3. Guai in arrivo

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Dio mi sento così stupida ad aver rivelato il mio passato ad un ragazzo appena conosciuto. Perché le mie emozioni devono sempre avere la meglio? Perché non riesco a controllarle?!

«Andrà tutto bene, vedrai» la voce di Dick mi porta alla realtà. Appena noto che mi sta ancora accarezzando la guancia mi sento sciogliere e cerco di nascondere un sorrisino ma ci riesco a stento.

Lo conosci a pena, non sai che tipo è.È vero, non lo conosco, ma ho il presentimento che è un bravo ragazzo.
Ad un certo punto sento qualcosa vibrarmi in tasca. Il telefono, ma certo! Appena lo tiro fuori e vedo il nome di chi mi sta chiamando, scoppio di gioia ma la fitta di dolore nella parte sinistra del corpo mi fa tornare il corpo rigido. Rispondo.

«Chloe!!»strillo e Dick ride«Come hai avuto il permesso per utilizzare un telefono?» già, in quell'inferno ci sono tante ragazzi considerate "esperimenti", e una di queste è Chloe, forza e teletrasporto, che figata, eh?
«Vic! Oh mio Dio, sei viva! Non sai quanto mi manchi! Questo posto è ancora più grigio senza le tue battutine squallide. E per il telefono, non l'ho avuto ma ho usato le mie doti» mi sento in colpa a non aver salutato l'unica persona a cui importa di me, in mezzo a tutti quei lazzi svitati.

«Scusa, ma non potevo vedere un altro bambino morire per causa mia, non me lo sarei perdonato»
«Non è colpa tua, ma di quella troia che ci ha chiuso qua dentro. Dentro questo posto che puzza di merda e di calzini sporchi, come dicevi sempre tu»mi torna il sorriso, sapendo che ancora si ricorda quando mi lamentavo con lei di quel posto, e per il gesto da parte di Dick come a dire "Visto? Non è affatto come pensi"

«Sta arrivando, devo salutarti»
«Va bene, ci sentiamo presto» le dico e chiudo. Devo andarla a prendere, devo fare qualcosa. Ad un certo punto un signore vestito elegante e in un completo nero si fa strada verso di noi.

«Buongiorno Dick»
«Bentornata Victoria» lo guardo confusa, ben tornata?! Sono già stata qui?
«Scusa Bruce, che intendi con "Bentornata Victoria"?» sembra che Dick mi abbia letto nel pensiero.
«Lo scoprirete presto» dopodiché, l'uomo scompare dalla nostra vista e io e Dick ci scambiamo uno sguardo confuso.

«Che facciamo adesso?»gli chiedo
«Tu niente, viste le tue condizioni. Io ho da fare»
«Cosa devi fare? E non rispondermi con "Non sono affari tuoi"»
«Niente di che, ho delle questioni in sospeso» risponde semplicemente
«Allora vengo con te»dico mentre cerco di alzarmi, ma lui mi ferma

«È meglio di no, devo fare una chiacchierata con delle persone poco affidabili»
«Non voglio starmene qui» annuncio appoggiando i piedi per terra e mettendomi seduta. È freddo il pavimento, porca miseria.

«No, tu non vieni»
«Ti sarei utile, so lottare, e anche bene» gli dico
«Non serve, non voglio che ti faccia male, tutto qui»
«Ti sai preoccupando di un graffio? Dick, non serve, me la so cavare anche da sola»
«Non saresti qui se sapessi badare a te stessa, tu che dici?»

