3. Argilla e magia

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Un paio di colpi secchi alla porta di legno lo fecero sobbalzare. Viltor sollevò lo sguardo, perplesso. Non aspettava nessuno quel giorno e se la gente aveva bisogno di lui per qualche lavoro lo veniva a cercare alla bottega.

Si avvicinò guardingo all'ingresso ed esitò qualche secondi, prima di abbassare la maniglia con lentezza.

Incrociò due occhi azzurri, chiari come i suoi, e si immobilizzò.

Aprì di più la porta, continuando a fissare a bocca aperta Dishga.

Erano quindici anni che non la vedeva. Nei primi tempi, si erano tenuti in contatto con il quadernino magico che le aveva regalato, ma poi, per motivi sconosciuti, la sorella non si era più fatta sentire.

Dishga lo osservava tesa, attendendo una sua reazione. Era cambiata tanto. Lo sguardo sereno di una volta era stato sostituito da uno più duro. Portava un cappuccio che le copriva tutta la testa, ma lasciava visibili le rughe causate dalla stanchezza presente sul suo viso.

Si accorse solo dopo un paio di secondi del giovane ragazzo al suo fianco. Socchiuse le palpebre, cercando di capire il motivo della sua visita e della presenza alla sua destra.

Dishga continuò a osservarlo in silenzio e Viltor, con un sospiro, si fece da parte per lasciarli entrare. Con il passare degli anni si era convinto che non l'avrebbe mai più rivista, che Dishga non l'avesse perdonato per averla lasciata. Aveva iniziato a dimenticare il suono della sua voce e il suo odore. Trovarsela davanti alla porta l'aveva colto di sorpresa.

Dishga lo ringraziò con un cenno del capo ed entrò in casa, con una camminata altezzosa, tenendo la schiena ben dritta e la testa alta. Il ragazzo la seguì subito, puntando gli occhi blu su di lui. Viltor si sentì analizzato nel profondo da quello sguardo e inarcò un sopracciglio, reggendo l'esame. Il ragazzo parve ancora più incuriosito da lui.

Interruppe lo scambio di occhiate per controllare che nessuno stesse passando nella strada in quel momento e potesse vedere i nuovi arrivati entrare. Poi, si chiuse la porta dietro.

Dishga si fermò nel centro della stanza e si levò il cappuccio, rivelando una chioma di capelli argentei, come i suoi occhi quando usava la magia. Viltor si fermò di colpo e rimase a fissarla sempre più perplesso. Dishga era troppo giovane per avere già così tanti capelli bianchi e non credeva che il marito le avrebbe mai permesso di girare per le terre di Daktsee da sola.

«Mi sei mancato, fratello» mormorò lei, raggiungendolo per abbracciarlo.

Viltor la avvolse tra le sue braccia, mentre il suo sguardo tornava a posarsi sul ragazzo fermo vicino a loro intento a osservarli con un'espressione impassibile.

«Cosa ti porta qui?» chiese, staccandosi per guardarla in viso.

Dishga gli sorrise, mentre scuoteva la testa, ma Viltor notò che non aveva più il sorriso raggiante di un tempo, non le si illuminavano più gli occhi come accadeva quando scherzavano da giovani. «Non sei cambiato affatto. Non serve passare sempre e subito ai fatti» mormorò, con tono ironico.

Viltor chinò la testa, colpevole e li guidò fino al tavolo della cucina, dove li fece accomodare.

Dishga si guardò intorno e studiò la casa, a lei sconosciuta. Con un sospiro, si fermò accanto alla sedia, senza sedersi. «Sono cambiate parecchie cose in questi anni. Sono qui per chiederti un favore enorme» iniziò, scostando il mantello e rivelando un piccolo fagotto.

Viltor corrugò le sopracciglia e raddrizzò la schiena, allontanandosi da lei. «È un...bambino?!».

«È una femmina. Si chiama Noreen» lo corresse, sorridendo con amore alla fanciulla, che aveva mosso le manine risvegliata dai movimenti della madre.

I Draghi delle Regine - raccolta di novelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora