6. venticinque anni sotto un mucchio di coperte

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Mercoledì 2 Novembre. Erano le dieci quando John si svegliò. Si stropicciò gli occhi e fece per tirarsi su, ma quando sentì il suo braccio destro bloccato, si sforzò di mettere a fuoco il pesante perchè. Suzanne vi era sdraiata sopra. Stava tremando dal freddo, respirava affannosamente e appena sentì il freddo dovuto allo spostamento del coinquilino lo afferrò per la maglia con cui dormiva e cercò di ritirarlo giù. Lei infatti dalla sera della festa, non si era ammalata subito, perchè per fortuna godeva di una grande resistenza alle malattie, ma il forte carico di stress dovuto al suo capo, le poche ore di sonno e i vari pasti saltati nell'ultimo periodo per un motivo o per un altro, l'avevano finalmente vinta. Era lì nel letto, debole, bollente, con un forte mal di testa ed incapace perfino di mettere a fuoco dove si trovava. Sapeva solo che vicino a sé aveva una persona molto calda che forse poteva scaldarla un po'. John continuò a fare resistenza contro le sue mani che cercavano di tirarlo giù, e ad urlo chiamò gli altri due coinquilini per farli venire lì a dargli una mano. Era preoccupatissimo per lei. Da quando Suzanne era venuta ad abitare con loro, il massimo di malattia che le avevano visto addosso, erano i crampi del suo periodo del mese, ed il vederla in quello stato fu un colpo basso. Giovanni nel non sapere cosa volesse il suo compare, arrivò d'istinto con un termometro, ma quando entrò nella stanza e vide la ragazza in quel modo, senza perdere tempo glielo mise sotto il braccio per misurarle la febbre. -porca puttana!- esclamò quando vide la temperatura -quanto ha?- chiesero insieme gli altri due -h-ha quasi quaranta! Uno di noi deve andare all'istante a prendere delle tachipirine o comunque qualcosa per fargliela abbassare- ordinò lui alla svelta, e a dir poco correndo, John e Carlo, pur essendo in pigiama, si fiondarono fuori dalla porta della casa.

Intanto in ufficio, Antonio era preoccupato. Suzanne quella mattina ancora non si era fatta vedere, e lei di solito arrivava anche prima di lui, quindi credendo che Simone potesse sapere dove fosse finita, uscì dal suo ufficio e gli arrivò di fronte, appoggiando i gomiti sulla parete di sughero. Lo trovò però che guardava tristemente la sedia vuota della sua assistente, ma quando fece per attirare la sua attenzione, il cellulare del segretario squillò facendolo sobbalzare. -G-Giove?- balbettò Simone rispondendo alla chiamata 'Giove? Ma non è il nome di uno dei fratelli della mia Piccola?' pensò Antonio alzando un sopracciglio -c-come sarebbe che la Fragolina ha la febbre alta?- chiese ancora il ragazzo ed il CEO sgranò gli occhi -proprio oggi?- domandò poi ancora il ragazzo -cavolo che sfiga che ha quella ragazza però- commentò ancora -sì sì mi risparmio i commenti. Avete bisogno di aiuto?- chiese successivamente alzandosi in piedi, per poi rendersi conto che era davanti al capo che lo stava fissando -ho capito sto arrivando- concluse infine chiudendo la chiamata, e senza guardare in faccia nessuno corse via dall'ufficio, senza rendersi conto che Antonio lo stesse seguendo. Salirono nelle loro macchine, e partirono entrambi. Il secondo seguiva il primo molto attentamente, cercando di memorizzare la strada. 

Si fermarono davanti ad un palazzetto di tre piani appena, con l'intonaco decadente e qualche finestra mancante. Simone scese alla svelta e suonò ripetutamente al campanello, fin quando Giovanni non gli venne ad aprire. -Giove dov'è la Frag_- cominciò a chiedere il ragazzo, ma non fece in tempo a finire che il capo lo afferrò da dietro per la giacca sollevandolo da terra. Lo spinse giù per i quattro scalini che separavano la strada dalla casa, ed entrò nell'appartamento al suo posto spingendo di lato Giovanni che purtroppo non fu né abbastanza forte da buttarlo fuori, né abbastanza veloce a chiudere la porta. Antonio si guardò intorno appoggiandosi al tavolo dove di solito loro mangiavano. 'questa casa è minuscola' pensò disgustato. C'erano tre porte che affacciavano tutte e tre sulla cucina. Le aprì tutte. Una era una camera con un letto a castello, la seconda un piccolo bagno, e nella terza, finalmente vide un rigonfiamento sotto un tumulo di coperte che grugniva tirandosele ancor più su fino a coprirle la testa. 'bingo' pensò l'uomo facendo per accendere la luce, ma l'interruttore a muro non funzionò. Lui sbuffò alzando gli occhi al cielo, e avanzò cercando di non cadere fino ad essere ai piedi del letto, davanti a lei. -Piccola?- provò a chiamarla, ma lei emise solo uno strozzato piagnucolio -Piccola- ripeté ancora picchettandole con due dita su un piede, ma la ragazza in risposta lo ritrasse e a fatica, tirò fuori lentamente la testa da sotto le coperte. Vedeva tutto sfocato, e pur essendoci la luce che proveniva dalla porta aperta, non riusciva a capire chi avesse davanti. Per lei quell'uomo era un'indefinita patacca nera su uno sfondo grigio crepato. -Giove?- biascicò cercando di metterlo a fuoco -ehm... no- disse Antonio confuso -Scott?- provò ancora la ragazza stropicciandosi un occhio e alzando la voce a causa di una nota di felicità che gliel'aveva incrinata -no- brontolò di nuovo l'uomo accigliandosi, ma Suzanne a quel punto si rimise giù farfugliando -stupide allucinazioni. Adesso mi rispondono pure- e si rimise la coperta sulla testa lasciando il suo capo basito a fissarla. Stava quasi per tirargliela via di nuovo per vedere quanto ci avrebbe messo a riconoscerlo, quando Giovanni entrò come una tempesta nella stanza e cominciò a sbottargli contro a bassa voce. -che cazzo ci fai tu qui? Non lo vedi che sta male?- cominciò indicando Suzanne con una mano -non mi ha riconosciuto- disse Antonio completamente a caso -e allora? Sei veramente uno stronzo egocentrico. La Sorellina ha la febbre alta, a volte delira, e tu pensi al fatto che ti ha scambiato per qualcun altro oppure non ti ha visto proprio?- tuonò Giovanni d'improvviso alzando la voce -G-Giove- piagnucolò in quel momento Suzanne tappandosi le orecchie con il cuscino -sì Sorellina?- chiese lui cauto -se devi parlare al telefono ti prego esci di qui. Mi scoppia la testa- gemette lei piegando il capo in avanti -sì scusami, adesso prendo il telefono- disse il coinquilino afferrando il CEO per un polso -e vado a fare la mia chiamata altrove- concluse per poi trascinarlo fuori dalla stanza prima di chiudere la porta.

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