2. un piano molto stupido

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Passarono circa dieci giorni. Suzanne era sempre più seccata dai comportamenti del suo capo. Si atteggiava sempre più da idiota secondo lei. Stava cominciando a cercare di intercettarla per pranzo, non riuscendoci per un soffio grazie a delle impiegate che continuavano a fargli perdere tempo e a bloccargli il passaggio, cercava di invitarla a uscire, provava a farle allusioni che lei fingeva solamente di non capire, quando in verità gli avrebbe volentieri vomitato sulle scarpe, cominciava a seguirla quando se ne andava dall'ufficio cercando di capire dove abitava, ma per fortuna non riusciva mai a superare l'incrocio appena accanto all'ufficio perchè Suzanne, da buona furba quale era, nel sentire i suoi passi, accelerava la sua camminata e riusciva ad attraversare ad un soffio dal rosso, e per quando tornava il verde per i pedoni, si era già eclissata.

Una sera però, il 13 ottobre se non si sta andando in errore, la povera assistente era troppo stufa di quella giornata per potersi mettere a seminarlo in quella maniera, quindi aveva pensato che le sarebbe potuto bastare prendere dei vicoli per poter sparire dalla sua vista, anche se in verità quel giorno, anche Antonio era di tutt'altra idea. Aveva pagato due ragazzi sui venticinque anni per fingere di aggredirla e derubarla in modo che lui potesse intervenire e apparire come un eroe ai suoi occhi, così mentre i due cominciavano a seguirla a piedi, lui li distanziava di qualche metro nella sua macchina nera non così tanto discreta, visto che era un Alpha Romeo ultimo modello gigantesca e molto costosa. 'ma è cretino? Quella macchina si vede da miglia di distanza' pensò Suzanne ruotando leggermente lo sguardo verso una vetrina e vedendolo lì che la seguiva da appena una ventina dimetri di distanza, una volta che fu sbucata nella grande via malfamata con accanto il campo da basket. Una volta notata la macchina, il suo sguardo però catturò un altro dettaglio, anzi due, che se ne stavano acquattati fra i bidoni dell'immondizia del vicolo da cui lei era uscita. Suzanne in cinque secondi netti riconobbe l'altezza e la stazza fisica dei due suoi più acerrimi nemici del liceo. I suoi due bulli. 'che cosa ci fanno loro qui? Aspetta...il capo! Quel brutto figlio di_' pensò irritata stringendo i denti e costringendosi a proseguire la sua camminata, ma prima di concludere quel suo pensiero, le balenò per la testa un'altra bella idea. I suoi due bulli, la tormentavano perchè non sapevano di chi era la nipote, e quando lo avevano scoperto, si erano letteralmente cagati addosso. Così pensando arrivò davanti al campetto da basket. Luogo perfetto per far fare quattro risate ai giocatori e al capitano no? Visto che lei li conosceva e a volte quando non era troppo stanca giocava con loro, poteva permettersi di farlo. Si fermò sul marciapiede, sotto un lampione, si chinò in avanti massaggiandosi le caviglie borbottando per il dolore, dando il tempo ai ragazzi di avvicinarsi un po', ma quando le furono proprio dietro, lei in un gesto brusco finse di cadere in avanti, facendosi cadere dal naso gli occhiali, per poi rialzarsi volgendo di proposito lo sguardo verso di loro. Da lì il capo non poteva vederla, quindi poté permettersi di ghignare mentre si rimetteva in piedi. -t-t-tu?!- balbettò uno dei due puntandola con un dito e indietreggiando di un passo -ehi? Come state ragazzi? Cosa vi porta da queste parti? È proprio un brutto postaccio lo sapete?- chiese lei incrociando le braccia ed inclinandola testa di lato -ehm... N-niente!- gridò l'altro strattonando via il suo amico verso la macchina di Antonio, che vedendoli correre nella sua direzione sbatté la fronte contro il volante con frustrazione. -l-lei è pazzo! Ma ha idea di chi sia lei?!- esclamò uno dei ragazzi -la mia assistente. La ragazza che vi ho detto di aggredire- rispose l'uomo, incuriosito da quella sua domanda -e poi i drogati saremmo noi eh?! Fatti curare amico. Non vogliamo rogne. riprenditi i tuoi soldi- sbottò l'altro lanciandogli le consistenti mazzette di banconote che aveva nelle tasche e scappando via di corsa insieme al suo compare. 'di che stanno parlando? Cosa c'è di così terrificante nella mia Piccola?' pensò lui perplesso rialzandolo sguardo verso Suzanne, la quale si era già rimessa gli occhiali sul naso, ma che non era ancora ripartita per la sua strada, bensì si era fermata a parlare con il capitano della squadra di basket chele era venuto incontro. Felipe era il suo nome, ed era uno spilungone di oltre due metri, abbronzato, di origini brasiliane e con i capelli tinti di biondo. Antonio fece per avvicinarsi un po' abbassando il finestrino per ascoltarli, e già da quel poco che riuscì a sentire, c'era qualcosa che non gli quadrava:

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