In principio venne la paura

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Cap. 22- In principio venne la paura

Questi sospiri, pianti ed alti guai
Fanno saltare l'aria senza stelle
Mentre in lacrime mi trascinai
Diverse lingue, orribili favelle
Musica triste senza note
Anime nude senza nome
Senza infamia e senza lode
Senza vita e senza morte

Antinferno- Murubutu/ Claver Gold feat Shorty
Album Infernvm

Aggrapparsi.
Stringersi e implorare di non cadere, seppur consapevoli che caduti si è già e da altezze che non possono negare lo schianto. Eppure lasciarsi cadere comunque, aggrappati l'uno all'altro perché non ci sia solo la solitudine ad abbracciarli, pur sapendo che, alla fine, soli saranno comunque.

In principio venne la Paura. Sinuosa si fece strada nelle loro vene per poi straziarle. Incubi che parevano dimenticati, sepolti o superati strisciarono fuori da sordidi buchi per gelare loro il sangue e paralizzarli.
Paure antiche e perciò più forti e tenaci.
Immagini e visioni presero corpo nelle menti che popolavano il Ministero in quella notte infausta: lacrime silenziose si impastarono al sudore acido.
La Paura arrivo per mezzo di un vapore impalpabile che sapeva di biscotti al miele e albicocche mature: si intrufolò nei pertugi, sotto le porte, nelle vesti, nelle narici frementi e prima di attaccare illuse tutti con le sue promesse di dolcezze e infanzia.
Ma i sogni dell'infanzia si trasformarono ben presto in terrore.
Hermione si accartocciò su se stessa, con le mani sulle orecchie, intenta a dondolarsi e gemere piano: si rivedeva bambina nel mondo babbano, mentre tutti i suoi coetanei l'additavano e bisbigliavano alle sue spalle. Diversa! Strana! Si sentiva così sola, così fuori posto. Nel petto rimbalzava il dolore della consapevolezza di non piacere a nessuno e la paura di rimanere per sempre una emarginata. I bisbigli erano sempre più forti, sempre più cattivi! E per quanto lei si sgolasse nel dire che era solo una bambina uguale a tante altre bambine, nessuno le credeva.
In un altro punto del Ministero, Ron balbettava e urlava indicando grossi ragni immaginari che con le loro zampe immonde tentavano di prenderlo, gli salivano sul corpo e si intrufolavano ovunque: erano centinaia, migliaia. Cercava di urlare, ma quelli gli erano entrati nella bocca e avrebbero finito per soffocarlo. La risata di Fred era un suono stridente che gli graffiava il cranio. Lo cercò con occhi appannati e quel che vide lo prostrò ancora di più; un corpo esamine che rideva come una bambola rotta.
Il Capo teneva la faccia nascosta tra le mani, i denti conficcati nella carne sottile delle labbra per non urlare. Non doveva urlare, non poteva urlare: era quello l'ordine. Non poteva disturbare sua madre morente: se l'avesse fatto suo padre ne sarebbe uscito con il cuore a pezzi. Doveva essere un bambino forte e coraggioso. Ma era così difficile non piangere, non aggrapparsi alla sua mano pallida e gridarle di non morire. Non morire mamma! Non lasciarmi da solo. Vedeva il petto scarno della donna che tante volte l'aveva cullato, alzarsi appena, mentre piccoli rantoli sconnessi le sfuggivano dalle labbra. Scintille rosse scapparono fuori dalle sue mani. No! Non adesso! Gridò nel buio carico di lamenti del Ministero: non doveva fare stranezze, altrimenti quel maledetto prete che girava attorno alla mamma come un avvoltoio gli avrebbe detto ancora una volta che sua madre moriva, perché lui era un bambino cattivo, un bambino a cui piaceva il Diavolo. Solo la sua mamma capiva e comprendeva ciò che gli stava accadendo, solo lei era sempre pronta a difenderlo: ma lei stava morendo e lui sarebbe rimasto solo. La paura di quel pensiero fu così potente da rompergli il respiro nel petto e farlo cadere a terra boccheggiante.
Ovunque, nascosti dalle magie protettive corpi si appiattivano a terra e pianti si alzavano verso il finto soffitto di stelle.

Harry provò un leggero stordimento all'inizio: la mente pervasa da immagini colorate e risate, ma ben presto il campo venne invaso solo dal nero di uno sgabuzzino che anno dopo anno diventava sempre più piccolo, sempre più claustrofobico.
Provava rabbia e nostalgia di qualcosa a cui non sapeva dare nome. Provava pena per se stesso e fantasticava di genitori e amore,  provava un dolore sordo incastrato nello stomaco che non lo abbandonava mai, neanche per un istante. Ma non provava paura: cosa c'era di più terrificante della vita che già stava vivendo?
Forse fu per questo che quel vapore dolciastro non fece presa su di lui: non aveva avuto paura da piccolo,  perché si era abituato a non avere alcuna speranza.
Ben presto tornò presente a se stesso, ma ciò che vide e udì sì che gli fece provare il brivido della panico. Che diavoleria era in atto? Cos'erano quei lamenti e quelle lacrime e quei gemiti? Gli venne in mente l'immagine di un quadro visto tantissimi anni prima su un libro babbano: l'Inferno immaginato da non si ricordava più chi. Anime di dannati che si contorcevano  con le bocche spalancate.
Sarebbero morti tutti e nessuno se ne sarebbe reso conto.
Perché lì non si combatteva la magia oscura, ma la follia allo stato puro. Voldemort era stato un pazzo, ma aveva uno scopo, qualcosa di concreto che guidava le sue azioni. Il Dandy invece era manovrato solo dal desiderio di distruzione su larga scala.
Si riscosse da questi pensieri e corse da Hermione che continuava a dondolarsi e a mormorare parole incomprensibili con una vocetta sottile da bambina.
"Hermione! Hermione! Ti prego, svegliati! Svegliati! Non è reale! Solo una cazzo di magia!"
Ma la ragazza non lo sentiva nemmeno.
Disperato prese ad avvicinarsi a quelli che aveva intorno, ma neanche quelli sembravano udirlo.
"Moriremo, moriremo ancora prima di puntare la bacchetta!" bisbigliò incredulo, sentendosi come un sorcio preso in trappola.
Il pensiero corse a Ginny e una lacrima fuggì via; non avrebbe mai più avuto l'occasione di farsi perdonare e di cercare di cancellare dalla sua mente la loro ultima conversazione. Sarebbe morto con quel peso sulla coscienza. Sarebbe morto senza riuscire a far nulla.
Un altro volto si fece largo e gli occhi scavati di Malfoy lo fissarono con rimprovero. Gli pareva di sentirlo mentre lo accusava di averlo spinto a sacrificarsi per tutti loro, per lui. Tutti morivano per lui: così era stato, così era ancora oggi.
Un movimento alla sua destra lo riscosse dai suoi tetri pensieri, si voltò con la bacchetta pronta a colpire, ma un voce rotta lo precedette: "Harry!"
"Hermione! Per Godric! Come stai? Che cos'è successo?" fece Harry correndo da lei.
Altri corpi in quel momento presero a ridestarsi.
"Io... io... paura." Riuscì solo a dire, mentre si gettava tra le sue braccia esausta.
"Va tutto bene, tutto bene. Erano solo allucinazioni..."
"No! Era tutto vero! Era... " ma non riuscì a finire la frase.
"E' stata una magia o un veleno, qualcosa di quel maledetto bastardo. Hermione, ti prego calmati."
"Moriremo, Harry. Non siamo preparati a tutto questo." Mormorò Hermione.
"Combatteremo, non ci avranno così facilmente." Tentò di rincuorarla Harry, mentre coloro che erano con loro, gli si avvicinavano tremanti.
"Ha ragione la ragazza. Moriremo tutti. Se non per la bacchetta, sicuramente perché giocheranno con la nostra mente fino a farla a pezzi." Disse un vecchio Auror.
Harry si passò una mano tra i capelli, incapace di trovare le parole giuste.
Scese un silenzio spettrale.

Sectumsempra - Vulnera SanenturDove le storie prendono vita. Scoprilo ora