Mi dicevano che il nemico non conosceva
Il nome del mio popolo.
Andai allora al cospetto del grande fiume
E là il nibbio si gettava
Quel nibbio grigio con le ali bianche
E là la vidi, nel riflesso di un sogno.
Mandò la sua risposta fino a me.
E disse il nibbio:
Un giorno lo conoscerà.
Marh'levat in piedi coi capelli sciolti, con il sangue che le colava dal costato. Octavia con entrambe le spade strette come i denti, scoperti in una smorfia tribale. E Orion, figlio prediletto, riverso a terra, il braccio destro proteso verso il busto di un golem di ferro.
Dammi la forza, o Padre. Dammi la forza, Padre delle Macchine.
Marh'levat si gettò addosso a Octavia a lama sguainata. L'acciaio colpì l'acciaio delle sue lame gemelle, e la ragazza si liberò con un grido. Ruotò su se stessa, cercando di resistere alla tentazione di guardare il fratello. Un solo colpo avrebbe potuto esserle letale. Il braccio sinistro stava cominciando a cederle e la nemica non doveva notarlo.
Marh'levat aveva spaccato in due il popolo dell'Oceano d'Oro. Da una parte il Matriarcato di incappucciati devoti al Padre delle Macchine, che volevano – urlando a gran voce – che lei fosse mevyn. Dall'altra l'Orda che, forte e altera, si stava scagliando contro di loro sul campo di battaglia.
Distanti, distanti.
Il Padre delle Macchine aveva scelto un'altura per essere venerato, dove la roccia era azzurra e ruvida.
Qui sorgerà il mio santuario.
Con un lamento, Orion si trascinò verso l'altare, allungò davanti a sé la pietra nera e le sue labbra si incresparono in un sorriso di vittoria.
Prima che il buio inghiottisse il Sole, Octavia spinse Marh'levat via da sé per l'ennesima volta: tutti i muscoli le bruciavano. Lei era sull'orlo del baratro, e sotto di sé vedeva la pianura. Vedeva i due manipoli che si scontravano, la polvere che si alzava per il potente scalpitare dei cavalli. Vedeva il ricordo che li aveva condotti lì.
▫
Grande era, al nascere del giorno, la pianura di Mard agli occhi di chi guardava. E così era grande anche l'offesa di Octavia, il dolore che le attraversava il corpo e le faceva levare alte urla al cielo:
«Ai corvi, ai corvi!»
«Ai corvi, stirpe di Marh'levat,» le fece eco la voce di Orion, seduto a schiena dritta in sella, con la barba intrecciata che accompagnava il moto del mento. «Che il cielo possa chiudersi e il Sole cadervi sul capo!»
La nebbia, assieme al gracchiare degli uccelli che avevano invocato, s'alzava dal fiume a serpentina, attraversava i rami secchi dei pochi alberi delle sue rive. Le acque quasi immobili portavano verso l'orizzonte un sangue dello stesso colore del cielo, sporco di fuoco e di sole.
«Risparmia il fiato, fratello,» gemette piano Octavia. Distesa su di una pelle ormai macchiata, mosse a fatica una gamba, sentì svolgersi la fasciatura che il fratello le aveva stretto al polpaccio. Il vento le portò alle narici l'odore del fumo e quello dolciastro della carcassa del suo cavallo, attorno al quale si stavano già radunando le mosche.
«Una donna dell'Oceano d'Oro che cade da cavallo,» commentò la giovane, ingoiando con fatica l'acido che le si era formato in gola. La sua mente ancora non collegava il dolore delle ferite che le arrivavano fino all'osso a quello acuto e intimo di aver visto i genitori nelle fiamme. Loro madre il giorno prima si era adornata i capelli con l'argento. Sapeva che l'orda l'avrebbe acclamata. «È come una donna che è già morta».
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Alfabeto e altri racconti (⭐️)
Short StoryHo raccolto qui i miei racconti, scritti per motivi disparati e di diverso genere. 1. La quinta via || Storico 2. Alfabeto || Fantascienza 3. [Want you gone] || Fantascienza 4. Treu und Fest || Ucronia 5. Il vecchio astronomo || Traduzione di una p...