13. Cuscini ed esitazioni

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Katla salì in fretta le scale della taverna e raggiunse la porta della stanza che avrebbe dovuto condividere con Kateur. Strinse con forza la chiave che aveva in mano, maledicendo Sygal e le sue stupide idee. Udì i passi dei compagni e si affrettò a inserire la chiave nella toppa e girarla con mosse frenetiche. Spalancò la porta di colpo e si fiondò all'interno della stanza. La tentazione di chiudere Kateur fuori tutta la notte era forte, ma per qualche ragione riuscì a controllarsi. Dopotutto, preferiva dover essere rinchiusa in quella piccola e buia stanza in una città di umani con lui piuttosto che da sola.

Adocchiò l'unico letto presente e ci si lasciò cadere sopra. Kateur poteva scordarselo che avrebbe accettato a dormire insieme a lei. Poteva anche passare la notte a terra con una coperta, per quanto la riguardava.

Serrò le palpebre non appena sentì la porta chiudersi e il rumore dei suoi stivali. Se avesse finto di dormire, forse non sarebbe stata costretta a parlargli.

«Puoi sognartelo che mi comporti da gentiluomo e ti lasci il letto tutto per te» proruppe lui.

Katla spalancò un occhio e incrociò il suo sguardo seccato. Si era fermato a poca distanza da lei e la stava scrutando dall'alto, con le sopracciglia aggrottate e le braccia incrociate al petto, in attesa di una sua risposta.

Katla si raddrizzò con un gesto brusco. «Non dormirò con te» sbottò. Non si alzò in piedi, per non mettere in evidenza la differenza di altezza. Odiava che fosse così tanto più imponente di lei. Gli dava il permesso di fissarla dall'alto in basso, con aria di superiorità. Inoltre, le precludeva la possibilità di mostrarsi minacciosa come avrebbe voluto.

«Puoi accomodarti sul pavimento, allora». Kateur si avvicinò di un passo, per sedersi a sua volta sul materasso, ma Katla si spostò, per impedirglielo.

Lui lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e sospirò, con aria stanca. «Smettila di fare la bambina».

Katla serrò le dita, irritata. Non aveva nessun diritto di chiamarla in quel modo. Oltretutto, aveva solo un paio di anni più di lei. Si limitò a fissarlo, sapendo che ciò l'avrebbe innervosito. Kateur, infatti, serrò la mandibola. Rimase immobile per alcuni secondi, come meditando sul da farsi. Poi, l'afferrò per le ascelle e la sollevò di peso dal letto, adagiandola a terra senza particolare gentilezza.

Katla si rialzò subito in piedi. «Ma come osi?!». Gli serrò le dita intorno a un polso, con l'intenzione di farlo alzare dal materasso, ma Kateur si sdraiò, tirandola giù con sé. Lasciò la presa, prima di cadergli addosso e agguantò il cuscino. Si mise a cavalcioni su di lui e gli schiaffò in faccia la sua nuova arma. Premette con tutte le sue forze, stringendogli le cosce intorno al busto, per evitare che riuscisse a levarsela di dosso. Kateur le strinse i polsi, mentre tentava di allontanarla da sé.

«Katla, ma che...» mugugnò, da sotto la federa. Riuscì a strapparle il cuscino dalle mani e lo lanciò via. Si udì un tonfo provenire da qualche parte della stanza. Prima che se ne rendesse conto, la sollevò di peso e se la caricò su una spalla, mentre si alzava dal letto. Si dimenò, invano.

«Tu passi la notte chiusa in bagno!» sbottò, rimettendola a terra. Uscì dal bagno e chiuse la porta dietro di sé con foga. Katla afferrò la maniglia e iniziò a tirare, per non permettergli di rinchiuderla nella piccola stanza. Si fermò e si concentrò per capire se si fosse allontanato o meno.

«Kateur, apri! Prometto di non provare più a soffocarti» gridò, tempestando di pugni la porta.

Si interruppe un secondo. «Kateur!» urlò ancora, ma dall'altra parte non giungeva alcun suono.

«Per favore» mormorò, arretrando di un passo. Si passò una mano tra i capelli biondi, nervosa. Odiava di doverlo supplicare, ma le piaceva ancora meno ritrovarsi in luoghi stretti e bui. Il lato più selvaggio di lei si sentiva in gabbia.

I Draghi delle Regine - raccolta di novelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora