6. superpoteri

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La mattina seguente mi svegliai con un peso alla testa, incapace di comprendere che cosa mi fosse successo. Perché dormivo da quella parte del letto? Perché anche l'altra era usata?
Un fulmine mi attraversò i pensieri, illuminandoli.

"Sonia!" ruggii con un filo di voce, memore dell'inganno con cui mi aveva abbindolato alcune ore prima.
Rispose solo la mia eco. La ragazza se n'era andata, senza dirmi nulla. Volatilizzata come suo solito.
Per sua fortuna.

Nella mia casa non trovai nulla che potesse far pensare alla sua presenza la sera precedente. Aveva smantellato le trappole e non era neppure uscita dalla porta principale, visto che era chiusa dall'interno... Da una finestra forse? Erano tutte chiuse. Come diavolo faceva?

Nemmeno pistola e pugnale erano rimasti sotto il cuscino. A ricordo della nostra serata solo le lenzuola stropicciate nella parte del letto su cui si era distesa. E probabilmente qualche cimice per tenermi controllato.

Gli insetti non mi sono mai stati antipatici, ma in quel momento dovevo proprio ammettere che avevano superato il limite della mia tolleranza.
Sospirai ed entrai in bagno.

All'interno del vano della doccia trovai un bigliettino attaccato al vetro. Sapeva evidentemente anche delle mie abitudini.
Chi era lo stalker adesso?

Sorrisi per nascondere il disagio che provavo. C'era scritto: 

Grazie per la serata. Non è stata focosa come ci aspettavamo, ma almeno è servita per chiarire le idee.

A chi? A me le aveva solo confuse. Chiunque avesse letto quel biglietto molto probabilmente non avrebbe sospettato di nulla, se non di un'avventura notturna finita alla meno peggio. No, finita proprio male.

Sonia continuava a torturare il mio amor proprio, ma sapeva come condurre il gioco contro l'ispettore, su questo non c'erano dubbi.

E io? Che cosa potevo fare nella mia situazione? Mi sarebbe piaciuto molto gettare la spugna; tuttavia Sonia non mi avrebbe di certo lasciato in pace e men che meno Simon, non dopo la notte che avevo trascorso con la ricercata. C'era anche il fatto che desideravo far pagare a Sonia i suoi scherzi di cattivo gusto, quel bacio traditore...

Decisi di attuare il piano progettato da Simon; perché non aggiungere ancora un po' di adrenalina alla mia vita, dopotutto? Come se non avessi abbastanza grane!

Quello che mi iniettava cocciutaggine purae spirito di rivalsa nelle vene era un semplice fatto: quella donna si era presa gioco di me invadendo la mia vita e i miei spazi senza alcuna spiegazione. Conosceva evidentemente tutto di me, ma pretendeva di rimanere un fantasma senza spessore nei miei ricordi. Non era così che si chiedeva un favore.

L'altro motivo di profonda avversità consisteva nella conclusione a cui ero giunto da pochissimo: Sonia mi piaceva. Mi piaceva molto. Strano, molto strano. Ma la vita va così per chi non riesce a gestirla.
Gettai la testa sotto l'acqua fredda affinché mi scrollasse tutti i grattacapi di dosso. Quando uscii da quella doccia ero completamente un altro Mike. Come se ce ne fosse uno vero fin dall'inizio... Sorrisi al pensiero.

Visto che dovevo presentarmi al Caesar casinò mi rasai la barba quel tanto che bastava perché fosse in ordine e aggiustai i capelli nella forma e posizione che volevo con del gel. Un bel damerino da casinò commentai aspramente allo specchio.

Non mi tolsi l'orecchino dal lobo sinistro però. Non me lo sarei tolto per nulla al mondo. In fondo avrei dovuto solo presentarmi, porgere il curriculum e sperare di essere assunto il più presto possibile.

Sapevo che erano in cerca di personale e il mio passato mi offriva una certa esperienza nel campo... Se volevo, potevo sorprenderli. Tuttavia non dovevo dare troppo nell'occhio per non sembrare sospetto e rivelare il mio grigio passato, che avevo così faticosamente cancellato. Specie in quel luogo. 

Simon, tra tutti i posti in cui potevi mandarmi, hai proprio scelto quell'inferno. Mi passai nuovamente dell'acqua fresca sul viso, sempre per scacciare brutti pensieri. Piccoli atti scaramantici antistress.

Sul tavolo della cucina, prima di partire, trovai le chiavi di casa e il portafoglio per cui il giorno prima tanto mi ero affannato. Sarebbe valsa la pena chiudere la porta a chiave con quei due? La serrai comunque per precauzione e, una volta salito in macchina, tirai un ulteriore sospiro di sollievo. Ero fuori da quella trincea che poche ore prima chiamavo casa mia.

Non fu una lunga libertà. Sulla mia spalla si posò una mano.

Rischiai l'infarto nuovamente. Questa volta però mi voltai, disposto ad affrontare anche il più pericoloso degli squinternati indemoniati: ne avevo avuto abbastanza di tutte quelle confidenze inquietanti...

Quando sul sedile posteriore trovai seduto Simon, non mi stupii affatto. Dopotutto era alla ricerca di Sonia, era inevitabile che ormai sapesse per filo e per segno tutti i suoi movimenti. Quello che non comprendevo era come non riuscisse a catturarla, vista la sua onnipresenza. A dire la verità entrambi erano capaci di trovarsi ovunque e da nessuna parte, quando volevano. Dev'essere comodo il teletrasporto... non per chi si vedeva apparire dal nulla una persona davanti, però.

Mi concentrai sul desiderio di saltargli addosso e sbranarlo, mantenendo un'espressione del tutto innocua. Probabilmente Simon intuì quello a cui stavo pensando. Si limitò a constatare: "È stata dura passare una notte con quella donna?"

Allibito dalla sua perspicacia, tornai a guardare oltre il parabrezza e misi in moto: "Se vuoi venire con me al Caesar casinò fai pure, altrimenti scendi. Non sono in vena di parlare."
"L'avevo intuito, hai la luna storta oggi. Deve avertela fatta sotto il naso, quella gatta. Allora, Mike, come te l'ha fatta bere?"

Ancora una volta mi meravigliai di quanto fosse andato vicino alla verità. Ma in fondo era un investigatore, non c'erano segreti per lui.
Nemmeno la mia macchina ne ha, pensai amaramente nel mio ininterrotto e cinico monologo mentale.

Non parlammo più, ognuno abbarbicato sulla propria rupe di cupi pensieri. L'investigatore nemmeno tentò di constatare da quale parte stessi. Era chiaro che avevo il piede in due scarpe. E non due scarpe qualunque: al loro interno c'erano piantati mille chiodi.

Simon scese a tre minuti dall'arrivo al Caesar casinò, quando si poteva già osservare da lontano l'insegna ammaliatrice multicolore. Proseguii senza aver la benché minima voglia di sottopormi al colloquio che probabilmente sarebbe seguito alla mia presentazione.

Al parcheggio dedicai il tempo rimanente a una veloce revisione della mia infedele vettura (pregando che al bar, nel giorno di chiusura, non capitasse nulla). Non sembrava che l'ispettore avesse scassinato alcuna delle serrature. Doveva quindi per forza trattarsi del dono dell'ubiquità, conclusi, convinto per la prima volta dell'esistenza di superpoteri in quest'epoca, su questa Terra. Mi soffermai a osservare la mia immagine sul finestrino.

"Un babbano," senza alcun dubbio constatai con una smorfia delusa, "e decisamente stupido per giunta." Sul mio viso non c'era assolutamente nulla di speciale, solo una piccola cicatrice che mi spaccava un sopracciglio, ricordo lontano di un buio passato.

L'inclemente scansione che mi fecero due occhi di un verde pallido era inequivocabile: niente superpoteri, solo Mike. E proprio quel Mike si trovava in mezzo a due fuochi, senza acqua, senza idee.

"Solo me, come sempre. Che bellezza!"
Mi passai una mano tra i capelli, scompigliandoli leggermente: "Ora va meglio. Posso affrontare tutto".

Controllai per ultimo che l'orecchino fosse sempre al suo posto assieme al ricordo cui era legato. Ci tenevo troppo, anche se ultimamente non mi dava altro che problemi. Perché sicuramente l'arrivo di Simon significava rispolverare quanto avevo faticosamente lasciato alle spalle. E l'orecchino, su questo, mi era testimone.

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