9. Muro di silenzio

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I giorni di allenamento andavamo molto meglio per Izuku. Adesso sapeva dove posizionare in campo quei dannati coni colorati che ogni volta lo facevano impazzire e cominciava a conoscere le regole del gioco. Si era informato sia a casa sia durante le pause pranzo grazie a Shoto, a cui chiedeva di spiegargli come quelle regole venivano messe in pratica. Shoto, infatti, partecipava spesso alle partite quando veniva convocato dall'allenatore, anche se non succedeva spesso visto che partecipava ad altre attività extrascolastiche.

"Tuo padre?" gli aveva chiesto Izuku, credendo di non aver capito bene.
"Si, Enji Todoroki" rispose il ragazzo dai capelli bicromati.
Izuku neanche sapeva che quello fosse il nome completo dell'allenatore della squadra.
"Non sapevo fosse tuo padre! In effetti se ci penso bene siete molto simili" si fermò pensandoci meglio e continuò "Al livello estetico!" alzò le mani davanti a sé come per scusarsi di aver definito "simili" i loro due caratteri completamente opposti.
"Tranquillo. Non vado molto d'accordo con lui al momento. Vivo con mia madre e i miei fratelli."
Dal tono delle sue parole, Izuku capì che non era sicuramente un bel tasto da toccare.
"Beh se può consolarti mio padre lo ricordo a stento." Si strinse inconsapevolmente il polso sotto il banco, sapendo di star mentendo, in parte. Si sentì un po' in colpa in realtà. Shoto era un ragazzo gentile, timido ma sempre disponibile, inoltre sentiva di potersi fidare di lui. Ma non era ancora pronto a raccontare il suo passato che lo tormentava tutti i giorni, nonostante cercasse di tenere quella porta chiusa nella sua testa.
"Anche tu vivi con tua madre?" chiese il ragazzo in risposta.
Izuku annuì "E il mio patrigno. Ma per me è come un padre, mi ha cresciuto da quando avevo pochi anni."
Vennero poi interrotti da Ochaco e Iida che si sedettero con loro per pranzare, reclamando il tortino al cioccolato del dessert che quel giorno per loro sembrava più buono del solito, e, dopo uno sguardo di intesa tra entrambi a rimanere in silenzio, il discorso fu lasciato in sospeso e si tornò a parlare di dolci.

Izuku aveva capito anche chi nella squadra ricopriva un determinato ruolo e, da ciò, che sicuramente quello di Katsuki Bakugo era il più importante di tutti. Lui era il capitano, ma non solo, era anche decisamente il più forte. Era come il quarterback nel football americano. Il libero nella pallavolo. L'attore protagonista durante uno spettacolo teatrale. Sapeva portare avanti la squadra, sapeva motivarli a fare sempre meglio e tutti contavano su di lui. Era un diamante che brillava. Izuku quasi si incantava a guardarlo giocare. Sembrava un'altra persona finché non apriva bocca per insultare qualcuno.

Diciamo che si incantava soprattutto a guardare le sue braccia perfette, così come i suoi addominali appiccicati alla maglietta sudata e ogni volta che succedeva distoglieva lo sguardo per paura di essere visto, mentre arrossiva spudoratamente per la vergogna.
Era il caso di ammettere a se stesso che gli sembrava avesse un fisico davvero perfetto. Ma non di ammettere che molto probabilmente ne era attratto.
Ad Izuku non erano mai interessante le ragazze, in quel senso. In realtà non ci aveva mai pensato. Non si era mai innamorato di nessuno, né aveva provato interesse per qualcuno, forse per paura di essere semplicemente usato o tradito, così come facevano tutti da sempre. La maggior parte delle volte si sentiva sbagliato proprio per questo motivo e raccontava finte bugie di finte cotte solo per sentirsi partecipe di qualcosa che in realtà non aveva mai vissuto. Era completamente inesperto su quei sentimenti, conosceva solo il lato brutto e violento dell'amore.

Purtroppo, il loro rapporto non era migliorato per niente. I due non si era più rivolti la parola da quell'ultima volta negli spogliatoi. E mentre durante gli allenamenti non erano costretti neanche a guardarsi, le ore di ripetizione di matematica erano soffocanti. Durante quel tempo, Katsuki se ne stava con la testa poggiata sul suo banco e le cuffie nelle orecchie ad ascoltare musica ad alto volume. Al termine dei centoventi minuti in cui teoricamente avrebbero dovuto ripetere insieme qualche esercizio, come con una sveglia impostata nella sua testa il biondo si alzava dal banco, raccoglieva la sua borsa blu e scompariva fuori dall'aula ovviamente senza neanche salutarlo.

Izuku dal canto suo non sapeva come scavalcare quella montagna di indifferenza. Nonostante fosse sempre un po' offeso con il biondo per quello che era successo e anche un po' timoroso, aveva cominciato a comprendere certi suoi atteggiamenti e sicuramente quello era un modo per dire che voleva essere lasciato in pace.

Passarono così le settimane senza alcun cambiamento e la prima partita dell'anno scolastico si stava avvicinando. I ragazzi della squadra intensificavano il loro allenamento e così anche le cheerleaders.
"Midoriya, quante volte devo dirti che devi seguire i miei movimenti. Non puoi rimanere fermo, segui me e non ti perderai mai!"
La voce di Aoyama lo rimproverava come ogni volta nell'ultima ora. Era l'unico ragazzo, insieme ad Izuku, a far parte delle cheerleaders. Lo trovava molto particolare, sembrava che quando si muovesse, volesse accendere un'aurea quasi abbagliante intorno a sé e al verdino stare con lui faceva molto ridere.
Forse mai quanto faceva ridere lui, con quella divisa dei colori della squadra addosso, in mano due ammassi di stoffa morbida e fastidiosa, mentre cercava di andare al ritmo della musica e non sbagliare i passi della coreografia, cosa praticamente impossibile. A dimostrarlo erano le urla del ragazzo luminoso e il sorriso beffardo di Katsuki che non perdeva l'occasione per farsi due risate sotto i baffi mentre guardare i danni che faceva quel broccolo verde scoordinato.

Anche quest'ultimo in realtà era molto incuriosito da quel ragazzo, ma non lo avrebbe mai ammesso a se stesso. Prima di ogni cosa lo aveva sorpreso come avesse reagito davanti alla punizione e soprattutto davanti al suo comportamento schivo e menefreghista per tutti quei giorni. Si vedeva che parlargli e guardarlo lo terrorizzava, ma lo aveva beccato diverse volte a fissarlo e a provare anche solo a porgergli durante gli allenamenti una bottiglia d'acqua senza successo. Nonostante questo, nonostante il suo perenne rifiuto anche solo di salutarlo, si era dato da fare per tutta la squadra in egual modo e i suoi compagni sembrava si fossero abituati alla sua presenza fissa durante gli allenamenti, come un portafortuna. Questo lo infastidiva e aveva fatto innalzare sempre più in alto quel muro di insulti mentali e soffocata invidia.

E mentre Midoriya cerca di imparare a non inciampare sui suoi stessi piedi, il giorno della partita arrivò troppo velocemente. Tutta la scuola era in trepidazione. La partita si sarebbe giocata in casa e gli spalti del palazzetto straripavano della tifoseria nera-arancio come un mare pronto ad esplodere in tempesta. Le cheerleaders fecero il loro ingresso e l'aria si riempì di musica ed entusiasmo.

Izuku non aveva mai provato una cosa del genere. Tutta l'ansia e il terrore si erano trasformati in pura adrenalina e ne era assuefatto. Si era dimenticato del panico legato a tutte le persone che lo guardavano, si dimenticò persino che era vestito con un assurdo completo glitterato. In quel momento sapeva che il meglio che poteva fare era sorridere e seguire a mena dito tutte le mosse di Aoyama davanti a lui.

Dopo la conclusione ad effetto della coreografia e l'ingresso di Iida nascosto sotto strati di stoffa del suo costume da mascotte, fece la sua entrata tutta la squadra, accolta da cori di incoraggiamento. Per ultimo ma non meno acclamato arrivò anche il capitano.

In quel momento i loro sguardi si incrociarono solo per un secondo dopo giorni di totale nulla. Izuku non capì cosa volessero dirgli quegli occhi rubino e Katsuki non sapeva neanche perché avesse cercato quegli smeraldi verdi, ma sapeva che quel verdino lo avrebbe guardato e questo lo spingeva a dimostrargli che lui sarebbe stato il migliore e che nessuno sarebbe riuscito a rubargli la palla.

La partita cominciò e il palazzetto esplose. Tutto sembrava andare per il meglio durante il primo tempo. La squadra di casa vinceva con un buon distacco dall'avversaria. Tutto sarebbe andato bene, se solo il capitano non si fosse fatto espellere.

SlamDunk ~ BakuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora