Un minuscolo gesto

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Capitolo 15- Un minuscolo gesto
Prova a non muovere un muscolo adesso
Se può commuovere un minuscolo gesto
Io al crepuscolo esco e quando torno
È relativo al concetto di presto, se è giorno
È relativo al contesto che hai intorno
Quasi tutto è relativo tranne il mio riflesso
Come una lente e un obiettivo cui vivo attraverso
Anche nolente ci convivo lo stesso
E vorrei lasciarmi alle volte ci penso
Ma questa pelle è un recinto e un confine
È un labirinto, è l'inizio e la fine
E quel vestito è un po' troppo leggero e un po' rotto
Che diventa tutto se hanno perso i tuoi bagagli all'aeroporto
A volte è più difficile da sobrio
A volte l'amor proprio lascia spazio a un odio viscerale
A volte m'innamoro di me e ritorno a ballare

La nostra pelle-
Ex Otago (feat Willie Peyote)
Album Marassi Deluxe Edition

Vesti dai vivaci colori ruzzolarono fuori all'improvviso dal camino di casa Malfoy, in una nuvola di fuliggine e imprecazioni mormorate a mezza voce.
Draco alzò appena la testa, ma sul suo viso terreo si dipinse una smorfia di pura riconoscenza.
"Ecco-mi" disse una voce impastata dal fumo "Ecco-mi!"
"Dottoressa Adams...", salutò Malfoy atono.
Mandy lo osservò alzando un sopracciglio per metà nero e poi volse lo sguardo attorno alla ricerca di cumuli di bottiglie che però non vide.
"Ehm... dove sarebbe l'emergenza?" Chiese la donna tradendo un certo disappunto.
"Qui!" Disse Draco alzandosi e indicandosi la testa.
Le labbra della terapista si fecero più sottili e poi, per riordinare i pensieri prese a pulirsi il lungo abito dai colori cangianti: solo allora Draco parve accorgersi che la donna indossava un elegante abito da sera e aveva un aspetto molto diverso da quello che lui era solito osservare durante le sedute. I capelli erano raccolti in un morbido chignon, gli occhiali dalla foggia antiquata erano spariti e un trucco sapiente faceva risplendere il suo volto.
Draco arrossì e mormorò: "L'ho strappata ad un impegno importante a quanto vedo, mi dispiace molto."
La donna lo guardò sorpresa e il viso si illuminò di un sorriso gentile.
"Oh, ero fuori a cena con...", iniziò a dire la giovane donna, con un vago rossore sulle guance.
"No, no! La prego di non dirmi niente! Non voglio sapere nulla di lei, la prego!" la interruppe Draco "Già vederla senza occhiali e camice mi inibisce!"
La Adams proruppe in una risata e poi disse: "Capisco. Perché mi ha chiamato Draco? Non mi sembra alterato."
"Mi sono scolato tre fiale della sua pozione in un solo giorno, se non è alterazione questa!"
Mandy strinse gli occhi: "Una giornata impegnativa, dunque. Credo che nessuno dei miei pazienti abbia assunto tre dosi di pozione lo stesso giorno in cui le ha ricevute: per pudore, credo. Che cos'è che l'ha turbata così tanto?"
Draco si strinse le mani e la guardò di sottecchi: si sentiva stranamente a disagio a parlare dei suoi problemi esistenziali in casa sua, con una donna affascinante che solo vagamente ricordava la sua terapista.
"Senta... avrei una richiesta da farle, ma non so se potrà accontentarmi." Iniziò a dire titubante.
"Chieda e vedrò se potrò accontentarla."
"Sarebbe possibile spostarci nel suo ufficio? Magari mettersi gli occhiali?" Disse Malfoy molto imbarazzato.
Mandy rise di nuovo: "Certo! Il setting terapeutico è molto importante, soprattutto quando si devono dire cose complicate. Molto bene, dunque: si attacchi al mio braccio e ci smaterializzeremo al San Mungo!"
Draco parve sollevato, si allontanò per dare delle indicazioni a Paffy rimasto nascosto ad osservare la scena sulla porta e poi afferrò il braccio della Adams.
"Al mio tre! Uno... due... tre!"
Draco provò la tipica morsa della smaterializzazione e poco dopo atterrò sul scialbo pavimento del San Mungo, traendo un sospiro di sollievo.
"Mi concede qualche minuto? Per entrare nella parte..." e Mandy sparì oltre una porta.

L'uomo si lasciò cadere pesantemente sulla solita sedia posta di fronte alla scrivania: doveva essere diventato matto, ovviamente non c'era altra spiegazione. Un effetto ritardato della crisi di astinenza che l'aveva quasi ammazzato. Inconsapevolmente si portò le dita al naso e la tenue traccia di caprifoglio lo fece sobbalzare, quasi schifato.
Si arruffò i capelli con rabbia e tornò a sentirsi agitato e oppresso da qualcosa che si era incuneato in profondità da qualche parte alla base del collo. Lo sentiva rigido, contratto e dolorante. Fece un lento movimento circolare con la testa e il dolore si irradiò fino alla scapola destra: un dolore acuto e pulsante.
Imprecò sommessamente, cercando di massaggiarsi la parte incriminata, ma senza alcun successo.

In quel momento la dottoressa Adams uscì dallo spogliatoio e Draco la accolse con un sospiro di sollievo: finalmente era tutto come doveva essere. Le forme della donna erano coperte da un camice bianco, i capelli legati in una banale coda di cavallo e i formidabili occhiali al loro posto sul naso.
"Meglio? Si sente più a suo agio, ora?"
"Molto." Rispose l'uomo.
"Allora Draco, cos'è che l'ha indotta ad usare l'incantesimo di emergenza. Non l'aveva mai fatto prima e avrei scommesso che non l'avrebbe utilizzato mai. Deve esserle capitato qualcosa di veramente sconvolgente."
Draco si passò una mano sul viso e aprì e chiuse la bocca più volte prima di desistere, mortificato.
"Lo sa che qui è al sicuro, che in questo spazio può dire ad alta voce tutto ciò che desidera. Niente di ciò che verrà detto potrà uscire dalla stanza." Cercò di rassicurarlo Mandy.
"Oh, quello lo so bene: il contratto di segretezza che la Granger le ha fatto firmare prevede che, in caso di diffusione di informazioni sottoposte a privacy, la sua lingua si arrotoli in maniera permanente!" Disse Draco secco.
La Adams fece una smorfia al ricordo di quel giorno: solo la gravità del paziente che aveva di fronte e la sua etica professionale l'avevano indotta ad accettare un contratto del genere. Inoltre, per la verità, studiare la mente di Draco Malfoy era stata una tentazione accademica troppo forte per poter lasciar perdere.
"Certo, me lo ricordo bene. Quindi? Cos'è che l'ha gettata nel panico? Sembra essere sul punto di vomitare, Draco."
Malfoy chiuse gli occhi e prese a raccontare dall'inizio: l'incontro con la Granger, il tuffo nei ricordi di Philippe, l'uomo misterioso e la sua risata così famigliare, il ragazzo arso vivo, la decisione di chiamare Kingsley e... Potter.
Al nome Potter la conversazione si interruppe e un silenzio denso cadde sull'ufficio della Adams, la quale si tolse gli occhiali e li pulì meccanicamente con un fazzoletto. Quando parve soddisfatta rialzò gli occhi sul paziente quasi in pezzi di fronte a lei.

"Quindi il signor Potter si è presentato a casa sua? Posso dedurre che sia infine arrivato." Buttò lì.
"Certo che è arrivato! L'informazione che avevo da offrirgli era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire!" Rispose Draco con rabbia.
"E questa cosa la fa arrabbiare? Intendo il fatto che si sia presentato dopo otto mesi solo per avere ciò che gli necessitava?"
Draco parve rifletterci e poi disse: "No. Questo è il suo lavoro alla fine. Quello che mi ha fatto infuriare è stato il suo atteggiamento accondiscendente e mesto, mischiato alla solita fottuta arroganza travestita da preoccupazione!"
Mandy stirò le labbra in un sorriso: "Effettivamente, se ciò che ha percepito è tutto ciò che mi ha appena descritto, il carico emotivo deve essere stato impegnativo da gestire."
"Oh, per l'amor di Merlino! Questo è niente!" Rispose Draco, passandosi di nuovo una mano sulla faccia, piuttosto pesantemente.
"C'è dell'altro, dunque."
Draco riprese a parlare di Nott, della sua intuizione sul modo di accedere all'albergo e sul piano che gli era venuto in mente per avvicinare il suo ex amico d'infanzia.
Mentre ne parlava, Mandy notò che in lui si era accesso un vigore che non gli aveva mai visto prima, come se l'idea di imbarcarsi da solo in quella missione avesse il potere di infiammarlo come una miccia. Se da una parte era una reazione positiva, dall'altra la donna non poteva fare a meno di chiedersi se tutta quella frenesia di mettersi alla prova alla fine non fosse alquanto insana. Non era insolito che i dipendenti da sostanza si lanciassero in avventure kamikaze che poi li lasciavano completamente annientati o peggio... morti.
In più c'era il fatto che Draco conosceva intimamente questo Nott e sembrava aver condiviso molto in passato con questa persona. Le stesse ideologie, la stessa rigida e malata educazione.

"Mi sembra un piano molto ambizioso e azzardato, Draco. Posso comprendere la reticenza del signor Potter a mandarla in pasto a uomini così pericolosi, che hanno inoltre molto, se non tutto, a che fare con il suo passato. Si è fermato a soppesare attentamente ciò che un coinvolgimento del genere potrebbe significare per lei? Rivedere e ingannare una persona a cui, da come mi dice, era molto legato, correre il rischio di rivedere persone sgradite che sarebbero ben lieti di farle la pelle." Gli restituì Mandy.
Draco si portò brevemente le dita al naso e poi rispose con voce sommessa: "Non sono uno sciocco Mandy. Certo che ci ho pensato e a lungo. Da tempo sospettavo che Nott avesse una parte in tutto ciò e oggi ne ho avuto la conferma. Gli Auror non hanno nessuna possibilità di penetrare in quel luogo."
"Perché ne è così convinto?" Chiese la Adams.
Draco chiuse gli occhi e disse: "Perché nessuno di loro potrà mai avere lo stato d'animo giusto per poter accedere a quell'inferno fatto di miseria, rimpianto e profondo sconforto.
Solo chi quell'inferno l'ha provato in prima persona potrà esserne ammesso."
"E lei prova ancora questi sentimenti di angoscia?" Chiese la terapeuta in un sussurro.
"Ogni giorno e ogni notte: posso dimenticarmene per qualche ora, posso cacciare via l'oppressione sfiancandomi con l'attività fisica e il sesso compulsivo, ma per quanto possa fare l'inferno sarà sempre dentro di me, pronto a divampare e a distruggere tutto. Anche se credo di iniziare a controllarlo da qualche tempo." Rispose Malfoy, piuttosto sorpreso dalla sua stessa affermazione.
Mandy annuì con un sorriso.
"Che rapporto aveva con questo Nott? Sembra essere stata una figura importante per lei."
"Lo era infatti. Era un po' come avere un fratello, qualcuno che era cresciuto come te e che conosceva e comprendeva le sfumature e le implicazioni sottese alla nostra condizione di Purosangue: ciò che per gli altri appariva ridicolo, razzista o semplicemente abominevole, per noi era la quotidianità. Eravamo stati allevati secondo rigidi codici d'onore che nessuno al di fuori di noi poteva intendere. Nott persino più di me. Io almeno avevo la consolazione di avere due genitori amorevoli, Theodore aveva solo un vecchio padre che viveva immerso fino al collo nella magia nera e in un passato fuori dal mondo."
"Capisco: vi siete riconosciuti come appartenenti alla stessa specie." Intervenne Mandy.
"Più o meno."
"Provava dell' affetto per lui?"
"Qualcosa di simile, più un istinto di protezione, forse." Rispose Draco.
"In che senso?"
"Vede, Nott era un ragazzo bizzarro. Credo che per sfuggire alla rigidità paterna, si sia rifugiato dentro la sua testa. Gli piaceva inventare, sperimentare, trovare nuove vie a quelle già tracciate. Aveva intuizioni geniali e spericolate e non sempre questa sua caratteristica incontrava il favore del vecchio Nott. Inoltre non aveva alcun interesse a mischiarsi nelle faccende politiche di suo padre: non ha mai aspirato a prendere il suo posto come Mangiamorte. E per spezzare una lancia a favore del padre, nemmeno questo glielo ha mai proposto alla fine. In qualche modo l'ha tutelato e gli è stato risparmiato ciò che è accaduto a me."

Il racconto di Draco apriva quesiti molto dolorosi nella mente della Adams: cosa avevano dovuto sopportare, senza esserne pienamente coscienti, quei ragazzini?

"Ma allora perché vi siete allontanati alla fine della guerra?" Chiese ad un tratto Mandy.
Malfoy fece un sorriso triste.
"Theodore si è sentito mortalmente tradito da me e dalla mia famiglia che l'aveva sempre trattato con un figlio. Era rimasto completamente solo, capisce? Nessun parente stretto, nessuno che gli potesse dare conforto. La mia famiglia era troppo occupata a tenersi a galla, a salvarsi il collo per potersi occupare anche di lui e io, insomma, non servivo a molto allora.
Le fortune di famiglia gli sono state portate via dal Ministero, tutte le prospettive per il futuro spazzate dall'ostracismo che la società gli mostrava per il cognome che portava, sebbene, a differenza mia, non avesse mai fatto nulla di grave. Solo, senza un galeone, senza un parente disposto a tendergli una mano e anche senza un amico, miserevolmente solo. La mia famiglia si è tenuta a galla, mentre lui è sprofondato in un baratro terrificante.
Mi ha scritto una lettera alla quale non ho mai risposto in cui mi augurava le peggio cose, quasi un anatema. Io ero troppo immerso nei miei guai per poterlo aiutare. Questo è uno dei tanti rimpianti che alimentano la mia disperazione."

"Mi dica una cosa, Draco: lei ha intenzione di fermarlo per aiutare gli Auror oppure per aiutare il suo amico prima che sia troppo tardi."
"Credo sia già troppo tardi: si è spinto troppo in là per poter essere salvato." Ammise Draco.
"Ma ci spera ancora." Constatò la Adams.
Draco annuì sospirando.
"Sa benissimo che non può salvare nessuno che non voglia essere aiutato. E probabilmente, come ha detto lei, è già troppo tardi: leggo un certo compiaciuto sadismo nell'incantesimo che ha bruciato vivo quel poveretto. Non sono tollerate debolezze o ripensamenti nel posto dove pensa di andare."
"Così come dal luogo da cui provengo: disprezzare le debolezze umane era una cosa molto tipica di Voldemort. Ne porto ancora io stesso i segni sulla pelle."
La Adams fece un profondo respiro, cercando di sopprimere il brivido di paura che l'aveva percorsa.
Draco la osservò incuriosito e poi sorrise, un sorriso morbido e compassionevole, a suo modo.
"Si è spaventata? Non era in Inghilterra ai tempi della guerra, giusto?" Chiese poi all'improvviso.
Mandy stette un attimo in silenzio a considerare le parole del suo paziente.
"Non volevo essere invadente...", si affrettò a scusarsi il giovane.
"La malvagità fine a se stessa mi terrorizza. Come potrebbe essere altrimenti? L'uomo si può abituare a qualsiasi cosa, purché riesca a trovarne un senso. E per rispondere alla sua domanda: ha ragione, io non ero qui durante l'anno della guerra." Mormorò Mandy.
"Mi scusi, non ho alcun diritto di rivolgerle delle domande personali."
"No, ma glielo voglio dire lo stesso. Non ero qui, al mio posto, perché improvvisamente non sono stata più considerata degna di ricoprire questo incarico. Sono passata dall'essere una stimata professionista ad un nemico da estirpare, una ladra di magia." Proseguì la terapista con voce tranquilla.
Una ruga comparve sulla fronte del giovane che cercava di dare un senso alle sue parole, poi, con immenso dolore, capì.
" Lei è di origine babbane...", bisbigliò.
"Già: quando si è capito che fine volessero far fare alle streghe e ai maghi babbani di nascita, sono andata in esilio: molti colleghi mi hanno aiutata. Sono stata fortunata. Molti nati babbani però no. Quando sono tornata, alla fine della guerra, ho passato il primo anno a fare terapia a tutti coloro che erano stati fatti oggetto di epurazione. Ne seguo molti ancora ora."
Draco rimase in silenzio: in testa rotolavano i pensieri più disparati.
"Perché ha scelto di aiutarmi? Io rappresento la peggior espressione di tutti coloro che le hanno fatto del male!" Sputò infine fuori, livido in volto.
"Quando mi hanno passato la sua scheda e ho letto il suo nome mi sono interrogata a lungo sul prenderla in carico o meno. Non sapevo se sarei riuscita a mantenere il distacco professionale richiesto. Così per meglio chiarirmi le idee sono venuta a trovarla in camera, ricorda? Mi è bastato guardarla negli occhi per decidere che sì, meritava tutto il mio aiuto. Lei, anche allora, era un uomo che stava cercando di mutare pelle. In modo sbagliato, eccessivo e disfunzionale, certo. Ma il cambiamento c'era e stava per esplodere. Ed avevo ragione: si guardi! Così giovane, perché a poco più di vent'anni si è ancora dei ragazzi, ma con delle esperienze di vita così forti da poter riempire una vita intera. Non è più la stessa persona che ho incontrato otto mesi fa, Draco. La sua personalità continua a crescere e a mutare, ad ingigantirsi. E io sono onorata che ciò avvenga sotto i miei occhi."
Draco l'ascoltava incredulo e imbarazzato. Non sapeva cosa dire, sinceramente sconvolto.
La Adams si limitò a sorridere davanti al suo sbalordimento.

Stettero per un po' in silenzio, lasciando sedimentare ed evaporare quella strana intimità che era scesa nella stanza.

Ad un tratto la Adams tossicchiò per attirare l'attenzione di Draco, che con lo sguardo perso nel vuoto meditava sulle parole della donna.
"Si è fatto tardi Draco, è quasi l'una di notte, ma credo che lei non mi abbia ancora detto il motivo per cui ha attivato l'incantesimo di emergenza. Quello che mi ha raccontato prima era, per l'appunto, solo il mero racconto di una decisione già maturata e presa, di cui potremo eventualmente ponderare solo tra qualche tempo le conseguenze. Cos'è che l'ha turbata davvero? Rivedere Potter?"

Draco la fissò e la Adams poté scorgere il panico riprendere piede nel giovane.
"Mi giura che ciò che le sto per dire non uscirà da questa stanza?" Disse Draco, stringendo i pugni.
"Come mi ha ben ricordato lei, la Granger ha fatto in modo che io non possa mai più parlare in caso di una simile evenienza. Quella ragazza deve tenere molto a lei."
Draco sorrise: "Quella ragazza è un demonio che piuttosto che fare qualcosa di banale e convenzionale si getterebbe nel fuoco! Hermione Granger avrebbe ben più di un sacrosanto diritto per volermi morto o rinchiuso in una cella, eppure, non so neanche io come, è diventata mia amica. Hermione Granger, la Sanguemarcio! Se mia zia fosse viva mi marchierebbe a fuoco centimetro per centimetro. La verità è che io adoro Hermione Granger. Anche se a lei probabilmente non lo dirò mai!"
La Adams fu sorpresa da quella appassionata dichiarazione.
"La adora in senso romantico?"
"Cosa? Oh no! Lei ha occhi solo per il suo Weasley. Non credo che si accorga neanche del fatto che sono un uomo. Come con..."
Ma qui si interruppe.
"Come con Potter?" Concluse la frase la Adams.
"Già."
"Torniamo a noi Draco. Desidera rendermi partecipe del suo malessere? Se non si sente più in grado di affrontare la cosa, possiamo farlo un altro giorno. Non è costretto."
Draco si passò una mano fra i capelli per poi appoggiare le dita vicino al naso.
Un fremito di paura lo percorse.
"Io... credo, cioè mi sembra che...", ma le parole non volevano uscire, ogni fibra del suo essere lottava per tappargli la bocca.
Mandy lo osservava silenziosa. Sembrava arrabbiato, ma anche emozionato nel profondo, sconvolto, ma sorpreso da qualcosa che non aveva mai considerato prima di allora.
"Io... quando Kingsley e la Granger se ne sono andati, sono rimasto da solo con Potter. Gli ho chiesto più volte di andarsene, ma lui continuava a restare lì come un povero stronzo in mezzo al mio salotto, con quella faccia contrita! Mi sono avvicinato e l'ho minacciato. Solo allora lui ha fatto per andarsene, ma, siccome è un povero stronzo, non si è limitato ad andare via, no! Ha sussurrato di nuovo le sue fottute scuse e io... io sono impazzito. Ho perso completamente il controllo!"
"E cosa ha fatto, Draco?" Chiese la Adams in allerta.
"L'ho afferrato per un polso, anzi ho conficcato le unghie in quel dannato polso, se avessi potuto gli avrei strappato la pelle, in quel momento. Gli ho ringhiato addosso tutto il mio disgusto, pensando che fosse sufficiente a farlo stare zitto, una buona volta! Ma no! Il coraggioso Potter voleva comunque avere la sua fottuta ultima parola! Così l'ho stretto di più e l'ho strattonato: me lo sono ritrovato addosso lui e il suo nauseabondo profumo di caprifoglio. Ero così arrabbiato, così furioso, ma poi..."
Draco si interruppe ancora e per l'agitazione balzò dalla sedia, cominciando a camminare avanti indietro.
"Draco, respiri. La prego." Disse Mandy alzandosi a sua volta e mettendogli una mano comprensiva sulla spalla.
"Ma poi...ho capito." Soffiò fuori il giovane, quasi inudibile.
"Cosa?"
"Credo... non lo so! Sono così confuso, e arrabbiato con me stesso e impaurito, cazzo!" Fece lui ricominciando a camminare e a scompigliarsi i capelli.
"Ha capito di essere in qualche modo bisognoso di lui?" Mormorò la Adams tornando al suo fianco.
Draco si girò di scatto verso di lei, le pupille dilatate, le guance arrossate, una smorfia d'orrore ad attraversargli il volto.
Poi deglutì e pigolò un impercettibile: "Sì. Invece di ammazzarlo, come sarebbe stato giusto fare, mi sono reso conto che avrei solo voluto che per una dannata volta, una sola fottutissima volta, lui fosse stato dalla mia parte, che si fosse accorto di me per quello che sono ora. Patetico, no?"
La Adams non disse nulla e Draco riprese, a voce un po' più alta.
"Perché quando sono vicino a lui divento insicuro e debole? Perché non mi ricordo il profumo di nessuno e il suo mi perseguita? Perché dipendo così tanto dal suo giudizio? Io non voglio più dipendere da nessuno, men che meno da quell'idiota che non fa altro che scappare e guardarmi come se fossi un vaso sul punto di rompersi."
Poi, inaspettatamente, si lasciò cadere sulla sedia, con il volto tra le mani. L'intera figura sembrava essere infranta, collassata su sé stessa. Nulla a che vedere con l'uomo che poco prima rivendicava fiero il diritto ad andare incontro ad una morte quasi certa.

Che cosa stava succedendo nella testa del giovane uomo di fronte a lei? Mandy se lo chiedeva insistentemente mentre sostava di spalle davanti al fuoco del camino per concedergli un po' di intimità.
Draco Malfoy, quell'uomo così particolare e complicato, aveva trovato la sua volontà solo davanti allo sguardo di commiserazione di Potter, aveva rinverdito la sua determinazione giorno dopo giorno, compiendo una vera rivoluzione di se stesso solo per non dare all'altro la soddisfazione di vederlo cadere di nuovo, ammesso e non concesso che Potter volesse veramente questo ed, infine, era pronto ad un atto di puro eroismo, a scapito della sua stessa vita – e forse questo era molto discutibile- pur di ricevere dall'altro una pacca sulla spalla.
E cos'era la storia del profumo?
Si girò come colpita da un'idea. Malfoy era nella stessa identica posa in cui l'aveva lasciato.
"Draco? Posso farle una domanda?" Chiese toccandogli lievemente la spalla.
L'altro si riscosse dalla sua afflizione con un brusco movimento, come se non si ricordasse più dove fosse.
"Mmm...", si limitò a rispondere.
"Cos'è la storia del profumo? Vuole parlarmene?"
Draco arrossì pesantemente.
"La prima cosa che percepisco di Potter è il suo assurdo profumo. Odore di caprifoglio: ho iniziato ad avvertirlo dopo il mio risveglio, prima non me ne ero mai accorto. In qualche modo..." e qui si interruppe un attimo per mettere insieme i pensieri "... in qualche modo mi è diventato assurdamente famigliare. Io non ricordo l'odore di nessuno. Non ho neanche mai sentito niente nell'Amortentia, anche se..." Ma non riuscì a proseguire.
"Anche se adesso teme che potrebbe sentirci l'odore di Potter. Capisco. Posso essere schietta, Draco?"
"Si accomodi: del resto l'ho strappata ad un appuntamento galante, certamente si merita di essere schietta."
La Adams sorrise e poi disse: "Lei teme di essersi, diciamo, invaghito di Harry Potter?
La pelle di Malfoy divenne improvvisamente bianca come gesso per poi imporporarsi come se fosse stata bruciata dal sole.
"Lei crede sia possibile?" Riuscì a domandare dopo un pezzo.
"Quello che credo io non ha nessuna importanza, l'importante è quello che sente lei, Draco."
L'uomo si rimise le mani sulla faccia e due occhi verdi comparvero nel buio, insieme alla sensazione di stringere fino alla violenza il polso ossuto dell'altro.
"Il solo pensiero mi fa vomitare e mi spinge a cavarmi gli occhi e a mozzarmi le mani, ma ciò non è sufficiente a farmi dimenticare quella sensazione di bisogno che provo in sua presenza. Io so di essere attratto dai corpi femminili, anche se non mi sono mai innamorato di nessuna donna. Se penso al corpo di Harry Potter, ecco, non mi..."
"Ho inteso cosa intende dire. Lei non ha molta esperienza in termini di innamoramento e relazioni, giusto?"
Draco scosse il capo.
"La sua conoscenza si limita all'attrazione fisica, ma le posso assicurare che la faccenda è molto più complessa di così. Ci sono legami che trascendono l'attrazione sessuale, relazioni profonde con persone dello stesso sesso che implicano un grado di intimità che non si otterrà mai con un partner sessuale e viceversa. Quella che lei ritiene essere una infatuazione potrebbe nascondere significati che non è in grado di vedere al momento: uno fra tutti quello di essere in qualche modo assolto da colui che ritiene essere l'unico in grado di validare tutti i suoi sforzi al cambiamento. Un 'ossessione, potremmo dire. O forse potrebbe essere l'atteggiamento ambiguo di Potter a confonderla. Da quello che mi dice anche il signor Potter deve attraversare una profonda crisi personale. Ma non possiamo speculare su di lui, perché non lo conosco e non è il soggetto della mia terapia. Non possiamo cambiare gli altri, Draco, ma agire solo su noi stessi."
"Tutto molto interessante, ma non cambia il mio stato d'animo! Non posso continuare a dividermi tra il desiderio di ammazzarlo e quello di abbracciarlo!" Fece Draco esasperato.
"Lei continua a procedere per definizioni e archetipi: il Mangiamorte, L'Eroe, il Debole, il Forte. E adesso sta introducendo per se stesso una nuova categoria: l' Omosessuale. Perché invece di incasellarsi non prova a scoprire semplicemente chi è davvero Draco Malfoy? Fino ad allora sarà sempre attraversato dall'inquietudine."
"Per il momento voglio solo entrare in quel dannato albergo e guardare Theodore in faccia." Sputò fuori Draco.
Mandy capì che più di così non poteva fare: aveva seminato e doveva stare a vedere se qualcosa avrebbe attecchito.
"Bene. Sono le tre del mattino, credo che possiamo ritenere conclusa la nostra sessione straordinaria."
Draco annuì stanco e poi aggiunse: "Non so se nei giorni a venire sarò in grado di onorare le nostre sedute, tutto dipende da..."
"Lo so. Stia attento Draco, non si getti nel fuoco solo per dimostrare agli altri quanto vale. Pensi prima a se stesso."
"Mi sembra che sia ciò che ho sempre fatto e che non sia andata molto bene." Ribadì l'altro.
"Credo che abbia perfettamente capito ciò che intendevo dire." Fece Mandy con un sorriso, porgendogli la mano. Draco la strinse con gratitudine. La Adams sperò che non si trattasse di un addio definitivo.
Pochi istanti dopo rimase sola nel suo ufficio con una profonda ruga di preoccupazione a solcarle la fronte.


Draco uscì nel freddo umido della notte autunnale, la testa piena di pensieri ritorti, ma il cuore più leggero in qualche modo: non aveva risolto niente, ma per lo meno aveva resistito ad ogni impulso volto all'autodistruzione.
Decise di camminare e di cercare più avanti un luogo dove smaterializzarsi: la città non accennava a dormire e poteva percepire il brulicare della vita notturna intorno a lui. Traffici più o meno leciti continuavano indisturbati: probabilmente al bordello doveva esserci una notevole attività. Accarezzò l'idea di strappare un effimero piacere al sonno che tanto non sarebbe arrivato. Accarezzare e cercare di dare autentico piacere ad una professionista allenata a fingere, proprio come lui. Fingere, mentire, uscire dalla propria pelle per diventare qualcun altro: questo è quello che avrebbe fatto da lì a poco se Kingsley avrebbe dato il proprio consenso. Era certo che, alla fine, quel permesso lo avrebbe ottenuto e allora, cosa avrebbe fatto? Si sarebbe scrollato di dosso tutto ciò che faticosamente aveva appreso per ritornare ad indossare la vecchia maschera e rientrare nel mondo delle ombre? L'idea di rivedere Theo lo rendeva nervoso: anni passati a leccare l'uno le ferite dell'altro, a cercare di proteggersi vicendevolmente alla fine non erano serviti a niente. La risata dell'amico di un tempo gli feriva le orecchie come un urlo strozzato.
"Cosa sei diventato, amico mio?" mormorò a mezza voce.

All'avvicinarsi dell'alba l'aria si fece pungente e il giovane si tirò sul collo il bavero del cappotto per poi affondare le mani nelle tasche.
Un calore inaspettato si posò sulla pelle e Malfoy tirò fuori i due galeoni che portava sempre con sé: con sua grande sorpresa non era quello della Granger ad essersi messo in funzione, ma quello di Potter.
Trattenne il fiato e chiuse gli occhi: non era così sicuro di voler leggere il messaggio che recava. Ma sapeva che era un partita persa in partenza. Riaprì gli occhi e li posò sulla moneta: "Possiamo parlare? Dimmi tu dove e quando."
Chissà quando glielo aveva mandato. Si chiese se fosse troppo tardi per rispondere, ma un secondo dopo stava già incantando il galeone: "Che diavolo vuoi, Potter?"
Riprese a camminare, infastidito da se stesso, da Potter e probabilmente dal mondo intero.
Pochi minuti e il galeone riprese a bruciare.
"Vieni da me."
Draco strinse la moneta tra le mani, furente: come si permetteva quel brutto idiota di dargli degli ordini? Come si permetteva lui di essere così agitato all'idea di quel messaggio inaspettato?


Potter, una volta fuggito per l'ennesima volta dalla casa di Malfoy, aveva vagato a lungo, senza una meta, perdendosi in un groviglio di quartieri residenziali che sembravano tutti uguali. L'unica cosa che vedeva erano gli occhi di Malfoy che nel giro di una frazione di secondo erano passati dall'odio a... a cosa? Non riusciva a capire, a comprendere. C'erano sempre furia e disgusto, ma anche qualcosa di inafferrabile, qualcosa di simile a brama.
Si era fermato sotto un lampione e si era scoperto il polso: mezzalune rosse facevano bella mostra di sé.
Draco Malfoy era nato per rendergli la vita un inferno, ora lo sapeva, anche se ancora non riusciva a comprendere il modo in cui ciò accadeva.
Sospirando si era smaterializzato a casa, convinto che avrebbe potuto aggrapparsi al corpo caldo di Ginny almeno per poche ore, ma aveva scoperto con sgomento che anche quella consolazione gli era stata negata: la ragazza aveva deciso di andare a casa dei genitori per salutarli e gli comunicava che avrebbe preso la Passaporta dalla Tana.
Harry aveva fissato il messaggio a lungo, indeciso se raggiungerla o meno. Alla fine si era reso conto di non essere dell'umore giusto per affrontare Molly e le sue attenzioni.

La conversazione della sera gli si era rovesciata addosso, mentre stava seduto sul divano a fissare il vuoto: Malfoy voleva infiltrarsi in quel covo di assassini, senza speranza di poter sopravvivere. E lui, a conti fatti, non poteva fare nulla per impedirglielo.
La gente sceglieva la propria strada a prescindere dalla sua volontà. Era una cosa che doveva accettare e Malfoy glielo stava insegnando nella maniera più brutale. Senza sconti, senza la delicatezza mostrata dai suoi amici. A Malfoy della sua sensibilità, o suscettibilità, non fregava un cazzo e la cosa lo infastidiva oltre modo.
Aveva scosso la testa, perché i suoi pensieri stavano andando alla deriva.
Avrebbe dovuto organizzare il tutto a mente lucida.
Le guance si erano colorate di rosso al pensiero che era fuggito a gambe levate, di nuovo. Sembrava che Malfoy avesse il potere di metterlo in fuga solo con il peso disperato del suo sguardo: tutto ciò gli era intollerabile.
Basta, si era detto continuando il suo soliloquio, non avrebbe più permesso a se stesso di dimostrarsi debole e pavido, non avrebbe più frenato la lingua di fronte all'arroganza dell'altro! Non voleva le sue scuse? Benissimo! Non ne avrebbe avute mai più!
Ma subito dopo si era preso la testa tra le mani: tutto stava sfuggendo al suo controllo. Ginny, i Mangiamorte, la nuova congiura ai danni della pace, il suo lavoro di Auror, Malfoy e persino Hermione e Ron che sembravano essersi adattati alla loro nuova vita molto meglio di lui, nonostante fossero passati attraverso le sue stesse esperienze.
No, aveva puntualizzato con se stesso, non tutte: non era a loro che Voldemort aveva dato la caccia fin da quando erano venuti al mondo, non erano loro che avevano condiviso i suoi pensieri più intimi e che avevano conservato dentro di sé un pezzo della sua anima. Non erano loro che avevano accettato di morire per salvarli tutti.
All'improvviso gli era parso di comprendere meglio le intenzioni di Malfoy: sacrificarsi per... già, per chi si sacrificava esattamente Malfoy?
Aveva scosso la testa di nuovo confuso e si era alzato per cercare di smaltire la sua irrequietezza camminando avanti e indietro.
Ad un tratto aveva messo una mano nella tasca e la forma rotonda del galeone che tempo prima gli aveva dato Hermione si era scontrata con la sua pelle. L'aveva fissato per un tempo indefinito e poi, il cuore in gola, aveva scritto il suo messaggio, sperando con tutto se stesso che rimanesse inascoltato. Si era infine addormentato con stretto nel pugno la sua speranza e la sua paura.

Si era riscosso per il calore che avvertiva sul palmo della mano e aprendo le dita una alla volta aveva letto la frase pungente di Malfoy con il cuore in gola. Senza pensarci oltre aveva risposto e si era messo in attesa: era certo che sarebbe venuto e sperò con tutto se stesso di non mandarlo in pezzi di nuovo.

Il crack della materializzazione risuonò duro e secco nella casa addormentata: la signora Black si agitò dietro alla sua tenda, mentre Kreacher sgusciò fuori dalla sua tana stropicciandosi gli occhi. Harry balzò davanti all'elfo e lo riportò a dormire sussurrandogli di vaghi sogni.
Draco, immobile nel corridoio di Grimmauld Place, sfoggiava la sua noia migliore, ma avrebbe voluto gettarsi nel fuoco per punirsi della sua debolezza.
Riaccompagnato Kreacher nella tana, Harry tornò da lui. Si fissarono e basta, le mani abbandonate lungo i fianchi, la bocca tesa in una linea sottile. Uno lo specchio deformato dell'altro. Un re bianco e un re nero intenti a scrutarsi sulla scacchiera.
"Io me ne vado." Disse ad un tratto Draco rompendo il silenzio e voltandogli la schiena.
Questa volta fu Harry ad afferrargli il braccio: "Resta."
Draco chiuse gli occhi, respingendo la nausea che lo stava assalendo.
"Perché, Potter? Che senso avrebbe?" Mormorò, la voce che lasciava trasparire una stanchezza profonda e logorante.
"Ci sto provando a capire, davvero." Disse Harry, sempre con la mano posata sul braccio.
"Cazzate, Potter. Tu non ci stai provando."
"Ti sembra una cosa così fuori dal mondo il fatto che potrei essere davvero preoccupato per te e per ciò che hai intenzione di fare?" Sbuffò l'altro.
"Per quale assurdo motivo dovresti essere preoccupato per me? Io e te non siamo niente! Poco più che conoscenti." Disse Draco girandosi all'improvviso per tornare a guardarlo.
Harry lasciò cadere la mano.
"Sai che non è vero, Malfoy. Io e te abbiamo un passato e anche piuttosto ingombrante. Il destino ha fatto incrociare il nostro presente, forse molto più strettamente di quanto avremmo mai voluto, ma è così. Quindi è evidente che non siamo solo conoscenti."
"E cosa siamo? Il grande Eroe e il Mangiamorte in rovina? Il Grande Auror e il Miserevole Tossico? Qualunque cosa siamo ora, sicuramente non siamo in una posizione di parità. E io non ho più voglia di competere con te."
"Non è una competizione!" Si arrabbiò Harry.
"E allora cos'è Potter? Cos'è che ti fa avvicinare a me per poi fuggire a gambe levate? Sempre che sia una fuga e non un allontanamento voluto e studiato per ferirmi sempre di più, sempre più a fondo! Cos'è? Ti è rimasta la voglia di finire quello che il Sectumsempra aveva iniziato?"
Harry ora lo guardava scioccato: come poteva pensare certe cose? Come? Se solo avesse saputo come si era sentito quando l'aveva trovato riverso nel suo stesso sangue, con il braccio squarciato e tutto il resto! Ma non poteva saperlo: non glielo aveva mai detto.
Decise di ignorare la provocazione, si scompigliò i capelli, si raddrizzò gli occhiali e infine disse: "Possiamo provare a collaborare?"
Draco alzò un sopracciglio e poi ringhiò: "Collaborare? Cioè intendi dire che tu darai gli ordini e io mi dovrò limitare ad eseguirli?"
Harry arrossì: effettivamente aveva in mente qualcosa del genere, anche se non così brutale.
"Perché invece di sforzarti a collaborare con me, non puoi provare a fidarti di me?" Continuò Draco, con una flebile speranza nel cuore.
Harry sgranò gli occhi e aprì la bocca per poi richiuderla subito dopo.
"Capisco. Non puoi fidarti: per quanto io possa fare, dire, cambiare, tu non mi considererai mai alla tua altezza. Credo che la nostra spiacevole conversazione possa ritenersi conclusa, Potter." E così dicendo si voltò di nuovo per andarsene.
La voce cruda di Potter lo assalì alle spalle come un ladro: "Non sono pronto a fidarmi di te, Malfoy. Ma non significa che non lo sarò mai. Perché è così importante per te?"
Perché ho bisogno che tu ti fidi di me. Ecco, questa sarebbe stata la risposta onesta.
"Perché sei stato di fianco al mio letto per una settimana intera? Perché mi hai abbracciato come se il mio risveglio fosse la cosa più importante del mondo? Perché continui ostinatamente a chiedermi scusa, Potter?" Rispose invece Draco, sempre di spalle, occhi e mani contratti.
Harry deglutì un fiotto d'aria per non esserne soffocato, ma tossì lo stesso penosamente.
"Perché pensavo di averti trascinato io a quel punto... dopo averti fatto promettere di..."
" Di non fare sciocchezze. E ora non lo pensi più?"
"No. Ora ho capito che se hai voluto provare a cambiare ciò è dipeso solo da te: io non c'entro nulla. E mi scuso una volta di più per aver avuto la supponenza di averlo creduto." Mormorò Harry.
Draco si girò, il volto trasfigurato da rabbia e dolore: questo Harry lo riconosceva bene. Si avventò su di lui prendendolo per le spalle e portandolo vicino al suo petto ansante.
Harry poteva percepire la rabbia sotto forma di calore che gli si riversava addosso, mentre Draco era sopraffatto dall'odore dell'altro.
"Non hai capito un cazzo, Potter. Come sempre. Sono stato io a voler cambiare, ma sei stato tu ad aver innescato la miccia. Tu e il tuo disprezzo, tu e la pietà che i tuoi occhi mi vomitavano addosso. E adesso, sempre tu, ti tiri indietro negandomi anche solo la possibilità di...", gli soffiò Malfoy sulla faccia.
"Io non posso fidarmi di te, non ora che non mi fido neanche di me stesso, Draco. Posso collaborare con te perché ciò accada, però. Alla pari. Posso provare a fare questo." Rispose Harry continuando a fissarlo, concentrandosi solo sui suoi occhi ed escludendo da tutto il peso delle sue mani sulle sue spalle, i loro corpi che sbattevano uno contro l'altro in più punti e soprattutto quella sensazione di intimità vischiosa da cui era fuggito più di una volta.
A quelle parole la stretta si allentò e sia Harry che Draco presero un sorso d'aria che fece bruciare loro i polmoni sofferenti.
Insieme all'ossigeno Draco bevve anche un po' del profumo dell'altro. L'odore del suo bisogno.
Senza accorgersene fece scivolare le mani sui bicipiti dell'altro, una carezza sconfitta che si interruppe sui gomiti, dove le dita artigliarono per pochi secondi il maglione di Harry.
"Me lo farò bastare." Disse infine abbassando gli occhi, confuso, arretrando di un passo.
"Ce la faremo bastare." Rispose Harry, facendo comparire nel suo campo visivo una mano tesa.
Draco rialzò gli occhi e afferrò quella mano. Alcuni secondi e poi Harry si trovò a stringere il vuoto.
"Me lo farò bastare." Mormorò al se stesso che lo fissava da uno specchio opaco del corridoio, gli occhi lucidi e sconvolti.





Sectumsempra - Vulnera SanenturDove le storie prendono vita. Scoprilo ora