«Ah hai vinto, resto qui, ma perché mi hai tolto la voglia di uscire. Parli troppo Grayson e non agisci in tempo» gli dico rimettendomi nella stessa posizione di prima. È in debito con me.
«Lo terrò a mente»dice prima di uscire dalla stanza e, di conseguenza, dalla porta della villa. Che ragazzo misterioso, è sempre così vago.
«"Devo fare una chiacchierata con delle persone poco affidabili", anche io ho delle cose da fare. Ad esempio esplorare la villa»

«Non glie lo consiglio, mademoiselle» mi spavento, e sembra che la figura davanti a me, che non so né chi sia né da dove cavolo è sbucato, se ne sia accorto.
«Sono il maggiordomo, Alfred»mi porge la mano. Sembra così gentile. Glie la stringo
«Victoria» gli sorrido e lui ricambia.
«Non si ricorderà di me» lo guardo stupefatta. Sono già stata qui. Quando? E perché non ricordo nulla, una villa come questa è impossibile scordarsela

«Sono già stata qui?» chiedo all'uomo dai capelli grigi, che subito si siede di fronte a me e io mi metto seduta.
«Sì, ci veniva con i tuoi genitori»
«Aspetta» lo fermo «Conoscevi i miei genitori?»
«Sì, erano delle persone dal cuore d'oro, e sua madre era uguale a lei, mademoiselle»
«Dammi del tu, Alfred»gi sorrido. Quell'affermazione mi ha sciolto il cuore, sono uguale a mia madre, peccato che non ricordi niente di lei se non la sua morte.

«Vuole...Vuoi sapere di più, Victoria?»
«Sì, per favore»
«Quando venivate a trovarci, mentre i tuoi genitori chiacchieravano con il signor Wayne, tu giocavi sempre con Dick a guardie e ladri e lui ti insegnava anche delle mosse per combattere e difenderti. Una volta l'hai messo KO ma lui non si arrese. Ti prese per i fianchi e, con una mossa rapida, ti fece finire sotto di lui. Mi ricordo ancora quella giornata perché Dick, dopo che tu e la tua famiglia ve ne andaste, dichiarò che gli piacevi, e quando Wayne e io gli chiedemmo i motivi lui rispose che eri forte, coraggiosa, bella e beffarda, alcune volte.»

«Io so fare quella mossa. Pensavo che la sapessi fare solo perché mi allenavo, e invece la so fare perché Dick mi ha insegnato a lottare.» dico incredula alle mie stesse parole. Pensarlo è un conto, dirlo ad alta voce è tutt'altra cosa. È ripugnante che io non mi ricordo nulla di tutto questo.

«Quando a 11 anni hai perso i tuoi genitori..»
«Aspetta, no deve esserci un errore. I miei sono morti quando avevo sei anni.»lo correggo.
«No, mia cara. Sono morti un anno dopo di quelli di Dick.» è come un pugno al cuore. Come ha potuto tenermelo nascosto?!
«Per quanto tempo sono venuta qui con la mia famiglia?»chiedo con le lacrime agli occhi. Non solo mi aveva rinchiuso, quella...quella...non trovo le parole per descriverla ma quel mostro mi ha mentito!

«Siete venuti solo per un anno»dice lui abbassando gli occhi.
«Io...mi dispiace signorina, deve essere stata una gran perdita per te»
«Già, lo è stata.»rispondo tirando su con il naso.
«Mi dispiace, non avrei dovuto parlartene così presto»
«No, Alfred, non incolparti, è tutto apposto, devo solo andare in bagno.» dico alzandomi e sorridendogli.

«Sali le scale, prima porta a sinistra»
«Grazie Alfred» lo ringrazio e mi dirigo verso le scale per poi aprire la porta che mi ha indicato l'uomo al piano di sotto. La apro e, appena entro, la chiudo alle mie spalle. Mi dirigo verso la finestra, poi mi siedo appoggiandomi a un muro vicino la porta.
Inizio a piangere a dirotto. Perché mi ha mentito?! Che cazzo di problemi ha! Penso tra me e me, fino a quando sento la maniglia della porta aprirsi e, quando vedo delle scarpe eleganti e dei capelli grigi riconosco subito chi è: Mr.Wayne.

«Vieni Victoria, dobbiamo parlare» si avvicina a me e mi porge la mano, io glie la do e mi aiuta a tirarmi su.

"Just friends"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora