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“Hai fatto bei sogni?”
Effy si stiracchio e fece abituare gli occhi alla luce che entrava dalla finestra. Si guardò attorno ma non c’era
Stiles. Ancora quella voce nella testa. Ieri sera venne cullata dal suono di quella voce. La sua voce.
Sognò Freddie. Sognò di essere distesa vicino a lui su un giardino deserto. Era tutto tranquillo, si sentiva al
sicuro. Era in un mondo perfetto…
- Fin troppo belli – borbottò.
“Scommetto che c’era di mezzo il ragazzino”
- Freddie non è un ragazzino – ribatté.
Era solo una voce. Una voce che parlava nella sua testa. Non c’era niente di strano se le rispondeva, vero?
“Delle volte i tuoi sogni sono fin troppo sdolcinati”
- Che ne sai dei miei sogni – le arrivò una risata sarcastica e sbuffò – quindi sei anche nei miei sogni –
“Sempre”
- Allora perché non ti vedo mai? –
“Io sono un’ombra e le ombre non si vedono”
Effy si alzò di scatto – Stiles, sei tu? – esclamò. Stiles si definiva sempre come un’ombra. E la voce era
identica alla sua.
“Sto impazzendo” si rese conto Effy “adesso sento persino la sua voce”
Effy si bloccò un attimo. Ogni volta che vedeva o pensava a Stiles andava completamente a fuoco. Quando
lui le sorrideva sarcastico molto spesso arrossiva. Lo sognava persino. Era sempre nei suoi incubi. E adesso
aveva la sua voce nella testa.
Effy si lasciò cadere sul letto e si tirò indietro i capelli “Sto impazzendo o mi sto innamorando di lui?” si
ritrovò a chiedersi.
No. Non era possibile. Lei amava Freddie. Era in clinica per curarsi per poter tornare dal suo Freddie. Era
impossibile che provasse qualcosa per Stiles. Lei non lo conosceva e lui non conosceva lei. Ma era
innegabile l’attrazione fisica che provava. Forse era solo per questo che quando c’era lui nei paraggi si
infuocava più di un incendio.
Effy chiuse gli occhi e pensò a Freddie. Lui era l’unica cosa che contava. Non c’era spazio per nessun altro.
Stiles era solo un ragazzo carino. Niente di più. Non doveva cedere a quella attrazione. Ma cosa era meglio
credere? Al fatto che stava impazzendo o ce si stava innamorando di un’altra persona?
No, non ci doveva pensare, a nessuna delle due cose. Eppure era abbastanza difficile fare finta di niente.
Ben presto sarebbe stata costretta a rimanere chiusa nella stessa stanza con Stiles. Certo, era una seduta di
gruppo e ci sarebbero state un’altra decina di persone, ma in verità non avrebbe fatto tanta differenza.
Effy si sedette vicino a Caleb come sempre. Rimasero in silenzio mentre gli altri prendevano posto. Teneva
gli occhi bassi e con tutta se stessa cercava di far vagare la mente altrove. Cosa molto difficile visto che
Stiles era seduto proprio davanti a lei.
La dottoressa Parker iniziò il gruppo. Erano rare le volte in cui Effy partecipava. Preferiva stare in silenzio e
ascoltare. Ormai i problemi erano sempre gli stessi: sono in astinenza, la mia vita fa schifo, mia moglie
tradito. Anche la madre di Effy aveva tradito suo padre, eppure lui non era finito in una clinica psichiatrica.
“Molto spesso le persone che stanno in silenzio sono quelle che hanno più cose da dire”
Effy guardò subito Stiles. Aveva la testa china e stava giocherellano con le dita della mano. In faccia
disegnato il suo solito sorrisetto.
- Stiles – sussurrò Effy.
Caleb si girò verso di lei e la guardò storto. Ma la sua attenzione era concentrata tutta su Stiles.
“Non serve la voce per parlare” gli disse nella testa “concentrati” aggiunse.
Effy stava per riaprire la bocca, ma poi subito la richiuse. Abbassò lo sguardo e cercò di immaginare se
stessa da sola in una stanza con soltanto Stiles. Chiuse gli occhi e provò a focalizzare il suono della propria
voce dentro la sua testa.
“Stiles sei tu?” chiese cercando di raggiungere la sua mente.
“Brava, sei una che impara in fretta”
“Non hai risposto alla mia domanda”
“Se ti fa sentire più sicura allora si, sono Stiles”
Effy fece scattare gli occhi su di lui ma non la degnava nemmeno di uno sguardo. Secondo lei la voce era
quella di Stiles, ma l’ultima frase cominciò a farla dubitare.
“Sto per caso impazzendo?
“No non penso. Ma se è così devi tenerlo nascosto. Non vorrai mica venire trasferita nel corridoio D”
Al solo pensiero Effy rabbrividì.
“Se mai dovessi essere in quel corridoio so già che qualcuno mi ucciderebbe nel sonno”
“Questo è poco ma sicuro” ci fu una pausa “è meglio che stai attenta”
“Che intendi?”
“Non serve essere nel corridoio D per venire uccisa”
“La mia era una battuta”
“Una battuta che contiene la verità”
Effy si accigliò “Quindi c’è qualcuno che mi vuole uccidere”
“Non lo avevi già intuito?” il suono le arrivò alla testa come se fosse divertito. In quel momento era sicura
che si trattava di Stiles.
“Chi è che mi vuole uccidere”
“Questo non lo so, ma se fossi in te non mi fiderei tanto degli infermieri”
“Loro sono qui per aiutare”
Sentì come una risata soffocata nella sua testa. Era davvero così divertente quello che aveva detto? Tutta
questa storia iniziava a metterle la pelle d’oca.
“Ti sei resa conto che tutti i farmaci te li somministrano loro?”
“E’ solo perché ne ho bisogno”
“E chi te lo dice?”
Rimase in silenzio. Decideva tutto il dottore. Effy non sapeva nemmeno i nomi dei farmaci che prendeva.
Sapeva solo che erano antidepressivi. Nessuno le ha mai detto niente di più.
“Sta attenta” continuò a dire “tra poco il tuo piccolo desiderio verrà esaurito”
A quale desiderio si riferiva? L’idea della morte continua ad affascinarla, ma era da un po’ che non ci
pensava più. E in quel momento il suo desiderio non era morire. Era guarire, tornare da Freddie e lasciarsi
alle spalle tutto quello che le stava succedendo.
“Non mi dire” disse in tono divertito “non vuoi più morire”
“Voglio solo tornare a casa”
“Dal fidanzatino”
“Freddie mi sta aspettando”
“Allora dovrà aspettare per un bel po’”
“I dottori hanno detto qualche mese. Per la fine dell’anno sarò a casa”
“Non arriverai alla fine dell’anno. Questa sarà la tua tomba”
Effy alzò lo sguardo su Stiles. La stava guardando molto intensamente. Il sorrisetto che aveva disegnato in
volto era sparito. Sembrava davvero concentrato nel guardarla.
“Che significa questo?” Effy non distolse per un attimo gli occhi dai suoi.
“Ti vogliono uccidere. E molto presto succederà”
Effy deglutì a fatica “Chi?”
Stiles fece un mezzo sorriso. Lei lo guardava quasi con implorazione. Sapeva che era Stiles a parlare. era lui
che la stava avvertendo. Se sapeva che la volevano uccidere allora sapeva anche chi la voleva morta.
- Effy – Caleb la scosse per la spalla.
Lei si riprese e distolse lo sguardo. Le persone si stavano alzando e dirigendo verso la porta. La dottoressa
Parker invece rileggeva i suoi appunti.
“E’ già finito il gruppo? – domandò sorpresa.
- Lo dici come se fosse durato poco – ridacchiò Caleb – a me sembrava che non finisse più –
Il gruppo di solito durava un’ora. Eppure per lei è sembrato molto di meno. Era come se fossero passati
pochi minuti da quando si era seduta sulla sedia.
- Per un momento pensavo ti fossi addormentata con gli occhi aperti – aggiunse lanciandole un’occhiata.
- Molto probabilmente è andata così – Effy abbozzò a un sorriso.
Mentre andavano verso il giardino per fumare Effy si chiese se quello che aveva appena vissuto non fosse
stato solo un sogno ad occhi aperti. Tutto frutto della suo immaginazione. Ma allora perché continuava a
guardarsi attorno in modo sospettoso? Tutte le persone che le passavano accanto le facevano venire i
sudori freddi. Senza rendersene conto si strinse al braccio di Caleb. In quel momento era l’unica persona di
cui riusciva a fidarsi.
Stiles l’aveva messa in guardia. Qualcuno la voleva uccidere. Ma chi? Lui non aveva risposto alle sue
domande. Anzi, poco dopo che Caleb l’aveva scossa, Stiles era come scomparso. Non è riuscita nemmeno
ad avvicinarsi a lui che era già uscito dalla stanza.
Aveva nominato gli infermieri. Loro le portavano sempre i farmaci, i pasti. Ogni sera doveva bere un
bicchiere d’acqua contenenti delle gocce davvero amare. Ogni volta che le prendeva la sua testa si faceva
leggera. Molto spesso gli sembrava come se non appartenesse più al suo corpo. E adesso capiva tutto.
La stavano avvelenando. Le gocce che prendeva erano un veleno. Gli infermieri la stavano uccidendo un
giorno alla volta. e Vincent era coinvolto in tutto questo. Molto probabilmente aveva architettato tutto lui.
Era lui che aveva prescritto quelle gocce ed era lui che aveva dato indicazioni agli infermieri affinché le
prendesse ogni sera.
Ormai era consapevole che era in pericolo. Non poteva più fidarsi di nessuno. Mentre fumava consultò
l’idea di raccontare tutto a Caleb, ma decise subito che era meglio di no. Potevano esserci probabilità che
anche lui centrasse qualcosa. Forse informava i dottori dei suoi comportamenti e di quello che gli parlava.
Non doveva far vedere che stava capendo quale era la reale situazione. In quel momento doveva sembrare
del tutto all’oscuro.
Si protese verso di lui e gli diede un bacio sulla guancia. Nei paraggi c’erano abbastanza infermieri. Forse
avranno notato il suo gesto e si sarebbero sentiti sicuri che non sospettava niente.

The Nogitsune - Fanfiction SKINS/TEEN WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora