CanLe parole di Osman mi scossero, capii di non poter più aspettare. Fino ad allora non avevo fatto altro che dar retta al mio orgoglio che mi stava annientando. Stavo perseguendo un futuro di cui non sarei riuscito a vedere la luce. Stavo illudendo una donna che non avrei amato mai. Stavo facendo del male a me stesso perché, che io lo volessi o no, senza Sanem la mia vita era vuota, inutile.
«Raggiungila, Can! Non buttare all'aria un amore così grande. Non fare la cazzata di perderla per sempre e poi rimpiangerla, perché Sanem ti ama e non ha mai smesso di farlo, nemmeno quando credeva che tu l'avessi tradita.» Le parole di Osman risuonavano nella mia mente costantemente, al punto da estraniarmi dalla realtà e non permettendomi più di concentrarmi sul lavoro.
Prima di andare via dalla redazione, Deren entrò nel mio ufficio ricordandomi della "riunione" a casa di Jeren.
«Io verrò più tardi, devo finire del lavoro» replicai.
«Lo finirai domani, Can. Sei chiuso qui dentro da questa mattina. Dai, chiudi tutto e andiamo!» mi pregò.
«No, Deren, se non lo termino entro stasera perdo il filo. Davvero, iniziate ad andare voi, io vi raggiungo.»
«Uffa! Va bene, come vuoi!»
«A proposito... dovrei parlarti» le accennai, prima che uscisse dal mio ufficio.
Si voltò, scrutandomi. «Lo faremo domani, d'accordo?» mi chiese, per poi scappare via.
Una volta andati via tutti, spensi il computer e restai a riflettere. Mi poggiai con i gomiti alla scrivania ed intrecciai le dita delle mani. Sentii di nuovo la voce di Osman che mi incitava ad andare da lei, ma stavolta sentii anche un'altra voce che mi ricordò di quanto Sanem mi avesse fatto soffrire accusandomi ingiustamente.
Il mio telefono suonò e Deren mi disse che la sua macchina non voleva mettersi in moto. La raggiunsi nel garage ed effettivamente riscontrai che la batteria era a terra. Non vedendo nessuno dei nostri colleghi, fui costretto a farla salire nella mia auto.
«Dovrei passare un attimo da casa, ti dispiace?» mi chiese.
Feci cenno di no e arrivammo da lei. Spensi il motore e aspettai che scendesse dall'auto.
«Cosa fai? Non vieni con me?» mi domandò.
«Ti aspetto qui...» risposi, guardando la sua espressione delusa, «o faremo tardi» aggiunsi, facendole intuire probabilmente qualcosa a cui non stavo minimamente pensando, ma la vidi sorridere.
«Possiamo arrivare con un po' di ritardo» mi disse maliziosa.
«Vai, ti aspetto qui!» ribadii, cercando di non essere troppo freddo.
Di nuovo apparve la delusione sul suo viso e una volta scesa dall'auto iniziai a pensare.
«E' andata a Sirkeci per rimanere sola» mi aveva riferito Osman, quella mattina.
«Ti ha giudicato come un traditore. Ti ha ferito, fregandosene anche di permetterti di discolparti. Non ti merita» incalzò la voce del mio orgoglio.
Mi passai le mani sul viso, ormai esasperato, e non mi accorsi di Deren che era risalita in macchina.
«Ti senti bene, Can?» mi chiese, vedendomi così.
«Sono un po' stanco, ho lavorato tutto il giorno.»
«Hai bisogno di passare da casa tua per cambiarti?»
«No, non ce n'è bisogno. Andiamo!» dissi, mettendo in moto.
Attraversai un incrocio per poi svoltare a destra.
«Can, è dall'altra parte!» mi segnalò allarmata Deren.
Mi resi conto che stavo prendendo la direzione sbagliata, quella che conduceva fuori Istanbul. Mi fermai e mi accinsi a fare inversione.
«Se sei stanco posso guidare io» propose.
«Non preoccuparti, non ce n'è bisogno» esclamai con un sorriso per non darle modo di pensare alla mia "assenza".
Arrivammo da Jeren, i nostri colleghi erano già tutti lì. Le ragazze si complimentarono con Deren per la sua mise. Solo allora mi resi conto che aveva indossato un vestito a tubino bordeaux e delle scarpe decolleté molto alte. Si voltò a guardarmi e mi sorrise tristemente. Le andai vicino.
«Non mi hai ancora detto come sto!» mi disse a voce bassa.
«Sei bellissima» esclamai sincero ma al tempo stesso consapevole che non m'importava di ciò che indossava. «Vado a prendere qualcosa da bere» dissi, allontanandomi.
Presi un bicchiere ed uscii in giardino, mi misi in un angolo, non avevo voglia di parlare con nessuno e lì ero ben nascosto.
«E' andata a Sirkeci...» Di nuovo la voce di Osman si affacciò nella mia mente.
«Ma cosa ci faccio qui?» mormorai tra me e me, finendo il drink.
Rientrai e mi avviai verso l'ingresso della casa.
«Can!» sentii Deren che mi chiamava. «Aspetta, dove vai?»
«Mi ha chiamato Özge, devo andare a casa» mentii.
«Cosa è successo?»
«Non lo so, non me l'ha voluto dire ma è meglio che io vada da lei.»
«Tornerai?» mi chiese preoccupata.
«Non lo so. In caso contrario chiedi a qualcuno di riaccompagnarti a casa» le dissi, aprendo la porta.
«Can?»
«Dimmi!»
Mi guardò. «Niente. Vai!»
Sapevo di ferirla ma in quel momento la mia priorità era un'altra.
Giunsi all'incrocio dove prima avevo sbagliato a svoltare e imboccai di nuovo quella strada che conduceva fuori città. Questa volta non c'era nessuno accanto a me a dirmi che quella non era la strada giusta e procedetti spedito seguendo il mio cuore.
🍃🍃🍃
STAI LEGGENDO
Il mio volo sei tu
Любовные романыA volte non basta l'amore per riuscire a perdonare, soprattutto se c'è di mezzo l'orgoglio, ma nel loro cuore vivranno sempre l'uno per l'altra.