10. qualche confidenza

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2 febbraio. Finalmente Suzanne era tornata in ufficio, anche se non trovò così tanti disastri come si aspettava. Fortunatamente aveva lasciato i file del capo messi così tanto in ordine che per lui fu semplicissimo studiare ciò che gli servisse per il lavoro, ma la gioia che gli riempì gli occhi quando la vide entrare nel suo ufficio con un caffè ed una bomba al cioccolato fu impagabile. Era pronto a saltare in piedi dalla poltrona ed abbracciarla, ma ricordando gli avvertimenti della madre, che lo aveva ammonito che quello che era successo era colpa sua e del suo comportamento, si trattenne, cosa di cui Suzanne rimase stupita. -buongiorno, signore- salutò pacata facendogli un inchino, e lasciatogli ciò che aveva portato sulla scrivania, rimase lì, in attesa che dicesse qualcosa. -perchè sei ancora qui?- le domandò ad un tratto Antonio picchettandosi la penna che aveva in mano sulle labbra -mi sono resa conto che, per essere un'assistente, mi sono presa troppe libertà nei suoi riguardi, quindi, sono qui, in attesa di essere congedata, o che mi venga detto se le serve altro- affermò la ragazza, stupita dalla domanda che lui le aveva rivolto -mi fa strano, sai? Che tu non mi abbia ancora dato una botta in testa, o che non mi abbia ancora urlato contro- osservò l'uomo -mi scusi- sussurrò lei abbassando il capo -comunque, c'è qualcosa in verità che vorrei chiederti, se posso, e se il nostro accordo lo permette-

-mi dica-

-comincio ad avere l'ansia che quel ragazzo possa tornare da un giorno all'altro, e che tu te ne vada senza aver risposto alle mie domande, quindi volevo chiederti, c'è un posto dove potrei trovarti, e scoprire il tuo nome?-

-sì-

-sono... posti a cui io posso accedere?-

-solo io e lei in verità. Se non ci ha ancora guardato, mi sorprendo di lei. Mi aveva dato l'impressione di essere un uomo molto curioso. Devo forse ricredermi?-

-oh no, è che brancolo nel buio al momento, principalmente perchè non sapevo se potevo accedere magari ai file dei dipendenti per cercarti oppure no, ma dimmi, come dovrei fare, a capire che sei tu?- 

-gli stipendi sono tarati in base alla classe sociale. Se mette il filtro per isolare quelli con la mia categoria, ce n'è una che le salterà sicuramente all'occhio-

-ma dimmi, tu mi stai dicendo tutto questo, perchè vuoi che io ti scopra, oppure per qualche altro motivo?-

-non amo avere conti in sospeso con le persone, e come ha detto lei, Scott potrebbe tornare in qualsiasi momento, e mi dispiacerebbe non rivederla più, lasciandola con delle domande-

-capisco...-

-comunque, è vero, io non le ho urlato contro e non l'ho presa a botte in testa, ma anche lei si è comportato in modo diverso, non trova?-

-è vero. Mia madre mi ha consigliato di cercare di non farti arrabbiare, quindi sto andando a tentativi, per capirti meglio, diciamo-

-direi allora, che come primo tentativo, non è andato male-

-mi fa piacere, ora, se non hai altro da dirmi, puoi tornare alla tua scrivania-

-solo un'altra, se posso-

-prego, ti ascolto-

-ha solo un tentativo, quindi, presti molta attenzione. Se sbaglierà, io non avrò più un conto in sospeso con lei-

-va bene. Grazie dell'avvertimento. Starò molto attento. Ora puoi andare, e grazie del caffè e della bomba al cioccolato-

-si figuri- rispose Suzanne prima di uscire dall'ufficio chiudendosi la porta alle spalle, lasciandolo solo con i suoi pensieri. In verità quel giorno lui avrebbe potuto concentrarsi solo su quell'accordo, non avendo meeting o incontri con dei clienti in programma, infatti dopo aver ricontrollato la sua agenda per assicurarsi di non aver veramente niente da fare, aprì la tabella dei dipendenti che la sua assistente gli aveva fatto con cura, colorata, ordinata, e perfetta per trovare qualsiasi cosa si cercasse. Inserì il filtro per isolare le assistenti dal resto, e cominciò a setacciarle tutte. Come Suzanne gli aveva detto, a seconda della categoria, le dipendenti avevano tutte lo stesso stipendio, ed il fatto che lei glielo avesse specificato, lo spinse a guardare solo quello, prima di andare a guardare i nomi. Li scorse tutti. Erano tutti numeri a quattro cifre, ma arrivato al quartultimo numero dal basso, incontrò un anomalo, e tondeggiante zero. 'zero? Impossibile... e se invece fosse...' pensò Antonio seguendo con il dito puntato sullo schermo quella riga, fino a giungere a quella più a sinistra di tutte. 'ti ho trovata' pensò trionfante prendendo il cellulare e scrivendole di venire nel suo ufficio appena possibile. Suzanne in cinque minuti scarsi fu da lui. Entrò nella stanza bussando alla porta, ed una volta datole il permesso, fece un passo all'interno, lasciando libero accesso a chiunque volesse dare un'occhiata. -chiudi la porta, per favore- le chiese Antonio nascondendo un ghigno dietro le sue mani sovrapposte e sistemate sotto il suo naso. Lei fece come le era stato ordinato. -cosa desidera signore?- domandò Suzanne leggermente preoccupata. Sentiva in quel momento l'aria mancarle, e non solo per le finestre chiuse. Era come se non si fosse mai soffermata ad osservare come Antonio la guardava sempre. Come se volesse spogliarla con gli occhi. Da quella sua domanda si dilungarono vari minuti di silenzio, prima che l'uomo si muovesse. Girò di un quarto la sedia verso destra e si alzò lentamente, senza distogliere lo sguardo da lei. Le si avvicinò cauto, ma lei non si mosse. Si stava sentendo come se le avessero bloccato i piedi in dei blocchi di cemento. Si strinse la cartellina portadocumenti al petto come uno scudo con le braccia, e si addossò contro la parete accanto alla porta. Antonio si fece ancora più vicino, e la bloccò lì dov'era appoggiando gli avambracci ai lati della sua testa. Lasciò andare il suo ghigno, che gli si disegnò sul viso in pochi secondi, fiero di essere apparso. -desidero delle risposte, Suzanne- affermò con tono basso, avvicinando la bocca al suo orecchio -va bene. Gliele darò, ma per favore, si faccia più indietro- rispose prontamente lei appoggiandogli una mano al centro dei pettorali, ma sotto la camicia, sentì rimbombare furiosi i battiti di un cuore potente come i colpi di un AK-47. Un bel colorito rosato le tinse le guance, e trovando la forza di spingerlo all'indietro, sopra il divanetto che gli era alle spalle, trasse un profondo sospiro, si staccò dal muro, e si accomodò su una delle sedie che di solito occupavano i clienti. -dunque, signore, cosa vuole sapere?- domandò senza smettere di guardarlo negli occhi -di che contratto stavi parlando con mia madre?- rispose subito lui serio -uff... sua madre, quasi cinque anni fa, ha stipulato un contratto di 5000 euro con me, per farmi essere la sua assistente, dicendo che il mio temperamento, ed il mio "non piegarmi al volere di nessuno", sarebbero stati la scelta perfetta, per renderla una persona migliore- 

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