22. CON IL CUORE IN MANO

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All'uscita da scuola fortunatamente non ci fu bisogno di aiuto. Francesco e i suoi amici scortarono il nostro autobus e Giulia fin sotto casa, poi se ne andarono.
<Mi vuoi dire cosa sta succedendo?> Mattia ignaro di questa storia non capiva il comportamento quieto e ambiguo dei bulli accompagnato dal mio silenzio.
<Ho chiesto a Francesco e ai suoi amici di aiutare Giulia>
Rimane di sasso <Aiutare Giulia? E perché? È nei guai?>
<Sì. Il tizio con cui è uscita le ha alzato le mani>
Vedo Mattia irrigidirsi <E chi è questo fenomeno?>
<Si chiama Andrea>
<Andrea come?>
<Non lo so! Giuly non me lo ha detto>
<E quando è successo? E dove?>
<L'altra sera, vicino casa sua>
<Ma è tanto che lo conosce?>
<No, saranno due settimane o poco più. Si scrivevano su Instagram>
<E lei esce di sera con un tizio che conosce da così poco tempo, perlopiù rimorchiato su Instagram?! Ma è impazzita? E tu non le hai detto nulla? Ma almeno sai di che zona è?> Il suo tono accusatorio a mo' di rimprovero mi indispone <No! Non le ho detto nulla e non so dove abita! Ma cos'è questo interrogatorio?> inizio a innervosirmi
<Questo interrogatorio, come lo chiami tu, è interessamento. Comunque me lo potevi dire!>
<E cosa sarebbe cambiato?>
<L'avrei aiutata!>
<E come? Mettendoti ancora più nei guai?> mi rendo conto che la mia exploit lo ferisce, rimane in silenzio e io cerco di rimediare <semplicemente non ho voluto darti ulteriori pensieri>
<Ah è così? Allora mi spieghi perché scappi via da casa mia, non parli mai con me, non mi cerchi? Devo sempre farlo io!> si tocca nervosamente i capelli, poi blatera tra sé e sé <ulteriori pensieri... ma falla finita!>
Stiamo sul pullman in attesa di scendere alla fermata cercando di non farci sentire dalle persone curiose che ci guardano attonite.
<Hai ragione, scusa. La verità è che più volte avrei voluto cercarti o sentirti, ma non ho il tuo numero di cellulare! Per te è normale?>
<No, non lo è!> ribatte secco <ma per il momento è meglio così, per la tua incolumità>
<Allora vedi che ci ho visto giusto?> mi altero ma lui non dà peso e continua <A prescindere dalla mia situazione avresti potuto dirmelo> poi mi tira a sé e mi stringe forte in un abbraccio. Quando fa così cadono tutte le mie barriere e mi sento al sicuro.
<Perché hai timore a confidarti con me?>
<Non è vero> ribatto, mentre lui invece mi accarezza delicatamente
<Sì invece. Io ti parlo sempre con il cuore in mano di tutto ciò che mi riguarda, anche delle situazioni più spiacevoli della mia vita. Tu invece scappi da me e in primis da te stessa. Percepisco che c'è qualcosa che non va di cui non vuoi parlare. E, perdonami se te lo dico, ma non è il modo giusto per affrontare le cose>
<Vuoi spiegarmelo proprio tu quale sia? Tu che scappi da una città all'altra?>
Mi stacco da lui ed ecco che inevitabilmente la mia aggressività lo affligge di nuovo. Mi guarda fissa negli occhi.
<Grazie per il bel pensiero che hai di me! Io sono stato costretto... e tu invece? Sai spiegarmelo? Perché vedi... io proprio non ci riesco e tu non mi aiuti!>
Resto zitta.
<Ecco, lo fai di nuovo! Non parli! Ti comporti come una ragazzina! Non ti si può dire niente che ti chiudi a riccio!Non insisterò! Quando vorrai parlarmene lo farai tu!> strattona via violentemente la sua mano dalla mia e pigia il pulsante della fermata. Poco dopo il pullman si arresta. Io lo guardo impietrita.
<Scendo qui>
<Ma perché? Aspetta!>
<Ho bisogno di camminare un po'! Buona lezione Martina>
Alza il cappuccio della felpa e va via senza salutarmi.
"Martina"... Non mi aveva mai chiamata così ed era la prima volta che vedevo questo lato del suo carattere. Sento come un pugnale allo stomaco e un'immensa paura di perderlo ma non faccio nulla per fermarlo. Lo vedo allontanarsi dalla fermata e attraversare la strada senza esitare. Nutro la speranza che si volti ma in pochi secondi il pullman riparte e lui non c'è più.
Vado a lezione.
Mentre nuoto i pensieri mi affollano la testa e si perdono nell'acqua che rimbomba dentro le mie orecchie. È una sensazione stranissima ma mi isola dal resto del mondo e nonostante sia un lavoro di gruppo coordinare fiato, ritmo e gambe, io riesco a rimanere nel mio limbo, nascosta da tutti e anche da me stessa.
Federico, il nostro coach, è pacato e riservato, di poche parole ...trasmette calma. Ma ciò non significa che non sia attento, anzi, si preoccupa per ognuna di noi e soprattutto ci tiene a far bella figura alle esibizioni. Quando si arrabbia perché qualcosa va storto si ammutolisce e diventa rosso in faccia. In quel caso è meglio non parlargli perché esploderebbe. È capitato poche volte negli anni e ormai sappiamo come prenderlo. Rimane comunque l'idolo irraggiungibile di molte ragazze ... il fascino del maestro!
Finita la lezione vado a docciarmi. Sono sempre una delle ultime, però apprezzo il silenzio dello spogliatoio che si svuota insieme all'odore di shampoo e cloro della piscina.
Guardo l'orologio appeso al muro. Sono già le 18:00.  Mentre mi asciugo vedo la luce del mio cellulare illuminarsi da dentro il borsone. Lo afferro senza esitare <Pronto>
<Marty!>
<Ma chi è?> guardo lo schermo, un numero che non conosco.
<Sono io! Mattia! Corri! Giulia è all'ospedale!>
<All'ospedale? Quale?>
<Molinette! Ti aspetto qui!>
Mentre mi vesto velocemente e tremo come una foglia, sento il cuore battere talmente forte che ho paura di svenire.
Giulia in ospedale? Cazzo!!! Devo muovermi! Ma che c'entra Mattia?!
In quel momento mi rendo conto che mi aveva chiamato senza che ci fossimo mai scambiati i numeri di telefono. Com'era possibile?
Non c'è spazio per domande e risposte e volo a prendere il pullman mentre il cuore non cessa di correre insieme alle mie gambe.
La strada sembra non finire mai e il traffico è intenso. Fuori è già buio.
Quando arrivo a destinazione mi guardo intorno <Eccoti!> Mattia mi viene incontro <L'ha ritrovata uno dei ragazzi della comunità dove lavoro. Appena l'ho riconosciuta ho rintracciato il tuo numero. Ho chiamato a casa tua... credo fosse tua nonna ...>
<Cavolo! Nonna Bice! Non l'ho neanche avvisata!> guardo Mattia sconvolta <Dov'è Giulia?>
<Non credo che sia una bella idea vederla in quello stato>
<Ti ho chiesto dov'è?! Portami da lei!>
<Tra poco arriverà anche sua mamma>
<Voglio vederla!>
<Seguimi>
Mi fa strada e percorriamo quei lunghi corridoi che odorano di medicinali, di malattia e di morte. Ad un certo punto svoltiamo sulla destra e due porte ci dividono da una sala.
<Terapia intensiva? Cosa vuol dire?>
<È entrata in coma>
Gli occhi mi si appannano, mi accascio per terra raso a muro e mi sorreggo incredula la testa tra le mani. Mi manca il fiato per qualche attimo dopodiché scoppio in un pianto isterico <Come è possibile?>
<È stata colpita ripetutamente al volto, quando è caduta deve aver sbattuto la testa.. mi dispiace>
<Le avevo detto di stare attenta! Ma perché?>
Mentre Mattia cerca di rincuorarmi sento dei tacchi picchiettare sui pavimenti. Il rumore si avvicina ed è sempre più assordante <La mia bambina! Dov'è La mia bambina?> Allo stesso momento il medico esce dalla sala e assiste alla scena angosciante della mamma di Giulia.
<Si calmi signora. Lei è la madre?>
<Sì> è fuori di sé. <È in prognosi riservata> il medico si rivolge all'infermiera al suo fianco <Le porti un bicchiere d'acqua>.
Li osservo dal basso del mio angolo, Mattia è in piedi vicino a me.
<Stiamo cercando di fare il possibile. Stia tranquilla. Ha subito un delicato intervento alla testa. Dobbiamo portare pazienza e aspettare>
Vedo la disperazione nel suo volto <Ma come è potuto accadere?> cerca risposta guardando verso di noi
<Non lo so> le lacrime mi impediscono di mettere a fuoco.
<Ma chi l'ha ridotta così?>
Rimango gelata.
<Chiunque sia stato, lo prenderemo presto Signora, non si preoccupi. Adesso ciò che conta è che Giulia si riprenda>
Mattia riesce a mantenere il sangue freddo e la lucidità per risponderle.
Tutto intorno a noi sembra surreale: la mamma di Giulia che non si dà pace e cerca speranza e aiuto dai medici, Giulia che avevo salutato qualche ora prima ora distesa su un letto di ospedale in fin di vita e io e Mattia nel corridoio in balìa degli eventi in attesa di chissà che cosa, forse un miracolo.
<Quel bastardo!> Dentro di me provo un odio indescrivibile <Devi far qualcosa! Non può scamparla così! Non è giusto!> Mi guarda e non dice una parola, io mi alzo in piedi con le poche forze rimastemi e gli urlo contro <Devi aiutarla! Non può finire così!>
Mi stringe in un tenero abbraccio e mi sussurra all'orecchio <schhh, schhh, stai calma> per farmi placare. Rimaniamo così per qualche istante, in attesa che il mio pianto si trasformi in singhiozzo. Chiudo gli occhi tenendo la nuca poggiata sul suo petto e rimango immobile senza distrarmi da quel momento, poi con un filo di voce gli dico <Adesso sono io a parlarti con il cuore in mano>
Continua ad accarezzarmi delicatamente il volto e i capelli e sospira lentamente
<Dimmi... Cosa vuoi che faccia?>

Mettevo il rossetto rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora