4. Solitudine e foreste

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Pess rallentò il battito delle ali e le piegò di poco in avanti, per rallentare la discesa. Allungò le zampe blu e gli artigli affilati e li strinse, artigliando la terra, non appena toccò il terreno umido del bosco.

Dilatò le narici e annusò l'aria intorno, sondando l'ambiente. Non avendo rilevato alcun pericolo, richiuse le ali e lasciò cadere per terra la sacca che si era portato per tutto il viaggio.

In un secondo, il corpo mutò e tornò umano. Afferrò in fretta lo zaino e si infilò i vestiti, mentre i suoi occhi si spostavano frenetici per analizzare il bosco intorno a sé.

Una volta coperte le sue nudità, si incamminò tra gli alberi.

Era partito una settimana prima da casa di Viltor, dopo aver deciso di trovare un luogo il più isolato possibile dove vivere. Aveva mal sopportato la permanenza a Ezner, fin dal primo giorno. Non si era illuso neanche per un attimo di aver trovato il posto giusto. Odiava tutta quella confusione e il modo in cui le persone apparivano uguali per anni. Lui in pochi mesi invecchiava e cresceva e sia lui che Viltor avevano vissuto con il timore che qualcuno facesse domande sul suo cambiamento repentino.

Era stato solo un anno e mezzo con Viltor e gli era bastato per capire che l'unico luogo dove avrebbe potuto vivere in pace era in mezzo ai boschi, isolato da tutti, dove avrebbe potuto liberare la sua seconda natura senza preoccuparsi di fare del male alle persone e dove nessuno avrebbe notato la sua crescita inusuale.

Arrivò in una radura deserta e si guardò intorno. Aveva individuato quel punto sorvolando ad alta quota le foreste delle montagne di Bellinkut. Si trovava vicino a un villaggio, in caso ne avesse bisogno, ma non troppo da rischiare che le persone gli dessero fastidio. Gli era sembrato da subito perfetto. Il suo istinto l'aveva spinto ad atterrare per dare un'occhiata e aveva obbedito. Si fidava di ciò che gli diceva la parte più irrazionale di lui, malgrado la tollerasse a stento.

Dopo aver fatto scorrere gli occhi su tutta la radura, alzò una mano e richiamò il suo potere. La magia agì, sradicando alcuni alberi nei dintorni e iniziando a modellarli, per costruire una casa.

Pess sbuffò, avvertendo le energie che lo abbandonavano, consumate dall'incantesimo. Il suo primo obiettivo sarebbe stato fortificare il proprio corpo ed esercitarsi di più con la magia. Non essendo più a Ezner, non era più costretto a limitarsi.

Una piccola abitazione in legno prese forma. Nella sua mente l'aveva immaginata con due stanze. Per il momento, si sarebbe accontentato. Poi, si sarebbe occupato di ampliarla e renderla più bella e confortevole.

Gli era dispiaciuto dire addio all'uomo che l'aveva accolto nella sua dimora e gli aveva insegnato a padroneggiare la magia. Con ancora più afflizione si era allontanato da sua sorella. Noreen non aveva ancora compiuto i due anni, ma sapeva di averla lasciata in buone mani. Viltor l'avrebbe cresciuta con amore, senza farle mancare nulla.

Dallo zio aveva trovato per la prima volta un luogo da chiamare casa. Era cresciuto a Noosh, senza sapere cosa significasse sentirsi a proprio agio o parte di un gruppo. Tutti lo guardavano con indifferenza e quella freddezza lo aveva portato a isolarsi e a perdere il coraggio per provare a legare con qualcuno. I suoi coetanei, da parte loro, non avevano mai fatto il primo passo.

Dishga aveva passato molto tempo a capire cosa fosse e aveva trovato risposta sfogliando un manuale antico.

Semidrago. Una sola parola che firmava la sua condanna e gli impediva di avere una vita normale.

Aveva imparato in fretta che non c'era spazio per lui sull'isola, come da nessuna altra parte. Quel mondo non era fatto per lui, ma forse, tra quelle montagne avrebbe trovato un po' di pace.

I Draghi delle Regine - raccolta di novelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora