Sorse così il sole del mattino seguente. Sorse nelle stanze di Alodia, che con un profondo respiro, sorrise, guardando con occhi ancora assonnati il caldo raggio di luce che passava dalla finestra. Sorse anche nelle stanze di Giselbert, senza però illuminarle completamente, a causa delle scure tende che ostruivano il suo passaggio. Il ragazzo non aveva dormito ed era perciò terribilmente stanco. Il sole non faceva altro che disturbarlo, così si rotolò a faccia in giù tra le coperte. «Quanto ci vuole perché Lora venga da me con la colazione? Negli ultimi tempi è stata sempre più lenta» pensava, con acuto nervosismo. In quell'istante, eccola sbucare dal portone, con una ciotola di semolino in mano. Giselbert balzò in piedi, preparandosi a ciò che, pensava, l'avrebbe condotto alla fine dei suoi giorni. «Grazie, Fräulein Lora». Lora, con leggera paura, si morse le labbra, senza dire nulla. Giselbert trangugiò tutta la minestrina, non lasciandone nemmeno una goccia. Sentì un'amara felicità pervaderlo dalla testa ai piedi. Tremava dalla forte emozione, strizzando ripetutamente gli occhi. Anche Lora sembrava sorpresa, ma forse non per la stessa ragione. «Fräulein Lora, che succede?» «Voi... avete mangiato con la mano destra. È la prima volta che lo fate naturalmente». Giselbert se ne rese conto solo in quel momento, aggiungendo una risata di meraviglia alla lunga lista di sensazioni.
Lora agguantò velocemente un foglio e una penna dalla scrivania e si avvicinò a Giselbert, chiedendogli di scrivere il proprio nome. E con nonchalance, il giovane impugnò la penna con la mano destra e scrisse le nove lettere con una calligrafia impeccabile. Era un miracolo, arrivato nel momento peggiore. Che fossero stati i pensieri della sera prima, le parole dei suoi genitori, quelle di Fra Simone... Giselbert non lo sapeva, ma qualsiasi fosse stata la causa, non c'era più nulla da fare per la sua anima. «Oh, andrò subito a raccontarlo ai Signori! Saranno felici della notizia!» «Fa' come vuoi, Fräulein Lora, ma so che il mio tempo, qui, sta per finire. So che mi hai avvelenato». Rispose, con troppa tranquillità. «Dunque... sapete cosa ha detto Vostra madre». Giselbert fece un lieve cenno di assenso. Lora prese poco a poco fiato, per poi esplodere in un bagno di sudore: «È vero, mi è stato ordinato di avvelenarvi, ma io... io non ci sono riuscita. La minestra che avete mangiato non vi sarà fatale, ma per me lo sarà l'ira della contessa!»
Tutti i sentimenti allora provati da Giselbert si dissolsero, trasformandosi in solo rancore. I suoi occhi smisero di vagare nel vuoto, fissandosi su quelli piangenti di Lora, fermi, severi, ma allo stesso tempo in cerca di risposte. «Hai dunque disobbedito a un ordine della Signora?» «Non ho potuto fare altro... l'ho fatto per Voi, vi voglio bene, e... adesso finalmente siete riuscito a usare la destra, non v'è più motivo di diseredarvi... potreste anche ottenere il paradiso». «Menti! Menti, Fräulein Lora! Tu non mi vuoi affatto bene! In più, so benissimo cos'ha proferito Fra Simone iersera!» Si ammorbidì un poco: «Potrei anche saper usare la mano che tutti desiderate, potrei anche fare opere di carità, potrei anche ereditare il titolo di mio padre e governare questa landa di stolti... ma non avrò comunque speranza». «Giselbert...» «Non vedo perché attaccarsi così tanto alla morale di questa vita. Guardati: non credo che sia stato il tuo desiderio, quello di diventare serva. Non credo che Franz, il bambino del pozzo, sia contento di portare secchi e secchi d'acqua da noi ogni mattina, eppure né tu né lui riuscireste a uccidere qualcuno per conquistare una più alta posizione sociale». «Giselbert, io non potrei mai uccidervi... e immagino che neanche Voi siate felice di quel che siete» «E perché no? Dopotutto, chi dice che io non voglia l'inferno?»
Dopo una lunga attesa, nella quale Lora rimase immobile, incredula e spaventata dalle parole di Giselbert, ella fece per uscire dalla stanza, andando a riferire ai signori di Veilchenburg quello che aveva visto. «Venite con me». Giselbert distolse lo sguardo dalla finestra che dava sul cortile del castello, facendosi avanti verso la nutrice. I due s'allontanarono passo dopo passo dalla stanza, scendendo le ripide scale della seconda torre nord, oltrepassando bui corridoi, dove gli altri servitori, vedendo il giovane, li fermavano e chiedevano informazioni; Lora e Giselbert giunsero così al salone principale della fortezza, dove Karl e Ida si stavano preparando per un giro a cavallo mattutino.
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L'Ultimo Conte di Veilchenburg
Historical FictionXIII secolo: Il giovane Giselbert, signore di una contea tra le Alpi austriache, abbandona i suoi averi e si avventura sotto falso nome nelle terre dell'est Europa. La gente del posto non tarda a riconoscere la sua origine nobile, segretamente legat...