CAPITOLO 6

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"Hektor?"

Cheryl fissò il divano vuoto e si sentì gelare.

"Hektor!" esclamò e corse in cucina nella speranza di trovarlo intento a prepararsi un caffè.

Lui non era nemmeno lì. Corse in bagno e poi di nuovo in soggiorno.

"Hektor!" gridò di nuovo. "Accidenti, ma dove diavolo sei finito?"

Le sue grucce erano appoggiate accanto al divano, però considerato che non le aveva usate per entrare in casa, era probabile che avesse approfittato dell'assenza di Cheryl per avventurarsi per le scale.

"Testardo di un greco... Asino..." mormorò fra i denti.

Nelle sue condizioni, non doveva correre rischi inutili. Cheryl salì due gradini per volta e si precipitò al piano dove si trovava la camera da letto di Hektor. Quando aveva cercato i vestiti da portargli in ospedale, aveva evitato di guardarsi intorno, aveva chiamato Belinda per non soffermarsi a osservare la stanza... il letto di Hektor. Spalancò la porta e accese la luce, convinta di svegliarlo.

"Santo cielo, Hektor! Non puoi fare cose simili! Tu devi..."

'Essere prudente,' stava per dire.

Ma lui non c'era... La stanza era deserta. Non era possibile che nella mezz'ora in cui era stata assente, si fosse sentito male e avesse chiamato un'ambulanza.

"Hektor!" gridò preoccupatissima, scendendo le scale.

Si fermò un attimo nella stanza dove dormiva lei. Nulla neanche lì.

"Hektor! Rispondimi, per favore!" gridò ancora, quando arrivò al piano terreno.

"Per amor di Dio, smetti di urlare, donna!"

La voce proveniva dallo studio nel seminterrato e Cheryl corse in quella direzione. Hektor era seduto tranquillamente alla scrivania. Aveva acceso lo schermo enorme del computer e stava leggendo una mail come se niente fosse.

Achiles era ai suoi piedi e scodinzolava soddisfatto. Cheryl era furibonda e per un attimo lo fissò in silenzio.

"Hai aperto solo la posta?" gli chiese cercando di mantenere la poca calma che le era rimasta.

"Sì... Stavo leggendo questo messaggio."

"Ah... il messaggio... Capisco... L'hai salvato?" gli chiese cercando di non strozzarlo.

"Certamente che l'ho salvato..."

"Ah, bene... molto bene," ribatté lei, poi girò intorno alla scrivania e con tutte le sue forze, strappò la spina dalla presa al muro.

"Ma... Cosa fai?" esclamò lui.

Il movimento fu troppo rapido e si portò la mano alla testa per il dolore.

"Cosa sto facendo? Be'... Mi sembra ovvio: il mio lavoro. Ti sto aiutando, Hektor."

"Non potevi semplicemente chiedermi di spegnere il computer?"

"Hmm... Che idea... Come mai non ci ho pensato? Non dirmi che l'avresti fatto..."

Mentre parlava, Cheryl stava staccando tutte le prese e il cavo di alimentazione. Si guardò intorno in cerca di un posto dove piazzarle, poi aprì un cassetto, spinse tutto lì dentro, chiuse a chiave e infilò la chiave in tasca.

"Sei fuori di testa, Cheryl?" le chiese Hektor sbigottito. "Non puoi fare questo... Io devo lavorare. È per questo che sono tornato a casa."

"Sei tu quello fuori di testa. Sai bene che non sei in condizioni di farlo."

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