Cap. 10- Potrebbe essere sbagliato.
Potrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
ma sarebbe dovuto essere giustoPotrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
lasciamo che i nostri cuori si accendanoPotrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
stiamo scavando una buca?potrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
è tutto fuori controllo?Potrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
non potrebbe mai durarePotrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
dobbiamo cancellarlo in frettaPotrebbe essere sbagliato
potrebbe essere sbagliato
ma sarebbe dovuto essere giustoL'amore è la nostra resistenza
ci separeranno e non smetteranno di farci crollare
stringimi
le nostre labbra devono sempre essere sigillate
la notte è arrivata alla sua fine
possiamo far finta...
dobbiamo correre,
dobbiamo correre...
è il momento di correreportateci via dall'inferno
proteggeteci per il male che verrà
Resistenza...
Traduzione dall'inglese di Resistance- Muse-
Album The Resistance
Promettimelo.
Cammina Draco, cammina.
Non ascolta più le voci che mormorano nell'ombra, in quella specie di foresta scura e ostile. Cammina, si ripete. Cammina verso quel lumicino fioco che intravedi in lontananza, attraversando questo tunnel arboreo che sussurra e respira.
Cammina in questo tunnel che porta l'odore aspro della solitudine.
Che odore ha la solitudine? Draco se lo chiede, mentre infila un passo dopo l'altro. E il pensiero si solidifica in immagini chiare. La solitudine ha l'odore delle interminabili giornate della sua infanzia, passate ad esplorare l'immenso parco del Manor. Sa di rose antiche e di erbe officinali. Ma non basta. Allora ci pensa meglio e scopre che la solitudine ha l'odore della cera data dagli elfi sui pesanti mobili di ebano nero della sua camera da letto, camera che si riempiva di paure infantili quando la veglia stava per cedere il testimone al sonno e di urla soffocate negli ultimi giorni della sua adolescenza. Ma allora l'odore della cera si mescolava a quello ferroso del sangue.
La solitudine ha anche l'odore fruttato di un corpo giovane e aggraziato che cerca di scacciare la sua malinconia in un angolo buio. Un corpo che per quanto gradevole non riesce comunque a sciogliere il ghiaccio nelle vene e negli occhi. E se si concentra fino in fondo riesce a riconoscere anche il sentore di whiskey e tabacco, di sudore acido e polvere: quella che ha mangiato tutte le volte che la sua faccia si è schiantata su un pavimento lucido. Ecco che odore ha la solitudine per Draco.
Improvvisamente gli viene in mente che lui nell' Amortentia non ci ha mai sentito niente. E come si percepiva superiore nel guardare disgustato gli occhi vacui dei compagni: deboli e sciocchi. E come si sentiva grande nell'avere il cuore sprangato. Solo adesso riesce ad afferrare l'idiozia di quel pensiero e la tragicità insita nel percepire tutte le sfumature contenute nel sentore della solitudine, ma non quelle legate all'Amore.
E cos'è l'Amore, Draco? Cos'è? La sua coscienza glielo domanda implacabile. Non lo so cos'è l'Amore. Sta mentendo a sé stesso.
Una volta, in un libro dimenticato in biblioteca aveva letto questa frase: "L'amore è un potere attivo dell'uomo; un potere che annulla le pareti che lo separano dai suoi simili, che gli fa superare il senso di isolamento e separazione, e tuttavia gli permette di essere se stesso e di conservare la propria integrità. Sembra un paradosso, ma nell'amore due esseri diventano uno, tuttavia restano due."
Un potere. Aveva riletto la frase sottolineata in rosso più e più volte.
Incuriosito aveva guardato la copertina e con orrore aveva scoperto che si trattava di uno schifoso libro babbano. Un banale uomo di mezza età, di nome Erich Fromm, lo guardava immobile. Aveva scagliato il volume nel fuoco, affinché le fiamme del camino purificassero quell'immondizia che gli aveva insudiciato le mani, gli occhi e l'anima.
L'Amore era il potere di chi non aveva alcuna magia. Un ripiego, un costrutto della mente.
Sciocco! Gli urlò la coscienza.
Ma Draco aveva già compreso di essere stato un miserabile idiota: perché lui l'Amore e i suoi effetti li aveva visti all'opera.
L'aveva riconosciuto in sua madre e suo padre, l'aveva sentito sulla pelle quando aveva accettato di sacrificare tutto per salvarli e quando loro stessi avevano rischiato tutto per salvare lui. L'aveva visto farsi terribile e orrorifico nelle occhiate adoranti e folli che Bellatrix lanciava al suo Padrone: era l'Amore per lui che rendeva la sua bacchetta letale e le sue torture brucianti oltre l'umana sopportazione.
L'Amore era quel filo rosso che univa Potter agli altri due: un potere che trascendeva tutto e che li aveva fatti trionfare. E lui, che l'aveva rinnegato, si era trovato a leccare la polvere di un pavimento lucido.
Cammina Draco. Cammina. Non stare a filosofeggiare, il lumicino si avvicina e l'aria sta diventando meno opprimente.
Un arbusto si allunga verso di lui, lo sfiora. Sembra una mano gentile e incerta che scorre lungo la sua pelle. Lo fa delicatamente, ma al ragazzo pare di percepire un certa ambizione in quel tocco, una brama che sa di desiderio. Rabbrividisce. Se ne discosta spaventato: per chi non osa desiderare più nulla, la brama altrui è difficile da sopportare.
Cammina Draco. Cammina.
I passi si fanno veloci, febbrili: la fine del tunnel è a poche centinaia di metri!
Ma una radice lo fa inciampare e si aggroviglia su di lui. Draco la guarda sorpreso e più a fondo. Non è una radice, ma un flessuoso ramo di Caprifoglio carico di fiori dall'intenso profumo.
Draco ne è affascinato. Osserva le sue propaggini salire a lambire il suo petto, il suo viso. Non è il tocco bramoso di prima, ma qualcosa di totalmente nuovo. Draco chiude gli occhi, stordito dal profumo, e percepisce in quello sfioramento qualcosa che ha a che fare con il prendersi cura.
Draco sente un improvviso calore benefico spandersi nelle ossa fino al midollo. Respira profondamente e gli sembra di non aver mai respirato prima.
Il virgulto fiorito si ferma un istante. Draco riapre gli occhi preoccupato: non andartene, non andartene!
E poi ancora quella sensazione di essere accudito, compreso nelle sue fragilità.
Ma ad un tratto la pressione sulla sua pelle cambia: diviene leggera come un dito lasciato scivolare sulla pelle. Draco la sente sul collo, sul mento e sulle labbra. Trema per l'emozione. Trema perché sa di non essere mai stato sfiorato così. C'è tentazione, sorpresa, paura: la sua pelle ora brucia.
Ma dura la frazione di un secondo e poi Draco si ritrova di nuovo solo. Gli occhi pieni di lacrime, non sa se di gioia o rimpianto.
A fatica, con le gambe instabili, si rimette in piedi.
E poi l'ombra di un ricordo lontano lo riporta presente a se stesso.
Promettimelo.
Draco capisce che deve andare. Non può più aspettare e il suo viaggio è durato fin troppo. A quel punto corre, corre come non ha mai fatto nella vita.
Corri Draco. Corri.
La prima cosa che Draco Malfoy percepì tornando dal limbo al mondo dei vivi fu l'odore che lo circondava. Non era quello famigliare e rassicurante di casa sua: odore di pulito, misto a quello del tabacco e del lusso. Perché i Malfoy avevano un naso allenato a percepire l'odore del lusso.
No, pensò, non sono a casa mia.
Si concentrò per capire, ancora troppo ottenebrato per potersi preoccupare di quell'anomalia.
Prese un respiro più profondo e il petto gli dolse un poco, come se avesse un peso poggiato sopra.
L'aria passando attraverso le narici gli portò un odore pungente che la sua memoria assimilò a quello dell'aula di pozioni a Hogwarts. Era dunque a scuola?
No, l'ipotesi venne scartata velocemente.
Un altro respiro e all'odore delle pozioni se ne sovrappose un altro, meno intenso, ma più sottile e confortante: odore di caprifoglio.
Storse impercettibilmente la bocca: caprifoglio? Il cervello gli suggerì qualcosa... qualcosa che tuttavia stentava a ricordare.
Forse, si disse, se avesse aperto gli occhi avrebbe compreso tutto. E ad un tratto gli sembrò importante capire perché non si trovasse a casa sua. Ebbe paura.
Cercò di sollevare le palpebre, ma scoprì che non era facile come aveva immaginato. Le sentiva pesanti e ora che ci faceva attenzione gli pareva che bruciassero anche. La paura aumentò.
Ora era diventato di vitale importanza aprire quei maledetti occhi e cercare di dare un senso a quell'assurdità.
Diede un comando preciso alle sue palpebre serrate e finalmente riuscì a sollevarle, per poi richiuderle subito, accecato da una luce a cui sentiva di non essere più abituato. Perché non sopportava la luce?
La paura si mescolò ad una irritazione profonda. Ah, ecco! La rabbia era qualcosa che poteva riconoscere e comprendere. In qualche modo lo rinfrancò.
Tentò nuovamente di aprire gli occhi, con calma, un millimetro alla volta e alla fine riuscì a sostenere il chiarore che lo circondava. Chiarore che non proveniva da una fonte di luce naturale, ma da lampade orrende.
No, decisamente non era a casa sua.
Poi gli venne in mente che era un mago: il ricordo lo lasciò quasi senza fiato. Dov'era la sua bacchetta? Dove diavolo era la sua bacchetta?!
Tentò di muoversi, ma invece di rispondere ai suoi comandi il corpo iniziò a inviare impulsi dolorosi al cervello.
Draco richiuse gli occhi per dominarsi e tirare le somme delle sue scoperte: non era a casa sua, era un mago senza bacchetta e gli faceva male tutto. Non molto incoraggiante.
Prese un altro respiro, ancora odore di pozioni e caprifoglio, ancora un peso sul petto.
Riaprì gli occhi e lanciò uno sguardo intorno: pareti che non conosceva.
Azzardò ad abbassare lo sguardo su sé stesso, fin dove poteva: capì di essere sdraiato su un letto non suo. E poi lo vide. Vide l'origine del peso sul petto. E ne rimase scioccato, paralizzato.
Posizionata sul suo plesso solare, non sul petto come aveva supposto, stava la testa abbandonata nel sonno di un ragazzo. Non lo mise subito a fuoco, sconvolto com'era, ma a poco a poco in quella massa scura di capelli scomposti intravide un volto su cui stavano degli occhiali storti e una sottile cicatrice a forma di saetta.
Forzò un poco la memoria per ricordarsi il nome di quel ragazzo. Il ricordo eruppe come lava: Harry Potter.
Non era a casa sua, non aveva la sua bacchetta, gli faceva male ogni giuntura, era costretto in un letto non suo e Harry Potter gli si era addormentato addosso. Forse era morto e quello era il suo personale inferno.
Tornò ad osservarlo: non sembrava una visione. Poteva percepire il suo respiro e soprattutto... il suo odore. Era da lui che si sprigionava il sentore di caprifoglio.
Caprifoglio... cercò di agguantare il ricordo, ma quello scivolò via.
Allungò una mano con l'intento di strattonare quei capelli disordinati, ma la forza impressa non fu sufficiente e quel moto di rabbia si trasformò suo malgrado in una carezza.
Le dita si impigliarono tra ciocche ritorte che con sua sorpresa non erano ispide, ma elastiche, con una morbidezza tutta loro. Erano spesse, ma piacevoli al tatto.
Draco deglutì, stordito. La confusione invece di dissiparsi aumentava ogni secondo di più, ma per qualche strano motivo la paura scivolò via dal cuore.
Tentò nuovamente di tirare i capelli: doveva svegliarlo, ma era certo di non riuscire ad articolare alcun suono. La gola graffiava. Capì di avere sete. Una sete bruciante.
Le dita si mossero di nuovo, ma anche questa volta si impigliarono in quella matassa.
Spessa e piacevole.
Riprovò di nuovo e due dita riuscirono ad aggrapparsi ad una ciocca: tirò prima che fosse troppo tardi.
Harry mugolò nel sonno.
Draco tirò di nuovo, un po' più forte.
Harry si mosse e gli occhiali scivolarono sul naso.
Draco emise un brontolio sordo, simile ad un ringhio e cercò di spostarsi.
Harry si agitò nuovamente e Draco gli rimise la mano sui capelli limitandosi ad accarezzali, scoraggiato, ma sollevato insieme.
Dopo qualche minuto, Harry spalancò gli occhi e si raddrizzò sobbalzando.
Incrociò lo sguardo di Malfoy e il cuore mancò più di un battito.
Rimasero ad osservarsi come se si vedessero per la prima volta e infine, troppo emozionato per poter moderare la sua voce, Harry disse: "Ti sei svegliato... sei tornato..."
Draco schiuse le labbra, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
"No! No! Non sforzarti, va bene così, va bene così!" si affrettò a dire Harry e poi, sopraffatto, lo prese sotto le braccia e lo attirò a sé, facendo aderire il torace del giovane contro al suo. Un abbraccio che Draco sentì come pieno di cura, preoccupazione, attesa.
"Scusami... scusami!" mormorò Harry sopra la sua spalla.
Draco si mosse confuso: perché Potter gli chiedeva scusa?
L'altro arrossì scambiando quel movimento per fastidio e fece per allontanarsi.
Non andartene... non andartene! Pensò Draco agitato.
Facendo uno sforzo immane si aggrappò alla camicia dell'altro, nascondendo il viso sulla sua spalla.
Harry emise un sospiro di sollievo e tornò a stringerlo.
Le nocche di Draco bianche per lo sforzo, i palmi di Harry forti e sicuri.
Malfoy aprì la bocca e riuscì ad emettere un suono debole e graffiato. Disse la prima cosa che gli venne in mente, come se fosse la cosa più importante da dire, l'unica che contasse davvero.
"Te l'avevo promesso..."
Fu Harry che ora si aggrappò a lui, per non cadere in un pozzo di cui non voleva conoscere la fine.
"Scusami... non avrei dovuto...", ripeté, "Scusami..."
Draco non l'ascoltava più: l'odore di caprifoglio era ovunque.
Capì di essere arrivato nel posto giusto: aveva usato ogni scintilla di energia e volontà, ma ce l'aveva fatta. Toccò a lui sospirare di sollievo.
Qualsiasi spiegazione, vergogna o menzogna poteva aspettare.
Il viaggio era durato troppo lungo e Draco non aveva la forza per rimettersi la maschera.
Che cos'è l'Amore, Draco? La domanda affiorò alla sua coscienza.
L'Amore è l'abbraccio di qualcuno che ti stava aspettando. Rispose senza esitare.
Avrebbe dovuto cancellarla in fretta quella risposta, ma non ora.
Il cuore di Harry rimbombava forte, ma a lui non importava sapere perché.
Ci sarebbe stato il tempo per cancellare tutto.
Poi Draco si sciolse dall'abbraccio, perché la fatica e l'emozione gli avevano preso fino all'ultima briciola di forza.
Harry lo sistemò sul cuscino e prendendo un gran respiro disse: "Vado a chiamare il Medimago. Torno subito."
Era tutto sbagliato, ma ci sarebbe stato tempo, pensò Harry cercando di dominare i battiti accelerati che gli sconquassavano il petto. Tutto sbagliato, ma forse sarebbe dovuto essere giusto. E provò il desiderio di fuggire.
Draco avrebbe voluto trattenerlo, ma si limitò ad un cenno del capo, esausto, gli occhi chiusi. Torna, questa volta.
Harry gli spostò una ciocca di capelli caduta sulla bocca e a quel tocco Draco aprì gli occhi, ma Potter era già corso fuori dalla stanza.
Il caprifoglio, la cura... cos'è che non capiva?
Qualcuno mi salvi da questa follia! Qualcuno mi protegga da me stesso! Fu la preghiera muta di Harry che correva lungo il corridoio.
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Note:
Ciao!
Il capitolo che avete appena letto è più breve degli altri. Ma è uscito così, di getto, con un'urgenza tutta sua e merita di rimanere tale: lungo appena la durata di un sogno, di un interludio.
E, per ultimo, mi sento di consigliarvi l'ascolto della canzone che ha dato il titolo al capitolo. Ne vale la pena.
GiunglaNord.
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Sectumsempra - Vulnera Sanentur
FanfictionHarry Potter ha sconfitto Voldemort e dovrebbe essere finalmente in pace, ma lui sa che in pace non lo sarà mai. La mente non riesce a quietarsi neanche quando le sue mani si colmano dell'amore di Ginny. Un giorno il Capo gli assegna un compito spia...