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Effy si trovava in una stanza enorme. Le pareti erano grigie e di cemento. Non appena ci appoggiò la mano
le trovò gelide e umide. Effy si strinse in quella leggera felpa che aveva indosso. Si chiese come fosse
arrivata fin li. Alzò la testa verso il cielo e vide un soffitto alto fatto di specchi.
Effy osservò la sua immagine, capelli in disordine e vestiti stropicciati. Ma non era solo quello che vedeva.
Vedeva altre se stesse, 7. Si muovevao in contemporanea quando si muoveva lei. Alzò un braccio e tutti i
suoi riflessi la imitarono. Uno specchio molto strano che aveva del tutto acquistato la sua attenzione. Era
quasi in trans, incapace di distogliere lo sguardo. Si voltò e vide un’arcata che prima non c’era. Con cautela
la oltrepassò e si trovò in un enorme atrio.
Effy non aveva mai visto una sala così grande. Tutta di cemento con grosse colonne quadrate che si
alzavano per una decina di metri, forse di più. Non si vedeva il soffitto. In alto c’era solo nebbia e foschia
che inghiottiva ogni cosa.
In mezzo alla sala c’era una grossa scala in cemento che portava a un altro piano. Un piano che sembrava
essere sospeso nell’aria e che non aveva nemmeno notato. Stando li si sentiva piccola. Tutto sembrava così
enorme che Effy sembrava una formica.
Sentì dei passi e subito si girò. C’erano una decina di persone tutte aggrumate che borbottavano. Si sentì
risso levata nel sapere che non era da sola in quel posto enorme.
Eppure non appena si avvicinò sembrò come se nessuno si fosse accorto di lei.
- Ehi, dove siamo? – chiese a nessuno in particolare.
Tutti si girarono a guardarla. Sembravano tutti più grandi di lei in età. Donne anziane, uomini con i baffi,
signore con i capelli lunghi. Nessuno di loro gli levava lo sguardo di dosso. Fece un passo indietro perché
sentiva che c’era qualcosa di pericoloso in tutta quella situazione. Infatti all’improvviso tutti gli occhi di
quelle persone presero a tingersi di nero.
Non appena quelle creature fecero un passo verso di lei Effy iniziò a correre. Andava velocissima e sentiva
passi e urla dietro di lei. In tutti i modi cercava un posto dove nascondersi ma era impossibile. Quel luogo
era troppo vasto e vuoto. Non c’erano nascondigli, porte in cui entrare, stanze in cui barricarsi.
L’unica cosa che poteva fare era correre. Ma a quale scopo? Prima o poi le gambe le sarebbero cedute, il
fiato le sarebbe mancato e quelle creature l’avrebbero raggiunta.
Sentiva ancora i movimenti dell’inseguimento.
“Non girarti indietro” si disse “guarda sempre avanti e non mollare” ma ormai non ce la faceva più.
Era stremata e grondava di sudore. La testa le pulsava per lo sforzo. Stava per arrendersi. Loro l’avrebbero
presa in ogni caso. Eppure vide una porta dalla quale proveniva una luce quasi accecante.
Disperata, fece uno scatto verso quella direzione e si buttò all’interno.
Cadde a terra stremata, ogni muscolo le faceva male. Aveva persino la vista annebbiata. Prima era come se
fosse in un mondo grigio fatto di cemento. Adesso invece era all’interno di un’enorme stanza bianca
candida. Le pareti sembravano brillare.
Infondo alla stanza vide Stiles. Era seduto a terra con le gambe incrociate e davanti a se c’era una
scacchiera. Il suo avversario era un uomo dal volto fasciato.
Nonostante quell’individuo le provocasse paura, Effy decise di avvicinarsi.
- Credevo che ci avresti messo più tempo a trovare questa stanza – disse Stiles mentre muoveva una
pedina.
- Dove siamo? – chiese con il fiatone. Doveva ancora riprendersi dalla corsa.
- Nella tua testa – rispose come se fosse ovvio.
Effy si guardò attorno e venne pervasa da un’angoscia che quasi le spezzava la schiene – Quindi tu che ci fai
qui? –
Stiles sorrise – Lo so che mi pensi sempre. Ormai sono sempre nella tua testa – le lanciò un’occhiata – in
tutti i sensi –
Effy arrossì leggermente. In effetti pensava spesso a Stiles. Era un ragazzo tetro e misterioso, con la
capacità di intimidire anche l’uomo più grosso e coraggioso del mondo. Ne parlava spesso con Caleb. Anche
lui come lei si riempiva di domande sul suo conto. Molto spesso mentre fumava le veniva alla mente il volto
di Stiles. Un volto che trovava irresistibile. Molto pericoloso ed estremamente affascinante.
- Cos’è quella cosa? – chiese Effy cercando di cambiare argomento.
- Oggi fai troppe domande – sbuffò – sei più curiosa del solito –
- Dimmelo. Voglio sapere cos’è quello che c’è nella mia testa, quello che sto vedendo – lo voleva sapere a
tutti i costi. Era da quando era arrivata in clinica che vedeva quegli esseri. E ancora non sapeva cosa fossero.
- Si chiamano i Nulla – Stiles prestò tutta la sua attenzione a Effy – io trovo che siano creature
estremamente affascinanti. Ma purtroppo sono dimenticate quasi da tutti –
- I Nulla – ripeté – perché hanno il volto ricoperto di bende? –
- Credimi, sono più carini così che senza – ridacchiò.
- Questo dovrebbe spaventarmi? –
- Ne dubito. Delle volte sembra che tu non temi quasi niente – rimurginò osservando la scacchiera per fare
la sua prossima mossa.
- Io temo solo le cose reali – sbuffò.
Stiles scoppiò a ridere – Tu pensi che i Nulla non siano reali? –
- Lo hai detto tu stesso che siamo nella mia testa – gli ricordò – questo significa che niente è reale –
- Effy, piccola illusa, non c’è niente di più reale… e io che credevo che fossi intelligente –
- E io credevo che tu fossi uno psicopatico – ribatté Effy – eppure non mi fai paura –
- Ah si? – non riuscì a fare a meno di nascondere un sorriso divertito – non sottovalutarmi e non fare la
stupidaggine di abbassare la guardia con me –
Effy alzò gli occhi al cielo, un gesto che fece irritare Stiles. Stiles guardò il suo Nulla e gli fece un fischio.
Subito Stiles scaraventò la scacchiera di lato. Ogni singola pedina volò per aria per poi schiantarsi a terra e
frantumarsi in mille pezzi. Stiles balzò in piedi e anche il Nulla.
Senza che se ne rese conto la creatura era già andata addosso a Effy. Cadde a terra e cercò di divincolarsi da
sotto di esso. Questo spalancò la bocca come se volesse divorare la faccia di Effy. Sentiva la creatura
stringerle i polsi facendole arrivare fitte dolorosissime su tutte le braccia. Il dolore era così forte che arrivò
fino al collo.
Effy non voleva dare la soddisfazione a Stiles di urlare. Ma il dolore era così forte da non poterlo contenere.
Urlò così forte che tutto intorno a lei cominciò a tremare. Smise di urlare solo quando i suoi occhi si
aprirono e vide che era nella sua stanza.
Subito si turò su a sedere e socchiuse gli occhi per farli abituare alla luce del mattino. Nella testa l’attacco di
quella creatura. Il Nulla, lo aveva chiamato Stiles. Ma era solo un sogno. È stata la sua mente a
soprannominarlo così.
Dopo la colazione Effy andò nello studio del suo dottore.
- Hai dormito male? – le chiese Vincent una volta che si sedette davanti a lui – hai gli occhi cerchiati –
- Ho fatto fatica ad addormentarmi – si limitò a dirgli. Non voleva raccontargli del sogno che aveva fatto. Se
ci pensava rabbrividiva e le venivano le gambe molli.
- Parlami di tuo fratello – disse dopo un po’.
- Tony? – Effy non poté fare a meno di sorprendersi – che cosa vuole sapere? –
- Hai parlato più volte del bene che vuoi a tuo fratello. Ma io non so niente di lui, se non che vi somigliate.
Sia fisicamente che carettialmente –
Effy si strinse le spalle e cominciò a parlagli di lui. Tony aveva due anni in più di Effy ed era l’unica persona
che avesse mai amato con tutta se stessa. lui era il suo protettore, fin da bambini. Effy si confidava sempre
con lui e Tony gli raccontava tutto della sua vita. All’età di 14 anni iniziò a coprirla dai suoi genitori quando di notte usciva di casa di nascosto per andare alle feste o in discoteca. L’aiutava sempre ne momento del
bisogno e si schierava con lei di fronte a tutto.
Effy e Tony avevano più o meno lo stesso carattere. Arrogante, manipolativo e provocatorio. Lei sapeva che
era così solo perché erano fratelli. Fin da piccola Effy aspirava ad essere come Tony. Vedeva il lui un
modello da seguire, la persona che voleva essere. E per un momento si chiese se non era colpa di Tony se
lei fosse così. Tony l’ha sempre messa sul piedistallo rendendola irraggiungibile.
- Dov’è adesso Tony? – gli chiese non appena Effy ebbe finito di parlare.
- E’ al collegge, sta studiando legge –
- E tu cosa vorresti fare in un futuro? Cosa hai in mente per i tuoi prossimi studi? –
Si strinse nelle spalle. Non ci aveva mai pensato. Effy viveva solo nel presente, non pensando mai a un
futuro di lunga durata.
- Mi lascio alle spalle il passato ed evito di pensare al futuro – si limitò a rispondere.
- Mai dimenticare il passato – disse il dottore – il passato serve per capire il motivo per cui adesso siamo
fatti così –
Effy fece un verso. Come se davvero il passato potesse darle delle risposte. Come se il passato potesse dirle
quel’è la cura per la depressione. Dovevano lavorare sul suo presente, non sul suo passato.
- Come ricordi la tua infanzia? – domandò.
- Davvero mi sta facendo questa domanda? – la voce di Effy era infastidita.
- Penso che potremmo capire molte cose se tu mi raccontassi della tua vita –
- L’ho già fatto – borbottò.
- No invece – Vincent scosse la testa – tutto quello che mi dici sono cose che stai vivendo ora. E con questo
non dico che non siano cose importanti. Ma se riuscissimo a far combaciare il presente con il passato ci
metteremo di sicuro meno tempo –
- Ne dubito –
- Allora mettimi alla prova – il suo tono era pieno di sfida – non eri tu quella che voleva tornare a casa? –
Ogni volta che sentiva la parola casa le veniva subito in mente Freddie. Si voleva tornare a casa, tornare da
lui.
- Va bene, ci sto – cedette dopo una decina di secondi.
Vincent ne parve soddisfatto. Gli promise che nella seduta della prossima settimana avrebbero iniziato a
lavorare sul suo passato. Stranamente questa cosa la eccitava. Forse avrebbe potuto davvero aiutarla.
Il giorno dopo fece una passeggiata in giardino con Caleb. Lui le raccontò un po’ di se. Quando era piccolo
veniva chiamato “Caleb ciccia”. Era molto grosse e delle volte i ragazzi più grandi lo prendevano in giro. In
un anno perse circa 25 kg e cominciò ad andare in palestra. Nessuno lo riconobbe più quando un anno
dopo tornò a scuola snello e con i muscoli ben definiti.
- Di sicuro tu non mi avresti nemmeno guardato – disse lui con una smorfia.
- Mi credi così superficiale? – gli tirò una spinta – perché pensi questo? –
- Beh, ce ne sono molte di ragazze come te. E le ragazze come te non perdono tempo con i ciccioni –
- Le tipiche frasi da vittime – replicò alzando gli occhi al cielo.
- So già con quali ragazzi te la facevi – disse scherzando – bell’imbusti, festaioli, palestrati –
- Io me la facevo con tutti – ribatté – la mia reputazione non era delle migliori –
Effy andava a letto con chiunque. Faceva sesso nei bagni delle discoteche, nei parcheggi sotterranei e nei
parchi. Una volta fece sesso nell’infermeria della scuola insieme a Cook. La prima volta che fece sesso con
Freddie successe in un bosco di notte. Entrambi erano strafatti di funghetti allucinogeni. Ma a lei piace
pensare che mentre lo facevano erano coscienti. Entrambi lo aspettavano da tempo quel momento.
- Prevedibile – scherzò lui.
- Si nota così tanto? – domandò beffarda.
- Il modo in cui sorridi, come guardi la gente, specialmente i ragazzi. E poi ci sono anche gli atteggiamenti –
Caleb sospirò – nessuno ragazzo avrebbe scampo da te –
Effy si strinse nelle spalle. In effetti mai nessun ragazzo l’aveva respinta, nemmeno da piccola.
- Non me ne accorgo nemmeno – ormai era diventa un’abitudine. Una parte di lei.
- Ai maschi non interessa se te ne accorgi o meno – disse sorridendo.
- Già, ai maschi interessa solo una cosa – aggiunse ammiccando.
- Cosa che penso tu davi molto volentieri – disse Caleb cercando di fare il seducente.
Effy sbuffò – Anche alle femmine interessa il sesso – gli lanciò un’occhiata – noi femmine dobbiamo essere
soddisfatte come si deve. Ma per avere questo privilegio deve essere lei la prima a soddisfare –
- Sei una vera esperta –
- Sono abbastanza brava a dare piacere – il suo tono era piatto. Non c’era niente di cui vantarsi. Effy non
rimpiangeva il suo passato. Se dovesse tornare indietro non cambierebbe niente. È stata lei a decidere che
ragazza essere. Nessuno l’ha costretta. È stata una sua scelta.
- Sono davvero curioso di sapere come – Caleb si avvicinò a lei.
- Peccato che questo sia riservato solo al mio ragazzo – sussurrò quasi dispiaciuta.
- Ah giusto, il ragazzo – sbuffò – ragazzo davvero fortunato –
“Non più di tanto” avrebbe voluto ribattere. Lei e Freddie per stare insieme avevano creato molti casini,
rovinato molti rapporti. E per cosa infine? Effy soffriva di depressione, ha cercato di togliersi la vita ed era in
una clinica per malati mentali. E Freddie ha assistito a tutto. Ma almeno era presente. Almeno non
l’avrebbe abbandonata.
Doveva pensare a questo per andare avanti.

The Nogitsune - Fanfiction SKINS/TEEN WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora