322 giorni al 7 luglio
Quel venerdì arrivò con una lentezza infinita, Izuku aveva avuto l'impressione che il tempo avesse smesso di correre per ripartire di fretta quando si era reso conto di essere in ritardo e di non sapere ancora cosa mettere addosso.
Shoto cercava di aiutarlo in tutti i modi, ma i commenti erano sempre gli stessi: "troppo formale", "troppo casual", "sembro un bambino", "ora sembro il mio professore del liceo".
Lo scrittore sbuffò disperato all'ennesimo outfit scartato, Izuku aveva la fronte contro la parete e borbottava cose tipo "ora lo chiamo e gli dico che sto male".
«Per fortuna non è un appuntamento», commentò Shoto con tono sarcastico. «In quel caso saremmo davvero fregati.»
«Ah, ma piantala», Izuku voltò la testa per fulminare l'amico. «Tu hai mobilitato tre quarti della tua famiglia per la tua uscita con Eijiro.»
Le orecchie di Shoto diventarono incredibilmente rosse.
«Non è stato...insomma...», farfugliò distogliendo lo sguardo. «Abbiamo fatto una passeggiata e parlato molto. Tutto qui.»
«Sì, sì. Certo.»
Lo prendeva in giro affettuosamente, la verità era che Eijiro sembrava essere un angelo del paradiso caduto direttamente tra le braccia di Shoto ed Izuku non poteva essere più felice per lui.
Eijiro doveva aver capito quanto Shoto fosse incapace con le relazioni e quanti problemi avesse col contatto fisico; non lo aveva mai sfiorato, non aveva cercato di baciarlo, non lo aveva forzato a fare niente che l'altro non volesse fare.
Avevano preso un gelato, parlato fino a notte fonda e lo aveva riaccompagnato a casa salutandolo con un bacio sulla guancia dopo avergli chiesto se per lui andasse bene.
«Yo! Terra chiama Shoto!»
Il bicolore sobbalzò leggermente, poi corrugò la fronte esausto di fronte alle dita di Izuku che sventolavano davanti ai suoi occhi.
«Senti, te l'ho già detto! A me piacciono i jeans blu scuro e la camicia grigia. Non è troppo elegante e non sembri nemmeno uno scappato di casa.»
Lo sguardo di Izuku cadde sulla montagna di vestiti ammassati sul letto, poi sbuffò e si decise a seguire il consiglio dell'amico.
Uscì di casa quaranta minuti dopo, Katsuki lo aspettava già da dieci ed aveva la vaga impressione che lo avrebbe ucciso se avesse potuto.
Lo vide poggiato ad una macchina sportiva nero opaca, teneva una gamba piegata e lo sguardo basso sullo schermo del cellulare.
Indossava un paio di jeans neri aderenti strappati in alcuni punti ed una camicia dello stesso colore aperta su una canottiera bianca.
Alzò lo sguardo sentendo il portone chiudersi, nei suoi occhi c'era l'omicidio puro.
«Giuro che se la prossima volta mi fai aspettare più di trenta secondi, me ne vado.»
Izuku abbozzò un sorriso e si avvicinò a lui con uno sguardo innocente.
«Hai già deciso che ci sarà una prossima volta?»
L'omicidio nelle iridi scarlatte divenne un massacro brutale.
«Sali, idiota.»
Durante il tragitto parlarono poco, per lo più Izuku si sforzava di non fissare Katsuki mentre guidava.
Era perfettamente a proprio agio, come se non facesse altro nella vita. La mano sinistra teneva il volante, le dita vi picchiettavano sopra di tanto in tanto a tempo di musica, la destra era abbandonata sul cambio ed Izuku si era ritrovato a seguire con gli occhi le vene che risalivano lungo l'avambraccio e sparivano sotto le maniche arrotolate della camicia.
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Written in the stars
FanfictionIzuku Midoriya sembra un ragazzo come tanti: ha ventitré anni, studia all'accademia d'arte di Tokyo e divide un appartamento con Shoto Todoroki, il suo migliore amico. All'apparenza conduce una vita del tutto ordinaria, la verità è che nel suo corpo...