Capitolo 17

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Sanem

Il mattino seguente diedi appuntamento ad Osman alla scogliera. Avevo capito, ora più che mai, che con lui non sarei stata mai felice, anche se era un ragazzo d’oro, non provavo nulla per lui se non un grande affetto, e non meritava accanto una donna come me, che pensava costantemente ad un altro, nonostante non sapessi con l’altro come sarebbe andata a finire.

«Me lo aspettavo. Mi son voluto illudere che potessi amarmi ma sapevo dentro di me che il tuo cuore apparteneva ancora a lui. Ho sperato che il tempo te lo facesse dimenticare ma… va bene, cioè, apprezzo che tu me ne abbia parlato e davvero non ti porto rancore, in fondo l’ho sempre saputo» disse Osman con aria mesta. Non mi aspettavo quella reazione, o forse sì, vista la sua indole pacata.

«Mi dispiace tanto, non volevo illuderti!» esclamai chinando la testa.

«Va tutto bene, davvero, Sanem! Meglio ora che poi. Ma non mi dimenticherò mai di te, della tua dolcezza e di quell’unica volta che…» lasciò la frase in sospeso ma capii a cosa alludesse.

«Non avrei dovuto» ammisi.

«Voglio soltanto sapere una cosa, anche se già so la risposta» disse.

Lo guardai e mi sentii andare a fuoco.

«In quel momento… pensavi a lui?»

Abbassai lo sguardo, non riuscivo a dire nulla ma il mio silenzio fu già una risposta.

«Mi dispiace tanto! Tu non meriti una come me» dissi soltanto.

«Su questo hai ragione» ribatté con un sorriso sbieco. «Spero tanto che tu possa essere felice, lui non sa quanto sia fortunato!»

Le parole di Osman mi entrarono dentro, non avrei immaginato che, nonostante il duro colpo che gli infersi, potesse volere la mia felicità. Lo abbracciai di slancio e lui mi strinse.

*******

Decisi di andare nuovamente alla Turkiye'nin Sesi per ora di pranzo. Questa volta aspettai Can poco vicino l’ingresso in modo che quando sarebbe uscito poteva vedermi. Sperai con tutta me stessa che stesse da solo per potergli parlare.

Vidi uscire alcuni dipendenti e poco dopo eccolo, per fortuna da solo, che varcava il cancello. Alzò lo sguardo davanti a sé e si bloccò vedendomi. Mi avvicinai con le gambe tremanti.

«Ciao!» dissi soltanto.

«Che ci fai qui?» mi chiese freddo.

«Ho bisogno di parlarti.»

«Non abbiamo niente da dirci.»

«Ti prego!»

«Mi dispiace ma ho un appuntamento» ribattè, abbassando lo sguardo.

«Con la tua collega?» azzardai.

«Non deve interessarti» rispose duro.

«Hai ragione, non sono affari miei» esclamai, ingoiando un boccone amaro. Me lo meritavo.

«Ora devo andare. Ciao!» mi salutò e fece per avviarsi, ma lo bloccai.

«Ti aspetto stasera al nostro posto. Ho davvero bisogno di parlarti.»

«Non mi aspettare. Non verrò.»

«Io ti aspetterò lo stesso» asserii decisa, per poi voltarmi e andarmene.

“E se non verrai ti darò appuntamento altre mille volte finché non mi ascolterai” pensai tornando a casa.

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Il mio volo sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora