Capitolo tre.

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Ogni certezza, ogni scudo che avevo costruito, ogni speranza di dimenticare il passato erano svaniti nel nulla solo grazie alle parole di Michael. Non poteva tornare così, dal nulla, e chiedermi se Summer era sua figlia. Sì, cazzo. Era dannatamente sua figlia. Avevano lo stesso sangue, avevano un legame di parentela alquanto fitto, ma non avrei mai dato a Michael la soddisfazione di crescere sua figlia dopo quello che mi aveva fatto.

"Che diamine stai dicendo, Mikey?" Balbettai, rendendomi conto di come l'avessi chiamato. Scossi la testa velocemente, tornando in me.

"Ah, quindi mi chiami ancora così, Jack?" Domandò, con un ghigno improvviso sul volto.

"Non chiamarmi così." Sbottai. "Ormai non ha nemmeno più senso il fatto che io ti abbia chiamato Mikey e che tu mi abbia chiamata Jack." Arricciai le labbra, a malincuore per ciò che stessi dicendo davanti a Michael.

"Perché dici questo?" Si portò una mano ai capelli, cercando di sembrare il più calmo possibile. "Diamine, Jackie. Non ti sto chiedendo l'America, ti sto solo chiedendo se Summer è mia figlia." Si impuntò alzando le sopracciglia e dilatando gli occhi, tanto che potei vedere il suo piercing sul sopracciglio.

Ebbi un leggero rimpianto, ma cacciai quel pensiero dalla mia mente. Lui non doveva sapere.

"No, Michael." Dissi. "Cosa ti fa lontanamente pensare che Summer sia tua figlia?" Domandai con disinvoltura.

"Forse il fatto che l'hai chiamata Summer, la sua carnagione. Il suo sorriso." Disse specificando l'ultimo elemento. "Io e te ci siamo conosciuti in estate. Ti ricordi, Jack? Quell'estate piena di ricordi?"

Eccome se mi ricordavo. Erano i ricordi più belli che avevo di Michael. Quell'estate in cui ci conoscemmo. Momenti magici, indimenticabili, incancellabili.

"Il tempo e le ferite aggiustano le cose. E io mi sono dimenticata di tutto, Michael, tutto." Sbuffai non con eccessivo rumore. "Ho dimenticato ciò che c'era fra di noi da quando ho scoperto che per te c'era sempre stata Marie.. E poi..."

"E poi cosa?" Domandò sbigottito. Diamine Michael, non rendere il tutto più difficile.

"E poi me ne sono andata a Dallas, e non ho più voluto avere niente a che fare nè con te, nè con Luke, Calum o Ashton. Volevo solo chiudere con la vita di Detroit." Cominciarono a lacrimarmi gli occhi, e il mio cervello decise che quello fosse il momento ideale per sfogarmi. Con Michael.

"Dio Jackie, non ti rendi conto? A me è sempre importato di te, sempre!" Era disperato. Ma non volevo dargli ulteriori soddisfazioni.

"Io ti amavo, Michael! Io ti amavo fottutamente! Eri l'unica cosa che riuscisse a portarmi avanti, nonostante avessi il mondo contro. Eri più importante di tutto il resto. Io con te sentivo di avere tutto anche se in realtà non avevo niente!" Urlai. "Sapere che sei stato a letto con Marie nello stesso istante in cui pochi giorni prima avevamo fatto l'amore mi ha uccisa, letteralmente. Non ero abbastanza per te, Michael? Non ero l'amore della tua vita?" Dissi con un tono più basso.

"Cazzo, sì! Lo eri, e lo sei ancora!" Urlò, e arrivai a pensare che fosse sull'orlo di una crisi isterica. "Jackie, tu sei sempre stata tutto per me. Pensi sempre che l'unico a non amarti fossi sempre stato io, ma non è vero! Io ti amavo, e ti amo ancora. Non ho mai smesso di amarti. Per tutto questo tempo." Mi si avvicinò, fino a bloccarmi completamente tra il suo corpo e il muro di casa mia. Sentii mancarmi il respiro, quasi come se in quel momento non mi fosse importato di altro. Si avvicinò ancora e pericolosamente a me, sfiorandomi le guance con le sue labbra. Quanto mi erano mancate. Quelle labbra carnose, piene di amore e di passione. Tutte quelle cose che provo per lui.

"M-Michael.. Smettila." Provai a dire, ma le sensazioni che mi trasmettevano riducevano la mia voce a un tono bassissimo. Provai a farmi rivalere, ma i miei tentativi furono vani. Riprovai una terza volta, con più decisione. "Michael, smettila." Riprovai a voce più alta. Lui si fermò, guardandomi fissa negli occhi.

Dio, quegli occhi. Quegli occhi color cristallo, sapevano prendermi sul serio. Sapevano leggere i miei sentimenti ed esternarli al mondo. Sapevano aprirmi un modo e un cuore che non erano mai stati amati. E io amavo ancora Michael, eccome se lo amavo.

"Andiamo Jackie, non provi più niente?" Mi provocò lui, con un tono decisamente sensuale. "Non senti proprio niente?" Insistette, forzando la presa sui miei fianchi. Provò ad avvicinarsi ancora, e mentre stavo per cedere, sentii la voce di Summer riecheggiare nella stanza.

"Mamma!" Non appena vide Michael, corse contro di lui e, afferrandolo per una gamba, cercò di spingerlo lontano da me. "Tu sei cattivo! Vuoi fare del male alla mia mamma!" Urlò, e pensai che non c'era cosa peggiore del sentire la propria figlia parlare così a suo padre. Michael si abbassò, così d ritrovarsi faccia a faccia con la piccola, e la guardò bene negli occhi. Summer cercò di rifugiarsi ancora tra le mie braccia, ma Michael non gliene diede l'occasione.

"Io non voglio fare del male alla tua mamma. Io voglio tanto bene alla tua mamma." Mormorò lui, accarezzando una ciocca di capelli a Summer. Non mi diede nemmeno il tempo di mettere a fuoco la situazione. Summer gli diede ancora una piccola sberla sul petto.

"E allora perché la stavi schiacciando contro il muro?" Urlò ancora la bambina.

"Perché volevo darle un bacio." Disse Michael.

"E perché volevi darle un bacio?"

"Te l'ho già detto, perché voglio tanto bene alla tua mamma."

"Allora se tu vuoi bene alla mia mamma, anche io ti voglio bene."

Non riuscii a comprendere più nulla. Non fui più in grado di dire, fare, o capire niente.

"Michael, forse è meglio che vai." Lui annuì comprensivamente, e fu l'ultima cosa che vidi di lui furono i suoi occhi tristi, prima di vederlo uscire dalla porta di casa mia.

Scoppiai in un pianto terribile, acceso e oscuro. Tenevo all'oscuro mia figlia, ma anche lei aveva il diritto di sapere chi era suo papà. Doveva saperlo. Ma non gliel'avrei mai detto. Non gliel'avrei mai detto perché non avrei avuto speranze di essere una buona madre. Non lo ero comunque.

"Mamma, non piangere. Per favore." Mi consolò la piccola strofinandomi la schiena leggermente.

"È tutto okay, Sum. Ora passa. La mamma sta bene." Dissi asciugandomi le lacrime velocemente.

"Ti voglio bene, mamma." Disse abbracciandomi.

"Anche io te ne voglio, amore mio. Anche io." Le lasciai un bacio fra i capelli.

"E ora cosa ne dici se andiamo a prenderci un gelato?"

daddy || m.c.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora