[Want you Gone] ⭐️

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Contrariamente a quello che la gente pensava, il cyberspazio non era un bel posto. Un mare fittizio in cui le barche erano avatar dall'aspetto pacchiano e i fari erano pochi, grigi ammassi di zero e uno che ai più non dicevano niente. Un oceano in cui la mole enorme di informazioni poteva entrarti, nel vero senso della parola, nelle orecchie. Avevi avuto la buona idea di infilarti lì un cavo, nella speranza di arrivare meglio al cervello, e loro scorrevano dentro di te, capaci di friggerti all'istante. Accendevi l'interruttore e la tua mente sprofondava, diventava proprietà della Rete: apatica, amorfa, morta. Così diversa dal mondo di neon e luccichii colorati che era lì ad aspettarti, avvolgerti e strangolarti con la promessa di una seconda vita.

No, il cyberspazio non era un bel posto.

Tyler Evans lo sapeva, e lo sapeva anche Frank Lain. Seduti l'uno a fianco all'altro, lavoravano nello stesso dipartimento della stessa corporazione, la Genedynamics, alle dipendenze dell'Imperatrice Egida stessa, o di chi ne faceva le veci. Avevano il compito di fornire pezzi di ricambio per le astronavi e per le persone.

Ma Frank, anche in quel momento, era andato oltre: oltre al suo corpo magro, adagiato privo di conoscenza sulla sedia reclinabile davanti al terminale. Oltre alle braccia secche, solcate da vene a vista, abbandonate sul tavolo come oggetti dimenticati. Oltre alla sua bocca socchiusa, al suo aspetto inerme da cyberzombie. Stava viaggiando tra finte montagne e valli di byte, con l'aspetto di uno smile con lunghe gambe e occhi a croce, l'avatar che aveva scelto da adolescente e mai cambiato. Il silenzio era tale che si potevano quasi sentire gli impulsi neurali scorrere dal suo cervello all'interno del cavo che lo collegava al cyberdeck. Era un metodo di connessione antiquato, ma c'era ancora chi amava infilarsi degli spinotti dietro la nuca, nell'Impero Intergalattico di Antlia, nel 3412, anno del Signore, o di chi ne faceva le veci.

Ci voleva del coraggio, e una buona dose di cieca e forse malriposta fiducia, nel rendersi così vulnerabili a fianco di un collega che ti teneva costantemente sotto controllo.

All'improvviso, gli occhi di Frank si serrarono con forza, il segnale che era rientrato nel mondo analogico, e dalle sue narici sfuggì un respiro più pesante.

«Tutto a posto?» domandò Tyler, con cortesia di circostanza.

Frank gli rispose con un cenno e un sorriso amaro: sapeva benissimo come lo considerava il collega, sapeva benissimo che avrebbe voluto, seduto alla scrivania di fronte alla sua, chiunque a parte lui. Inizialmente, aveva pensato che la diffidenza di Tyler fosse dovuta al suo continuo connettersi alla Rete: forse pensava che, sul luogo di lavoro, andasse a trastullarsi con qualche gioco online, o a caccia di appuntamenti virtuali, oppure ancora che gironzolasse senza meta nel cyberspazio come uno stramaledetto nerd.

Solo dopo mesi aveva capito che quella dell'uomo non era semplice diffidenza: Tyler provava un astio senza confini per chiunque si connettesse. Sbandierava senza ritegno, nelle parole e negli atteggiamenti, la sua totale ammirazione per l'Imperatrice. Odiava, senza mezzi termini e con piena cognizione di causa, l'organizzazione The Mask: dei cyberattivisti, o per meglio dire degli hacker, o per meglio dire dei fanatici senza Dio che, da qualche anno, coordinavano attacchi informatici alle grosse corporazioni. L'identità di qualcuno di loro era stata svelata, qualche responsabile era stato giustiziato, ma era impossibile liberarsene: chiunque avesse un cyberdeck poteva portare la Maschera. Anche il tuo vicino di casa, anche il tipo che lavorava al computer seduto alla scrivania di fronte alla tua.

Forse, semplicemente Tyler e Frank non avevano caratteri compatibili. Il che era davvero un peccato, dato che Frank lo avrebbe volentieri invitato fuori a bere una birra e mangiare una pizza margherita.

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