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Non appena si sveglio Caleb non c’era al suo fianco. Si tirò su a sedere e sorrise vedendo il sole entrare dalla
finestra. “Se c’è il sole sarò al sicuro” pensò “devo solo restare fuori dal buio… e lontana dal corridoi D”
Effy ci mise parecchio per addormentarsi quella notte. Più di qualche volta il suo pensiero andò a Stiles. Per
la prima volta si chiese se non fosse davvero schizofrenica. Le figure che aveva visto non potevano essere
reali, tantomeno tutto quello che riguardava Stiles e la notte appena passata. L’unica cosa che avrebbe
potuto fare era andare da lui e chiedergli se era tutto reale. Ma molto probabilmente sarebbe scoppiato a
ridere e avrebbe liquidato la domanda con un’affermazione sui disturbi mentali di Effy.
Ogni volta che parla con lui non riusciva a fare a meno di sentirsi una stupida. La sua presenza la mandava
sempre in confusione. Per non parlare di quel calore che ormai le bruciava perfino le ossa. L’unica cosa che
l’importava era che lui non si accorgesse dell’effetto che aveva su di lei. Ma molto probabilmente lo sapeva
già. Stiles sembrava una specie di sensitivo delle emozioni altrui. Eppure non sempre centrava il bersaglio
con Effy.
Alla fine Effy uscì fuori dal letto e sgattaiolò fuori dalla stanza. Mentre percorreva il corridoio incontro
un’infermiera. Cercò di non incrociare il suo sguardo ma notò la sua espressione accigliata. Effy non si
sarebbe dovuta trovare li, almeno non in quell’orario. Eppure l’infermiera non la fermo ne le fece domande.
L’atrio centrale era quasi vuoto. Due infermieri sedavano dietro il bancone della segreteria mentre un
paziente girava in tondo lanciando sguardi furtivi fuori dalla finestra.
Effy stava per imboccare il suo corridoio prima che un’infermiere non la fermò.
- Elisabeth, il dottore vorrebbe parlare con te –
- Effy – sbuffò lei – mi chiamo Effy –
- Effy – ripeté un po’ infastidito – il dottore era venuta nella tua stanza ma non ti ha trovata. Mi ha detto di
riferirti che ti sta aspettando nel suo studio –
“Perfetto” pensò sbuffando “adesso devo pure avere un colloquio con Vincent” era l’ultima cosa di cui
aveva voglia. Già si stava immaginando seduta sulla sua panchina a fumare la prima sigaretta della mattina.
Invece di andare verso la sua stanza andò verso il corridoio che portava alla clinica. Già immaginava il
motivo per cui Vincent le voleva parlare. molto probabilmente centrava il fatto che ieri sera si era rifiutata
di prendere i farmaci. E lo aveva fatto con abbastanza aggressività.
La porta era aperta, busso leggermente per far sapere che era arrivata.
- Entra pure Effy, e chiudi la porta – il suo tono era abbastanza glaciale.
- Oggi non era giorno di colloquio – borbotto Effy sedendosi.
- Infatti. Ma penso che tu già intuisca il motivo per cui ti ho fatta chiamare –
Effy si strinse le spalle. Tony le aveva insegnato che nessuno sarebbe riuscito a metterle i piedi in testa se si
mostrava distaccata e indifferente. Quasi annoiata e del tutto menefreghista mentre parlava con qualcuno.
Maggiormente se quel qualcuno si atteggiava in modo superiore nei suoi confronti. E Vincent stava facendo
proprio questo.
- Non va bene che ti rifiuti di prendere la terapia – dichiarò dopo una decina di secondi – avevamo fatto un
patto tu ed io. e tu ti eri impegnata a prendere tutti i farmaci che ti avrebbero portato gli infermieri su mio
ordine – la guardò per un momento – come mai ieri non l’hai voluta prendere –
“Perché ho capito il tuo giochetto. So che mi vuoi avvelenare”
- Tutte quelle gocce mi fanno girare la testa – rispose. Lui non doveva sapere che aveva dei sospetti.
- E’ solo perché il tuo organismo non si è ancora abituato al farmaco –
- Non voglio più prendere gocce – scattò.
- Ti servono, e tu lo sai –
- No invece – sibilò stringendo i pugni.
_ Quei farmaci ti servono per dormire e per tenere sotto controllo il tuo umore e la tua impulsività –
- Non ne ho bisogno – continuò in tono forte.
- Sono stato informato che gran parte degli infermieri ti hanno ritrovato a girovagare per la clinica tutta la
notte – sbuffò di rimando.
- Questo non significa niente. Non posso nemmeno fare due passi? –
- Non durante notte fonda – ribatté spazientito – e non dovresti nemmeno dormire con un ragazzo –
- Abbiamo solo condiviso il letto – sottolineò – e poi ho dormito tranquillamente –
- L’ultima volta che ti hanno vista per i corridoi erano le tre passate –
Effy sbuffò. A questo punto che senso aveva controbattere? Vincent sarebbe solo andato alla carica più
pesantemente. L’unica cosa che rimaneva era dirgli la verità. Ma non avrebbe mai nominato il nome di
Stiles, ne quello che aveva visto quella notte.
- Va bene, prenderò la terapia – disse infine – ma voglio essere presente mentre mettono le gocce nel mio
bicchiere –
Vincent aggrottò la fronte – Da dove viene questa sfiducia? –
Si strinse le spalle – Voglio solo essere presente –
Vincent la guardò per un po’, poi sospirò e annuì – Se questo ti può rassicurare allora va bene. basta che
prendi e farmaci prescritti –
Parlarono per altri 5 minuti. Il dottore cercava in tutti i modi di capire quali fossero le paranoie che
tormentavano così tanto Effy. Ma lei non gli rispondeva a nessuna domanda. Non gli avrebbe mai detto che
aveva intuito il giochetto. Doveva fare in modo che nessuno si accorgesse che lei sapeva.
Alla fine Vincent la congedò. Non appena uscì dallo studio si sentì stordita. Le venne un leggero mal di testa
e la vista le si annebbiò. Si stropicciò gli occhi con le mani e quando gli riaprì la vista tornò come prima. Ma
non del tutto. Era come se i muri e tutto quello che la circondassero brillassero. Somigliava al mare che
brillava sotto la luna. Ma li era tutto più chiaro.
Effy fece un passo ma poi si bloccò. Infondo al corridoio c’era un uomo. Un uomo con la maschera. Un
uomo identico a quello che aveva visto quella notte nel corridoio D.
Si guardò attorno. il corridoio era pieno di infermieri. Come facevano a non accorgersi di quella figura
sinistra?
La creatura estrasse una lama lunga da sotto il mantello. Quella lama era larga e sottile e irradiava una
leggera luce bianca. Sembrava l’arma più pericolosa del mondo.
L’uomo cominciò a camminare verso Effy. Chiuse gli occhi. “Non è realmente qui” si disse facendo dei
respiri profondi “è solo uno scherzo della mia testa”. Eppure quando riaprì gli occhi vide soltanto orrore.
A ogni due passi l’uomo colpiva con la sua spada un infermiere. Il primo lo colpì alla pancia. Schizzi di
sangue andarono a macchiare il muro bianco. Il secondo colpo penetrò il petto di una donna. Questa cadde
in ginocchio non appena l’uomo mascherato estrasse la lama dal suo corpo.
“Non può essere reale” pensò paralizzata dalla paura.
Effy urlò d’orrore non appena quell’uomo decapitò un’infermiera. La testa cadde a terra e rotolò ai piedi di
Effy. Inorridita si coprì gli occhi con le mani.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla. Effy urlò una seconda volta e fece mulinare le braccia per aria in
segno di difesa. Quando riaprì gli occhi vide il dottor Vincent che si massaggiava la guancia con in volto
un’espressione di dolore.
Ancor prima che lui potesse dire qualcosa Effy scappò via. Mentre correva non trovò nessun corpo morto
abbandonato a terra. Sul muro non c’era traccia di sangue, nemmeno una goccia. Era sparito tutto.
Correva veloce. Non aveva mai corso così veloce se non ne suoi incubi. Aveva le lacrime agli occhi, sentiva
che stava per scoppiare.
Superò l’atrio centrale e senza rendersene conto sentì l’aria fredda soffiarle sul viso. Non controllava più
niente, ne i suoi piedi, ne le sue braccia. Si ritrovo ad arrampicarsi sul cancello e scavalcarlo. In molti
urlavano il suo nome ma non erano abbastanza veloci per raggiungerla.
Una volta che mise entrambi i piedi a terra ricominciò a correre. Ormai non sentiva neppure più le voci che
la chiamavano. Doveva allontanarsi dalla clinica. Stava impazzendo. Quel posto la stava facendo impazzire.
Non ce la faceva più.
Aveva il fiatone quando arrivò alla stazione degli autobus. Aveva i crampi alla pancia, le gambe le
bruciavano, a stento riusciva a tenersi in piedi. Cercò di tirarsi dritta, ma appena alzò schiena sentì la
nausea salirle su per la gola. Fece in tempo a tirarsi indietro i capelli prima di piegarsi a vomitare.
Stava davvero uno schifo. Non riusciva a reggersi in piedi. In quel momento sentiva un disperato bisogno di
una sigaretta. Si guardò attorno ma nessuno dei presenti stava fumando.
Si avvicinò al tabellone degli orari degli autobus e li studiò attentamente. 10 minuti. Doveva aspettare solo
10 minuti e poi sarebbe stata di nuovo al sicuro. A casa. Tra le braccia di Freddie.

The Nogitsune - Fanfiction SKINS/TEEN WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora