Capitolo Quattro

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La mattina seguente (una mattina brillante, con un sole che si riflette sull'oceano come se volesse imitare il luccichio di perle e diamanti) Louis passa accanto a Niall tentando di essere il più naturale possibile, lo supera, esita per un leggero ondeggiare della nave, continua a camminare. I raggi gli accarezzano il viso con dolcezza, riscaldando la sua pelle abbronzata, la brezza del mare aperto gli scompiglia i capelli. È in balia del mondo, da un mese e più, non vede terra e non gli manca, come se Louis non fosse nato a Londra o su qualsiasi continente, ma fosse emerso dalla schiuma delle onde, o comparso, un giorno, da una spaccatura sul fondo dell'oceano. Casa sua è un incubo, ora lo vede chiaramente, nelle sue tinte scure e costrittive, che si sta sbiadendo.

Inizia a contare, la schiena tesa, incespicando sui numeri come un bambino, preso improvvisamente da un'ansia febbrile. Uno. Due. Tr-

"Damerino? Abbiamo lezione."

I piedi di Louis si fermano, esitano, lasciano che il sartiame cigoli mentre non muove un passo. Volta piano il capo e tenta di dire nel tono più disinvolto che conosce:

"Il capitano mi ha chiesto di lucidare la polena."

"Ma l'hai già fatto" protesta il secondo, e Louis si morde la lingua. L'aveva detto, ad Harry, che quella scusa non avrebbe funzionato, che Niall era minuziosamente informato di tutto quello che succedeva sulla nave, ma non erano esattamente concentrati nel trovare un'idea migliore, in quel momento, nessuno dei due. Quindi, Louis non sa che dire e Niall lo incoraggia con un gesto: "Dai, lascia perdere e levati la casacca."

Ecco, quello poteva essere un problema.

La sera prima, sotto sua richiesta (cosa che stupiva ancora Louis, vista quella genuina accondiscendenza), Harry aveva adagiato la casacca in terra, nel buio, l'aveva stretto con dita sicure, Louis che ancora tremava per quello che era appena successo, e aveva iniziato a lasciare baci caldi su tutto il busto, mordicchiando non appena Louis aveva smesso di rabbrividire al contatto nuovo, ancora inesplorato, che aveva velocemente surclassato quella improvvisa stanchezza. Gli aveva stretto i capelli, tenendogli i riccioli lunghi tra le dita, ed Harry aveva fatto un mugolio d'apprezzamento prima di farsi più vicino, il naso affondato nella curva dei muscoli. Era risalito lentamente, mentre Louis veniva a patti con brividi e tremiti, un grumoso calore al ventre che si muoveva nuovamente in lui ogni volta che il capitano ritornava con le labbra sulla pelle, quasi gentile, quasi paziente, al contrario di quello che era successo prima. Era come se in quei momenti Louis entrasse in un mondo in cui la sua testa navigava lentamente, staccata dal corpo, in flutti morbidi e confusi, la sua bocca e le sue mani operavano diversamente, non percepiva il freddo o la spossatezza o il disagio, niente di tutto questo. Quelle sensazioni arrivavano dopo, quando artigliava nuovamente la realtà, ma mai durante l'atto, o almeno non ancora. Non gli era mai successo.

"Domani" aveva iniziato, ma Harry aveva premuto le labbra morbide contro l'angolo delle sue, e si era dimenticato di continuare. L'altro aveva terminato per lui:

"Domani ci preoccuperemo, monsieur. Ora ho tutta la notte per tracciarti come mi hai chiesto così gentilmente, cosa di cui non credevo fossi capace. Hai freddo?"

Tracciarti. La parola era rimasta bloccata nelle sue orecchie, sotto le sue unghie, come una nave tra gli scogli durante le mareggiate. Louis si era piegato contro la curva del suo petto per potersi nascondere dalle stelle: "No."

"Bene" aveva sentito, poi un bacio sotto l'orecchio, sul collo, fino alla spalla. Louis sentiva ancora le sue labbra ovunque, dall'ombelico in su, ombre leggere, passi esperti, di chi aveva osservato e sapeva dove andare, guidato da un istinto che Louis non credeva si potesse possedere, in grado di vedere sentieri invisibili.

Once Upon a Poisoned Heart ||L.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora