Ti deluderò, ti farò del male

52 2 0
                                    


Capitolo 8- Ti deluderò, ti farò del male

Oggi mi sono fatto del male
Per vedere se ero ancora in grado di sentire,
Mi sono concentrato sul dolore,
la sola cosa reale
l'ago fa un buco
la vecchia solita puntura
che cerca di eliminare ogni cosa
ma io ricordo tutto

Cosa sono diventato?
mio amico più caro
tutti quelli che conosco
vanno via alla fine
e potresti avere tutto
il mio impero di sporcizia
ti deluderò
ti farò del male

Indosso questa corona di spine
sulla sedia del bugiardo
pieno di pensieri spezzati
che non posso riparare
sotto le macchie del tempo
i sentimenti scompaiono
tu sei qualcun altro
io sono ancora qui

Traduzione dall'inglese di Hurt- Johnny Cash
Album: The man comes around

La sveglia di Ginny trillò allegra e sfacciata nel buio di un'alba che stentava a sorgere. La ragazza cercò di divincolarsi dall'abbraccio caldo e sicuro di Harry, allungando scompostamente un braccio per assestarle un pugno: quando ci riuscì il rumore si spense tra i borbottii di dispiacere dell'orologio magico.
Harry mugolò qualcosa riagguantando la fidanzata, il cui corpo nudo si era deliziosamente mosso contro di lui negli istanti precedenti.
"Harry devo andare!" ridacchiò Ginny deponendogli baci un po' meno che casti sul viso.
"Abbiamo ancora un po' di tempo! Non puoi essere una strega così cattiva da non lasciarmi un ultimo buon ricordo..." rispose l'altro ad occhi chiusi cercando l'incavo del suo collo.
"Se dovessi perdere la Passaporta rischierei di venire uccisa dal Mister e dalla squadra!" si oppose lei non tanto convinta, lasciandosi tormentare una clavicola dalla lingua dell'altro.
"Non mancherai, a costo di portarti io stesso in sella alla mia scopa nel caso dovesse accadere." Rispose Harry scendendo a nascondersi nel suo luogo preferito: l'incavo tra i suoi seni, dove si raccoglieva tutto il suo profumo.
Ginny socchiuse gli occhi, rabbrividendo al contatto della barba ispida contro la sua pelle.
"Una cosa veloce, Harry, senza impegno...", gemette lei, inarcandosi.
"Certo, senza impegno, ovvio!" Rise Harry prima di dedicarsi ad un capezzolo che lo guardava sfacciato, quasi a sfidarlo.
Ricaddero venti minuti dopo tra le coperte in disordine e questa volta Ginny fu velocissima a fuggire dalle braccia del fidanzato.
Quindici minuti dopo era perfettamente pronta, in piedi davanti alla Passaporta.
"Mi spiace vederti andare via, Ginny. Ma stai tranquilla, non pensare a me: concentrati solo su te stessa. Io starò bene. E se non dovessi risponderti subito è perché il lavoro...", iniziò a dire Harry, tenendola tra le braccia.
"No!" lo interruppe Ginny "Non devi giustificarti! So perfettamente che sono solo mie paure e ci sto lavorando. Non preoccuparti di niente."
La Passaporta si accese.
"Devo andare." Riprese Ginny depositandogli un bacio sulle labbra.
"A presto. Ti amo."
Ginny sorrise e sparì.

Harry rimase a guardare lo spazio vuoto qualche istante, con occhi pieni di malinconia. Ginny gli mancava già: la ragazza non voleva capire che la sua sola presenza gli dava un senso di appartenenza mai provato prima. Con lei le sue paure sbiadivano, la sua anima inquieta si accucciava in un angolo scodinzolando, per poi tornare a ringhiare non appena questa spariva. Quello che Ginny non vedeva era quanto fosse lui a dipendere da lei e non il contrario.
Il vecchio pendolo di casa Black batté l'ora con un grugnito, in quel luogo neanche l'orologio sapeva essere gentile, e Harry quasi si ammazzò sulle scale nel tentativo di raggiungere la doccia il più in fretta possibile.
Si lavò velocemente e decise di non sbarbarsi, voleva essere al Ministero prima del solito per cercare di incontrare Hermione, sempre molto mattiniera.

Si materializzò davanti all'ingresso e si diresse subito dall'amica che tuttavia non era ancora arrivata: il ragazzo maledisse la sua solita sfortuna e andò direttamente alla caffetteria che stava aprendo proprio in quel momento. Forse, si disse, era arrivato troppo presto. Aspettò pazientemente che il personale fosse pronto e poi ordinò il suo caffè.
La mente corse alle piacevoli ore appena trascorse, ma una nota dissonante di fondo incominciò a prendere piede. Harry sentiva l'inquietudine tornare a montare come la marea, lenta, ma inesorabile.
Il languore provato con Ginny cedette ben presto il posto al pensiero di tutte le responsabilità che ancora doveva affrontare, prima fra tutte, Malfoy.
Sentì il senso di colpa per averlo abbandonato strisciare subdolo e ancora una volta si ritrovò a scuotere la testa di fronte a quella assurdità.
Bevve il suo caffè con un umore completamente diverso da quello con il quale si era alzato.


Alla fine Paffy prese la sua decisione.
Con un sonoro sciocco comparve nel bel mezzo dell'atrio del Ministero, benedicendo la sua natura di Elfo che gli consentiva di fare cose che ai portatori di bacchette erano proibite.
L'atrio iniziava ad accogliere il consueto caos, ma la sua comparsa non passò inosservata e molte occhiate curiose si rivolsero alla figuretta esitante. L'elfo prese un grande respiro per racimolare tutto il coraggio di cui aveva bisogno per fare quello che aveva deciso.
Si guardò attorno con gli occhioni acquosi che sembravano voler cascare fuori dalle orbite e in questo stato iniziò a fermare tutti i maghi e le streghe che incrociavano il suo sguardo.
A ciascuno rivolgeva sempre la stessa domanda: "Avete visto il Signor Potter?!"
I più lo ignoravano, fingendo di non vederlo, altri si limitavano a fare un cenno di diniego con la testa per poi voltarsi in fretta. La voce dell'elfo divenne sempre più stridula a causa dell'agitazione: fu proprio la sua vocetta ad attirare l'attenzione di Hermione Granger, appena comparsa da un camino.
Rimase qualche istante ad osservarlo da lontano, ma appena comprese che la creatura era sull'orlo della disperazione si fece strada tra i maghi, lanciando occhiate scure e severe a tutti quelli che incontrava, quasi a rimproverarli uno ad uno per la mancanza di empatia.
"Ha bisogno? Le serve aiuto?" Chiese gentilmente, toccandolo appena per attirare la sua attenzione.
L'elfo fece un balzo all'indietro spaventato.
"Oh, non volevo impaurirla, ma mi sembra in difficoltà! Io lavoro qui, magari posso esserle utile." Disse in fretta la ragazza.
Grosse lacrime cominciarono a sgorgare dagli occhi dell'elfo.
Hermione si avvicinò preoccupata.
"Cosa succede?" Ripeté con una certa urgenza nella voce.
"Io" iniziò a dire Paffy tirando su con il naso "Io ho bisogno di Harry Potter! Subito!"
Hermione lo guardò sbalordita: non era certo la risposta che si era aspettata di sentire.
"Come mai ha bisogno di Harry Potter? Forse è successo qualcosa a Kreacher?!" Chiese di getto.
"Come fa questa strega a conoscere Kreacher?" chiese altrettanto sorpreso Paffy.
"Io sono Hermione Granger e Harry Potter è il mio migliore amico...", iniziò a dire la ragazza che tuttavia si fermò subito alla vista del corpicino dell'elfo scosso da un forte tremito.
"Hermione Granger! Hermione Granger! Paffy è davvero un elfo sfortunato! Sfortunatissimo!" Prese a strillare l'altro lasciando Hermione basita.
"Calmati, ti prego! Paffy, giusto? Calmati, dimmi cosa vuoi da Harry Potter."
"No! No! Il padrone mi ucciderà se saprà che ho parlato con Hermione Granger! No! Parlerò solo con Harry Potter! Harry Potter!" strillò di nuovo, attirando l'attenzione di tutti.
Hermione decise che era inutile insistere e che era meglio portarlo subito da Harry.
"Ok, vieni con me." Si risolse a dire incominciando a dirigersi verso l'ufficio Auror.
Dietro di lei Paffy non la smetteva di agitarsi, dire frasi sconnesse a mezza voce e piagnucolare.
Arrivati a metà strada, Hermione vide con la coda dell'occhio proprio Harry Potter il quale stava andando nella direzione opposta alla loro.
Senza pensare, afferrò la manina nodosa di Paffy e si mise a correre: giunta alle spalle del ragazzo lo richiamò ad alta voce.
Harry si girò e lo stupore si dipinse sulla sua faccia alla vista di Hermione, trafelata e spettinata, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, il suo sguardo si posò su Paffy e l'espressione sul suo viso si raggelò.
"Paffy! Cos'è successo? Perché sei qui?!" Disse tutto d'un fiato inginocchiandosi vicino alla creatura.
"Harry? Tu lo conosci?!" Chiese Hermione confusa.
"Paffy è l'elfo di Malfoy!" spiegò l'altro in fretta per poi riprendere "Dimmi! Avanti!"
L'elfo prese a tirarsi le orecchie, così forte che Hermione pensò fosse sul punto di staccarsele: "Harry Potter, il padrone! Il padrone sta male! Malissimo! Paffy non ha saputo aiutarlo! Harry Potter deve venire con Paffy, anche se Paffy poi sarà costretto a punirsi a lungo per essere venuto qui senza il permesso del padrone, ma il padrone non parla più, trema, vomita e sta per morire!"
Hermione si portò le mani alla bocca scioccata, mentre Harry impallidiva e si sentiva venire meno.
Nel mentre arrivò anche Ron che, all'oscuro di tutto, veniva avanti fischiettando contento. Fu solo quando vide gli sguardi terrorizzati degli altri due che incominciò a preoccuparsi: "Ehi! Che diavolo succede! Cosa sono quelle facce?"
La sua voce spezzò l'incantesimo che aveva paralizzato tutti e Harry prese a parlare freneticamente.
"Andiamo! Portami subito da lui" Disse Harry afferrando la mano della creatura.
"Harry! Non puoi sparire così, non puoi andare da solo! Non sappiamo neanche cos'ha! Forse sarebbe meglio chiamare il San Mungo!" Disse Hermione mettendogli una mano sul braccio.
"Qualcuno può dirmi che diavolo succede!" intervenne Ron.
Hermione glielo spiegò brevemente e anche il volto di Ron si ruppe in una smorfia.
"Non c'è tempo! Il padrone si sta facendo del male, il padrone sanguina! Paffy deve tornare, ora!" si intromise l'elfo graffiandosi la faccia.
"Vengo anche io con te! Ron! Tu inventati una scusa con il Capo e corri a cercare Kingsley! Raggiungeteci da Malfoy! Questa è l'unica cosa che possiamo fare!" Disse Hermione pratica, il cervello che girava a mille per trovare in fretta una soluzione accettabile.
Harry si limitò ad assentire senza aver compreso nulla, mangiato dall'ansia.
Ron li guardò e annuì a sua volta prima di sparire.
Harry riprese la mano dell'elfo, ma Hermione lo interruppe ancora: "Non qui, Harry! Attireremmo troppo l'attenzione. Andiamo nel mio ufficio!" E così dicendo si avviò di corsa, con gli altri dietro.
Non appena ebbe chiuso la porta alle spalle, strinse le mani degli altri due e Paffy li portò via.

Comparvero direttamente nella stanza di Malfoy e lo shock fu devastante.
Malfoy, nell'agitazione provocata dalle allucinazioni, era caduto dal letto e ora giaceva bocconi tra chiazze di vomito. Parlava senza sosta, ma ciò che diceva non era assolutamente comprensibile. Al posto del marchio nero c'era un profondo taglio slabbrato dal quale continuava a fuoriuscire sangue. Nella mano destra un pugnale d'argento brillava sinistro.
Paffy si avvicinò correndo, per aiutare il padrone ad alzarsi, ma Malfoy, scambiandolo per un nemico, alzò la bacchetta che teneva con la sinistra e lo fece volare lontano.
Hermione lanciò un urlo e Malfoy girò in fretta la testa verso di lei: fu allora che videro i suoi occhi, due pozze nere, colme di paura e rabbia, che si inchiodarono sulla figura di Hermione.
Draco lanciò un urlo selvaggio e Hermione per lo spavento mise un piede in fallo e rovinò a terrà. Harry parve tornare presente a sé stesso solo in quell'istante e con un gesto repentino della bacchetta gridò la prima cosa che gli saltò in mente: "Pietrificus Totalus!"
Draco cadde all'indietro, immobile. Gli occhi sbarrati e bui.
"Hermione! Stai bene?" Disse Harry balzando da lei.
"Sì! Oddio Harry! Oddio! Dobbiamo chiamare un Medimago!" Iniziò a dire l'altra tirandosi in piedi e correndo a sua volta da Paffy, ancora svenuto.
Harry si passò nervoso una mano tra i capelli, avvicinandosi cauto a Malfoy.
"No! Non avvicinarti!" gridò Hermione. "Potrebbe liberarsi dall'incantesimo! Io... io credo che sia in sindrome di astinenza... tra i babbani viene chiamata Delirium Tremens. Una cosa molto grave, Harry! Non so se funziona allo stesso modo per i maghi, ma potrebbe morire se non facciamo subito qualcosa! E poi sta perdendo troppo sangue: si vedono i tendini!"
"Ma che facciamo? Come lo portiamo al San Mungo senza toccarlo?!" Gridò l'altro, guardando Malfoy in preda al panico.
"Ho paura che potrebbe avere degli scoppi di magia improvvisi", disse la ragazza, spaventata.
"Hermione! Se è come dici non abbiamo molto tempo..." Ribatté Harry

Chiuso nella sua bolla, Draco galleggiava in un mare di dolore, le voci arrivano a lui distorte e malevole. Qualcuno lo aveva legato, qualcuno lo voleva morto! Doveva liberarsi, oh sì!

In quel momento le protezioni poste intorno a casa Malfoy scattarono ululando e a quel suono famigliare Paffy si riprese al grido di: "Nemici! Nemici!"

Draco si mosse, non visto.

Hermione si spostò sorpresa, mentre da fuori si sentiva Ron gridare come un ossesso: "Siamo noi, cazzo! Aprite questa maledetta porta!"
Harry si precipitò per le scale e spalancò la porta.
Kingsley con un gesto della bacchetta mise a tacere l'antifurto, mentre Ron chiedeva: "Allora?!"
Per tutta risposta Harry ritornò correndo in camera di Malfoy, seguito dagli altri che si fermarono sulla soglia, sconvolti.
"Credo che sia in astinenza da alcool, in preda a brutte allucinazioni. Se non facciamo qualcosa subito, potrebbe..." Iniziò a dire Hermione.
"Morire!" La interruppe la voce profonda del Primo Ministro. "Dobbiamo portarlo al San Mungo subito!"
"Attenti!" Urlò Ron indicando Malfoy che si stava rimettendo in piedi. Harry si voltò di scatto, agghiacciato dall'espressione impressa sul volto di Draco: una maschera di cera e sangue che continuava a ripetere parole sconnesse.
"Draco...", mormorò il ragazzo muovendo alcuni passi verso di lui.
Kingsley lo spostò bruscamente: Harry lo vide borbottare qualcosa con la bacchetta alzata e una specie di fune magica andò ad imbrigliare Malfoy che a quel tocco prese a dibattersi furiosamente.
"Le mani! Mandano scintille!" Lo avvisò Harry.
Kingsley pronunciò una litania in una lingua sconosciuta e poco dopo Malfoy non si mosse più.
Hermione lo fissava affascinata e non riuscì a trattenersi dal dire "Di che cosa si tratta?"
"Ma ti sembra il momento?!" La redarguì Ron.
Hermione arrossì e tacque.
"Bene. Ora uno per lato e al mio tre faremo una smaterializzazione congiunta! La nostra destinazione è il reparto Malattie Magiche. Penserò io a tutto."
Hermione sentì Harry mormorare: "Resisti Draco, resisti..."
Poco dopo la stanza rimase vuota. Anche Paffy, non visto, aveva seguito gli altri.

All'apparizione del piccolo gruppo i Medimaghi e le Maginfermiere presenti nel reparto sobbalzarono vistosamente, per poi impallidire alla vista del Primo Ministro, sporco di sangue con un ferito in braccio che pareva morto.
Si fece avanti il medimago più anziano: "Primo Ministro! Cosa succede?" disse allarmato.
"Draco Malfoy sta molto male. Indicatemi una stanza appartata dove possiamo metterlo e poi parleremo." Ordinò Kingsley.
"La famiglia Malfoy ha delle stanze private qui al San Mungo, da decenni, possiamo portarlo là." Suggerì l'anziano cerusico con decisione. La presenza di un Malfoy ferito in ospedale non era una cosa buona: già immaginava orde di giornalisti fuori dal suo reparto.
"Va benissimo, là sarà sicuramente più protetto che nel normale reparto." Disse il Primo Ministro, come se gli avesse letto nella mente.
Il medimago si mosse velocemente e ad un suo cenno comparve una barella con due portantini: il paziente venne deposto con delicatezza e solo allora il medico parve accorgersi della profonda ferita squarciata. Soppresse un commento e incominciò a fare strada.
Una Maginfermiera di mezza età, dall'aria molto efficiente, si staccò dagli altri e seguì il gruppo. Tramite un ascensore molto capiente salirono di parecchi piani fino a giungere alle stanze private. Percorsero un lungo corridoio sul quale si affacciavano alcune camere, ciascuna recante un simbolo sulla porta. Infine si fermarono su quella riportante lo stemma dei Malfoy.
Entrarono in una stanza molto ampia, dove in un lato era sistemato un letto ospedaliero e un'ampia gamma di strumentazione medica, mentre nell'altro si intravedeva una sorta di piccolo salotto.
"Però i ricchi! Anche le stanze private!" Sibilò Ron, meritandosi un piccolo calcio sugli stinchi da parte di Hermione.
Il paziente venne messo sul letto e la barella con i portantini si eclissò in un attimo. Il medimago si accostò a Draco e chiese: "Perché è legato?"
Kingsley riassunse brevemente la situazione e il medico sbarrò gli occhi: gran brutta faccenda!
Harry stava in disparte, gli occhi fissi su Draco, chiedendosi perché nessuno intervenisse a sistemare la ferita o perché tutti se ne stessero lì impalati.
"Carmen!" disse il vecchio rivolto alla Maginfermiera "Chiamami Paul e porta...", le parole divennero incomprensibili, ma l'infermiera scattò fuori dalla stanza con incredibile rapidità.
"Devo chiederle la massima discrezione. Nulla deve trapelare: la madre non è ancora stata avvisata e io devo gestire alcune cose. Il ragazzo se la caverà?" Chiese Kingsley.
"Troppo presto per dirlo" rispose il vecchio mentre con la bacchetta cominciava a ricucire il braccio, dopo averlo deterso.
Senza il sangue rappreso a schermarne in parte la vista, la ferita sembrava ancora più orribile. Hermione distolse lo sguardo, mentre Harry e Ron l'osservavano sconvolti.
In preda al delirio Malfoy doveva aver scavato più e più volte, aprendo la pelle e danneggiando i tessuti sottostanti.
"Ora vi chiedo di uscire, per favore. Fatemi fare il mio lavoro. Al termine vi aggiornerò su tutto, Primo Ministro." Riprese a dire il medico.
Tutti fecero per uscire, ma Harry rimase fermo dov'era, impietrito. È colpa mia, è colpa mia, solo colpa mia.
Ron lo prese per un braccio cercando di trascinarlo fuori, ma l'amico si divincolò con rabbia.
"Harry!" protestò Ron, attirando l'attenzione di tutti.
"Signor Potter! Deve uscire anche lei!" disse il dottore.
"No! Io non mi muovo da qui! Io devo stare con lui: non posso lasciarlo solo! Gli avevo promesso che l'avrei aiutato e invece... ho tradito la sua fiducia!" disse tutto d'un fiato.
Hermione e Ron lo guardarono senza capire, così come Kingsley.
"Che intende dire?" chiese il Medimago.
"Malfoy beve. Da moltissimo tempo, anni. Da quando... non ha importanza. Lui deve aver cercato di smettere, perché io ho insistito molto, senza sapere che sarebbe potuto stare male. Avevo notato un leggero tremito alla mano, ma non pensavo... io non sapevo..." rispose con voce rotta.
"Se ha smesso all'improvviso allora ha avuto un episodio di Delirium Tremens! Un fenomeno comune anche ai babbani, che può portare ad una morte orribile nel peggiore dei casi o a gravi problemi nella migliore delle ipotesi." Disse gravemente il mago.
"Ma nei maghi ha altri effetti, giusto?" intervenne Hermione agitata.
"Già, signorina Granger. Nei maghi può provocare danni alla magia, che diviene instabile e pericolosa fino a ritorcersi contro il mago stesso, se non si interviene velocemente. Adesso andate, devo visitarlo e non è sicuro per voi stare qui." concluse.
"Io rimango." Insistette Harry, come se andasse della sua stessa vita.
"Harry..." prese a dire Kingsley in tono severo, ma il ragazzo non lo sentì, anzi si avvicinò al letto come in trance.
"Le assicuro che è in buone mani. Mi faccia lavorare, la prego." Disse il medico, parandosi davanti "In questo stato non è utile a nessuno, signor Potter."
La mano di Hermione si chiuse su quella del ragazzo: "Harry vieni. Andiamo fuori, stiamo solo ritardando le cure."
La voce dolce dell'amica parve penetrare il muro di angoscia di Harry che infine acconsentì a farsi portare via, ma prima di farlo non rinunciò ad avvicinarsi al capezzale del giovane.
Incurante di tutti gli sguardi fissi su di lui, afferrò una mano dell'altro e chinandosi vicino al suo orecchio mormorò roco: "Sono arrivato Draco, sono qui. Perdonami..."
Il ferito si agitò nuovamente e Hermione lo trascinò via.
Nel mentre un'intera equipe medica entrò nella stanza.

Vennero condotti in una sorta di sala d'attesa e rimasero in silenzio per lunghi istanti, finché Kingsley disse: "Vado ad avvisare la signora Malfoy. Voi tre rimanete qui e avvisatemi subito in caso di necessità. Paffy, per favore, accompagnami tu." L'elfo, che fino ad allora era stato in silenzio, distrutto dal dolore, gli si avvicinò trotterellando con la mano tesa.
"Ma con il Capo? Come la mettiamo? Non credo si sia bevuto la mia storia: non sono riuscito a trovare niente di meglio da dire se non che Harry era stato trattenuto da una crisi del suo vecchio elfo domestico." Lo fermò Ron.
"Mi inventerò qualcosa. Il medimago Brown saprà come difendere la privacy di Malfoy: tutte le famiglie che pagano per avere un alloggio privato al San Mungo, hanno diritto ad un contratto magico di riservatezza." Disse Kingsley prima di sparire.

Non rimaneva altro da fare che aspettare.
Ogni tanto la porta si apriva e qualcuno scappava fuori per poi tornare con le braccia piene di pozioni.
Ad un tratto delle grida strazianti si udirono attraverso gli spessi muri, ma vennero immediatamente messe a tacere da un incantesimo insonorizzante.
"Non se la sta passando bene il vecchio Draco..." constatò Ron in tono grave. Sembrava sinceramente impressionato dallo stato di prostrazione in cui Malfoy versava.
Hermione gli si fece vicina mormorando qualcosa e indicando Harry.
Costui se ne stava davanti ad una finestra, con un pugno appoggiato al muro e lo sguardo tagliente rivolto al paesaggio magicamente trasformato. Ma Harry non vedeva e non sentiva nulla: il pensiero completamente rivolto a Draco.
È colpa mia, è colpa mia, solo colpa mia.
Mi ha aspettato e io non sono andato, mi sono fatto promettere l'impossibile e l'ho deluso. Sono io che gli ho fatto del male. Io.
"Sei sempre tu che mi ferisci più profondamente..." aveva detto Draco. E adesso capisco cosa volesse dire. Io. Io che chiedo tutto agli altri, io che giudico, io che li faccio sembrare inadeguati. Come Ginny.

"Harry?" Lo chiamò timidamente Hermione.
Il ragazzo deglutì a vuoto, qualcosa di enorme gli serrava la gola.
"Harry, non è colpa tua." Azzardò Hermione facendo un passo verso di lui.
"No! Non dirmi che non è colpa mia, Hermione! L'hai detto anche tu che non avrei dovuto forzarlo, costringerlo!" Alzò la voce l'amico, girandosi di scatto.
Ron vide delle lacrime baluginare lungo la risma degli occhi.
"Ascoltami Harry! Lui l'ha fatto, perché voleva provarci. Te l'ha detto Ron: nessuno può obbligare qualcuno a smettere di farsi o bere!"
"Ha ragione." Si affrettò a darle man forte Ron.
"L'ho costretto io, l'ho sfidato. E adesso rischia di morire per una cosa che non ero assolutamente in grado di gestire. Gli ho detto che se avesse avuto bisogno io ci sarei stato, ma alla prima occasione ho preferito ignorarlo!"
Non disse nulla di Ginny: non avrebbero capito.
"Devo andare. Se succede qualcosa avvisatemi. Devo stare solo per qualche tempo."
E così dicendo corse via, a testa bassa.

"Che diavolo gli prende?" chiese Ron preoccupato e confuso "Voglio dire, sembra che stia parlando di un suo caro amico, ma si tratta di Malfoy, giusto? Quel Malfoy."
Hermione guardò la schiena di Harry scomparire oltre l'angolo e poi rivolse la sua attenzione al fidanzato: "Non lo so. Ma credo che Malfoy in questo preciso momento rappresenti per Harry qualcosa a cui neanche lui riesce a dare nome o a spiegare. Come se ci fosse qualcosa che li unisce, nel bene e nel male."
Ron la fissò qualche istante e poi disse: "Ti offendi se ti dico che sono ancora più confuso di prima? Quello che mi chiedo è perché Harry non è capace di stare lontano dai guai neanche volendo!"
Hermione sorrise e disse: "Harry sarà sempre in mezzo ai guai."


Harry corse fuori dall'edificio e fece appena in tempo a ripararsi in un vicolo sudicio prima di rovesciare il suo stomaco sull'asfalto. Si sentiva male come non accadeva ormai da molto. Ma era una sofferenza diversa da quella provata ai tempi di Voldemort: allora era dettata dalla preoccupazione per coloro a cui teneva, dal rimpianto feroce per tutti quelli che erano morti per aiutarlo, dalla paura derivante dalla consapevolezza di dover morire. Ma era diverso. Quello lo poteva sopportare.
Questo no. Questo dolore era simile a quello provato quando Sirius era sparito oltre il Velo. Era stata colpa sua: non aveva voluto sentire ragioni, non aveva ascoltato nessuno, preda di un cieco orgoglio che lo faceva bruciare e non gli aveva permesso di vedere l'inganno di Voldemort. Da allora si era ripromesso di non lasciarsi mai più guidare dalla sua impulsività, ma aveva fallito. Anche questa volta, come un idiota, aveva creduto di saperne più di tutti, di sapere cosa fare, cosa dire. Senza accorgersi che il male che affliggeva Malfoy era andato ben oltre alle sue possibilità, lo aveva gettato con le sue stesse mani oltre il Velo. La sfiducia e il giudizio che aveva rovesciato minuto dopo minuto negli occhi di Malfoy l'avevano indotto a raccogliere la sfida. Harry ne era certo: era stato sempre così tra loro. Malfoy aveva passato anni a dimostrare di essere migliore del Prescelto, a essere la miglior parte oscura dell'altro. E aveva fallito. Harry pensò, con un sorriso amaro, che se fosse morto l'avrebbe battuto per la prima volta.
Vomitò di nuovo.

Sectumsempra - Vulnera SanenturDove le storie prendono vita. Scoprilo ora