta di sollevarmi dallo sconforto, quando dovrei esser io a darle sostegno.
<Ma io non voglio che lei vada via!> le grido e scoppio in lacrime <Non andrò via>. Si avvicina e mi abbraccia. Ora so anche quale sia il suo odore tra fumo, cannella e profumo di bucato. Piango come una bambina mentre mi accarezza i capelli e tenta di rasserenarmi <schhh, schhh. Dai non fare così> con un fazzoletto mi asciuga le lacrime <Vado a prendere il tè>. Si sposta nel cucìnino adiacente alla sala. Torna con il vassoio e la teiera e con molta serenità versa dell'acqua calda nelle tazze e mi porge una delle due bustine <Vuoi dello zucchero?>
<No, grazie> cerco di fermare i singhiozzi che non hanno intenzione di andar via.
Stiamo così, in silenzio, per qualche attimo che sembra interminabile, ma che ci placa gli animi o, perlomeno, placa il mio, io con lo sguardo fisso sulla tazza, lei nel nulla.
<Bisogna farsene una ragione> interrompe il nostro mutismo <la vita è anche questo: accettare. Non sempre bisogna ostinarsi a cambiare le cose, alle volte è necessario farle andare nella loro direzione senza opporsi>
<Ma non è giusto!> ribatto.
<Cosa sia giusto o sbagliato non sta a noi deciderlo in questi casi> posa la sua mano sulla mia <Vedi Marty, anche io non appena ho compreso la gravità del mio male mi sono disperata ...cercavo delle soluzioni più di quante ne avessero già i medici, poi ho capito una cosa>
<Cosa?>
<Che nella vita non serve a nulla disperarsi e affliggersi nel dolore. Semplicemente si accetta e si cerca di godere di quel tempo che ancora ci è concesso, lasciando un segno nel cuore delle persone che amiamo>
<Ma lei non deve dire così! Lei deve combattere!> alterandomi smuovo la tazza facendo fuoriuscire del tè che tampono con dei tovaglioli.
<Lo sto facendo, sto combattendo con tutte le mie forze, solo non voglio illudermi e illudere nessuno>
<E i medici? Cosa dicono?>
<Si augurano che la chemioterapia funzioni>
<Posso chiederle dove le hanno trovato il male?> so di essere invadente ma sento come il bisogno di sapere tutto ed essere informata di ogni cosa, come se dovessi essere preparata anch'io.
<Al seno> il suo tono di voce si fa più pacato e continua a sorseggiare il tè oramai divenuto freddo.
<Metastasi?>
<Fortunatamente no>
<Allora c'è buona speranza Professoressa!> il mio entusiasmo la sorprende <Martina sono contenta che tu abbia più fede di quanta ne abbia io>
<Mio nonno è andato via per un tumore allo stomaco, purtroppo era troppo tardi per intervenire, le metastasi erano ovunque e cure più invasive non avrebbero fatto altro che indebolirlo ancora di più, peraltro senza chissà quale beneficio, se non allungargli l'agonia>
La D'Amico rimane sorpresa a quella mia rivelazione <Caspita, mi dispiace tanto>
Non so come mi siano uscite queste mie rivelazioni che tenevo custodite in me, lontano da tutti <da quel giorno non è solo la sua vita ad essersene andata, ma anche la mia> guardo la professoressa dritta negli occhi <per questo le dico che lei deve combattere, perché altrimenti non andrà via sola, porterà qualcuno con sé a cui vuole bene! Capisce?> i miei occhi diventano più lucidi <Non lascerà proprio nulla se non un immenso vuoto, è questo quello che lei vuole?>
La Professoressa improvvisamente mi afferra e mi abbraccia <No, Martina, non voglio questo. Ho tanta paura!>
Rimaniamo così, attaccate e strette l'una all'altra <Lei non deve accettare, deve solamente condividere e io lotterò con lei, glielo prometto! Non mi lasci!>
<No, non ti lascio Martina. Te lo prometto>
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Mettevo il rossetto rosso
General FictionMartina è una ragazzina che ha appena compiuto diciott'anni e ha perso il suo punto di riferimento più caro. Il suo dolore la porta ad inseguire la perfezione a scuola, nello sport e nella danza. Un compromesso segreto con il suo amico Wa-l-ter che...