𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮

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Bart sceglie di combattere usando un'arma a doppio taglio: il silenzio. Durante il tragitto verso la centrale, lo vedo spostare lo sguardo dallo specchietto retrovisore al finestrino. Non ha proferito parola dopo che gli ho confessato la mia colpevolezza. Nel frattempo ho provato a fare mente locale, a rammentare ciò che è davvero successo. È la prima volta che mi succede. Ho avuto un black out. Ho lasciato Jasmine da sola al motel per poter prendere la sua auto ed andare in città. Ma per quale motivo? Ricordo solo di aver sentito, o meglio bramato, qualcosa di diverso mentre ero con lei. Bart accosta, e scende lesto dall'auto. Rasenta tutti i poliziotti accalcati all'ingresso per poter raggiungere il detective nel suo ufficio e chiudercisi dentro. Shawn si alza dalla sedia e viene verso di me, allarmato. "Dov'eri?".

"Bart mi ha portato a fare un giro. Voleva confrontarsi con me riguardo il caso". Lui serra le sopracciglia, fulminandomi con gli occhi. "Il caso? Joe, ma cosa sta succedendo?". Scuoto il capo, incapace di dargli una vera risposta. La porta dell'ufficio del detective si apre, e Lowden mi fa un cenno con la mano, invitandomi ad accomodarmi alla sua scrivania. Chiude la porta dietro di me, e intanto vedo Bart evitare il mio sguardo come se potessi fargli del male.

"Allora, Joe... stavo esaminando il caso con il tuo legale e lui ha tenuto a precisare alcuni dettagli". Guardo ancora Bart e lui si volta dall'altro lato. "È vero che stanotte hai conosciuto una donna di nome Jasmine?" faccio di sì con la testa. "Il nostro esperto informatico ha controllato tutti i video registrati con le telecamere di sicurezza del Fairmont ed abbiamo constatato che, in effetti, tu non potevi essere con Amber all'ora in cui è stata ammazzata. Ciò nonostante, non posso sollevarti dal caso, non ancora. Abbiamo il cadavere, abbiamo il tuo DNA sul corpo della vittima e per questo sei il nostro primo e unico sospettato. Non potremo farti andare via fin quando non avremo altre piste però accetteremmo volentieri il tuo aiuto. Bart si fida di te e la sua reputazione come avvocato parla da sola, perciò anche noi scegliamo di darti fiducia. Sei Joseph Cooper, infondo. Una rockstar del tuo calibro merita di ricevere un aiuto, quando sembra essere stato incastrato". Adesso Bart mi guarda, e i nostri sguardi si incrociano, cercando comprensione e fiducia reciproca. "Vi aiuterò". Quando il detective mi stringe la mano per potermi congedare, avverto una strana sensazione. Adesso sono passato dalla parte del giusto, invece fino a pochi minuti fa mi accusavano di aver martoriato e dissanguato una ventottenne. Mi sembra di star vivendo un incubo. Tutto questo non sta accadendo davvero. Forse è solo il risultato di un'eccessiva sbornia o di un trip mentale causato da una striscia di troppo di cocaina. Non mi sono mai drogato; sono contro lo sballo. Preferisco l'adrenalina che mi provoca salire sul palco. Suonare e cantare per un milione di persone ogni sera. Quello è il vero sballo per me. Bart mi segue fuori dall'ufficio e finalmente sceglie di rispondermi. "Non gli hai parlato di...".

"No..." solleva piano le sopracciglia "...non mi sembrava il caso. I video parlano chiaro. Eri con Jasmine, stanotte. Tu non hai mai conosciuto Amber Ruthledge, perciò sei innocente". Non è quello che sento, e non è quello che vedo nei suoi occhi. Comunque apprezzo il fatto che si stia fidando di me, tanto da mettere da parte il suo lavoro per la nostra amicizia. Ora non resta che trovare qualcosa o qualcuno da additare. Devo spostare la colpa e lasciare che qualcun altro paghi per i miei sbagli. Questo non sono io. Quello che è successo con Jasmine – e forse anche con Amber – non è quello che sono davvero. Joseph Cooper è solo un musicista e un cantautore, non uno spietato assassino famelico e satiriaco. Posso controllare gli impulsi, metterli da parte per dedicarmi solo alla musica. È quella, che riuscirà a concedermi la redenzione di cui necessito. Supero le guardie all'ingresso, arrivando in strada con il respiro corto. Ho bisogno di prendere un po' d'aria, di cambiare panorama ma eviterò di sedermi al bancone di un altro pub. Mi chiedo ancora che fine abbia fatto Jasmine, come mai è sparita dalla camera del motel. Passa un'altra settimana prima che riesca finalmente a vedere uno sprazzo di luce infondo al tunnel. Di primo mattino, ricevo una chiamata dal detective che mi conferma di avere delle novità riguardo il caso. "Ti aspetto in centrale. Robbins è già qui". Non disturbo Shawn e Ivan. Chiamo un taxi e vado dritto verso il mio destino, pregando di uscirne incolume e più forte che mai. Bart sta parlando con uno dei poliziotti di pattuglia quando supero la porta con un certo affanno, come se avessi fatto tutto di corsa per arrivare precisamente a questo momento. È l'ora della verità. Lowden mi richiama nel suo ufficio e con lui ritrovo un collega e l'esperto informatico. Bart mi raggiunge, chiude la porta e si mette di spalle al muro, con le braccia incrociate e la mascella contratta. I suoi occhi non mi ispirano nulla di buono.

"Allora, Joe... abbiamo tutti i risultati dell'esame autoptico eseguito sul corpo di Amber Ruthledge. Il sangue sulla scena non era il suo". Ingoio la saliva. "Ah, no?". Lowden scuote la testa. "Amber era gravemente ipovolemica. È stata privata di quasi due litri di sangue, oltre ad essere stata strangolata. Dopo un'attenta analisi del medico legale, abbiamo scoperto che il sangue appartiene ad una donna e i suoi dati non sono nei nostri database". D'un tratto mi sento confuso. "Cosa mi state dicendo?".

"L'abbiamo sollevata dal caso, signor Cooper. Non è più un sospettato". "Quindi chiuderete il caso per mancanza di prove?" Lowden scuote ancora la testa. "Stiamo solamente allontanando lei dai sospettati. Pensiamo che questa donna sia rimasta ferita durante una colluttazione avuta con la vittima e il suo sangue ha contaminato la scena, donandoci un nuovo sospettato che per ora non ha un'identità. Su richiesta del suo avvocato, le ripuliremo la fedina penale seduta stante. Da oggi è un uomo libero, signor Cooper. Vada a festeggiare".

Per qualche assurdo motivo, la sua dichiarazione non allenta la tensione accumulata negli ultimi sette giorni. Ora sono libero, sì, e allo stesso tempo mi sento in gabbia. È stato fin troppo semplice e non devo il favore alla mia notorietà. Appena ne faccio parola con mio fratello e Ivan, subito scattano in avanti infervorati per l'imminente partenza. "Allora adesso possiamo andare? New York ci aspetta!".

"New York ha rimandato i concerti al mese prossimo. Dobbiamo andare a Minneapolis". Ho quasi paura a superare la porta. Ho paura di non essere totalmente fuori pericolo, e soprattutto ho paura di poter fare del male a qualcuno. Non mi ha mai rasentato la mente questo pensiero, eppure adesso provo una certa eccitazione nel fare particolari cose, nel pensare a particolari dettagli. Spesso ho come delle visioni, immagini e volti, parole e urla di dolore che non mi fanno chiudere occhio. Oggi devo lasciare Austin però qualcosa mi dice che non è finita qui. Ho una strana sensazione. 

𝙁𝙞𝙧𝙚 𝙖𝙣𝙙 𝘽𝙡𝙤𝙤𝙙 | 𝘑𝘢𝘳𝘦𝘥 𝘓𝘦𝘵𝘰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora