Ophelia

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Nell'immagine:
Margaret Glanville

La mattina arrivò più fredda di quanto chiunque avesse immaginato, fu quella la notizia in prima pagina del giornale di quel giorno; nessun assassinio, nessun cadavere, nessun serial killer di cui inorridirsi durante la colazione.

May quella notte dormì sul divano, scaldata da un'unica coperta e con ancora i vestiti del giorno precedente.
Non riuscì a dormire granché, sia per il freddo che penetrò tutta la notte dalla finestra che quel dannato lupo aveva rotto per entrare, sia per il tormento che la bestia potesse liberarsi dalla sua prigionia da un momento all'altro, sia per il dolore al braccio destro.

Quando arrivarono i primi raggi del sole a illuminare interamente la stanza, decise che era giunto il tempo di alzarsi e recarsi con curiosità dal suo aggressore.
Piegò la coperta e se la mise sottobraccio e dopo essersi stropicciata più volte gli occhi per mettere a fuoco ciò che la circondava, si diresse con passo sicuro verso i sotterranei. Quando terminò le numerose scale trovò in fondo alla stanza la robusta cella che quella notte l'aveva salvata.
Al suo interno riverso sul pavimento e a pancia sotto, al posto del grande lupo vi trovò un uomo completamente nudo.

Si avvicinò alla gabbia per nulla sorpresa.
«Ehi!» fece tintinnare le sbarre. «Svegliati!» urlò.

L'uomo ebbe un sussulto e con palese confusione aprì gli occhi. Si guardò intorno disorientato, posando lo sguardo su ogni singolo dettaglio, fino ad arrivare al viso di May.

La pelle del giovane uomo era dorata, leggermente rossastra, ma i suoi capelli, che superavano di un bel po' le spalle, erano così chiari da sembrare quasi raggi argentei della luna.
La donna lo guardò dritto negli occhi e riconobbe quelle iridi gialle che la notte  prima fissò sotto un altro aspetto.

«Dove mi trovo?» domandò lui aggrottando la fronte.
«Chi siete?».

«Dovrei essere io a chiederlo a voi considerato che mi avete quasi uccisa» rispose lei secca.

L'uomo ebbe l'ennesimo sussulto, prima di massaggiarsi dolorosamente la fronte.
Sul viso presentava parecchie ferite e rivoli di sangue, mentre sul corpo numerose cicatrici di ogni genere, specialmente una proprio al centro del petto, piuttosto vasta.

Gli occhi dell'uomo si concentrarono sul braccio di May e fu allora che si alzò per avvicinarsi alle sbarre e stringere le mani intorno a esse.

«Signorina...» disse affranto «mi dispiace immensamente dirvelo, ma sarebbe stato meglio se dopo aver incrociato la vostra strada con la mia io vi avessi realmente ucciso. Sarebbe stato molto meno doloroso per voi».

May aggrottò la fronte non capendo.

L'uomo le indicò il braccio con gli occhi, sul quale spiccavano palesemente tre graffi allineati.
«Quella sarà la vostra rovina, la mia maledizione vi è già stata trasmessa, non c'è nulla che possiate fare adesso».

La donna si apprestò a ricoprire la ferita con la manica del suo vestito.
«Non fate caso a quella, ho già la mia di maledizione, non mi succederà nulla» disse con tranquillità, talmente tanto che l'uomo in cella ne restò scioccato.

«Voi non avete paura di me» disse infatti sorpreso.

May lo osservò lentamente dalla testa ai piedi con aria sfacciata.
«Ci vuole ben altro che un uomo nudo in una cella per intimorirmi» rispose lanciandogli la coperta che stringeva tra le mani.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 19, 2022 ⏰

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