Capitolo 1 - Black Monday

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- Accidenti! Oggi è il lunedì più lunedì della storia, ho completamente dimenticato il test di Matematica. Non ho aperto libro tutto il weekend.- Questi furono i miei primi pensieri quando sbloccai il cellulare appena sveglia e ritrovai sessanta notifiche nel gruppo della classe.

-Devo smetterla di passare i pomeriggi a fissare la libreria di Netflix, così non vado da nessuna parte. Sono pure in ritardissimo, oggi niente colazione.- Farfugliavo tra me e me

Come ogni mattina dei miei attuali diciannove anni, mi vestii in fretta e furia, e feci una corsa per non perdere il bus.

Non ho la patente e vivo fuori città, quindi l'unico modo che ho per raggiungere un minimo di vita sociale, è trascinare il mio corpo in un ambiente chiuso, lungo circa sette metri e impregnato di puzza di sudore, che si mescola con quello dell' e...

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Non ho la patente e vivo fuori città, quindi l'unico modo che ho per raggiungere un minimo di vita sociale, è trascinare il mio corpo in un ambiente chiuso, lungo circa sette metri e impregnato di puzza di sudore, che si mescola con quello dell' erba appena fumata dai suoi passeggeri. Non arrivare già sballati appena suonava la campanella, era un traguardo direi "ragionevolmente soddisfacente". Mi sedetti al solito posto, accanto a Davide, il mio vicino e amico d'infanzia.

- Hey come va?- Mi chiese gentilmente

-Potrebbe andare meglio- Risposi

- È lunedì per tutti- Replicò Davide

Dopo quelle poche battute, misi le cuffie e mi isolai nel mio mondo;

con Davide c'era quella confidenza che puoi avere solo con le persone che conosci da una vita. Potevamo rimanere in silenzio assoluto senza che fosse un problema, il che rendeva il tragitto da casa a scuola meno stressante. Come sempre, feci partire delle playlist in riproduzione casuale su Spotify. Una volta superati gli skip limitati, <i miei genitori pensavano che concedermi la carta per aderire alla versione premium di un'app musicale potesse scatenare degli eventi di stregoneria nera tali che, qualche hacker sarebbe riuscito a mettere mano sui nostri dati personali e mandare i conti in rosso> dovetti necessariamente fermarmi ad ascoltare una canzone; si chiamava "Luna".

Pensai: -Bella la base, mi sembrano delle sonorità che non vanno più di moda, quasi punk, e poi anche il testo è estremamente triste. Magari il titolo fa riferimento ai Verdena? Ma perchè mai nel 2020, in cui va di moda solo la trap, qualcuno dovrebbe fare delle canzoni del genere?-

Non so perché, ma in quella disperazione che continuava a risuonare nelle mie orecchie trovai un conforto che mi scaldò il cuore. La canzone era strutturata in tre parti, ciascuna con una voce diversa; dedussi che i membri del gruppo fossero almeno in tre, ma mi colpì particolarmente una di quelle voci. Si trattava di una voce maschile, spezzata in due, chiaramente giovane, ma non per questo pulita. Sembrava che quel ragazzo avesse ingoiato una lama di cristallo... Ogni sua parola pronunciata durante la canzone, diventava un taglio invisibile sulla mia pelle; sentivo l'epitelio squarciarsi, ma quando guardavo le mie braccia, cercando la ferita con gli occhi, non c'era nulla. Data la moltitudine di sensazioni che stavo provando in quel momento, feci una ricerca su internet e scoprì che la band che stavo ascoltando era un gruppo emergente di Milano.

"Weirdos, l'emo che ritorna" dicevano i titoli degli articoli di musica sul web.

Dalla mia ricerca e dalle foto di internet, riuscì a recepire un po' di informazioni: I/Gli Weirdos erano effettivamente in tre, avevano tutti un nome d'arte e un look eccentrico.

Lean aveva i capelli blu e ricci, sembrava un ragazzo poco più grande di me con un'aria buffa;

poi c'era Roi con i capelli viola, avvolti in una lunga treccia che fermava attorno alla testa e infine c'era Theo.

Fui colpita immediatamente dal suo viso: aveva un volto a triangolo, scavato sulle guance, i capelli non troppo lunghi da coprire le spalle, ma abbastanza da nascondere la fronte.

 Senza accorgermene mi ritrovai sul suo profilo Instagram e capì immediatamente che la voce che mi aveva quasi fatto piangere, apparteneva a un angelo dai capelli verdi. Era di sicuro il ragazzo più bello che avessi mai visto, bello da paura. Quando dico da paura, intendo che non riuscivo a smettere di guardare le sue foto, ma che allo stesso tempo mi trasmetteva angoscia. Percepivo il vuoto dei suoi occhi già in quegli scatti; ricordo che pensai che, se avessi continuato a fissare ancora il telefono, il vetro del mio IPhone si sarebbe frantumato in mille pezzi.

All'improvviso, una brusca frenata mi riportò tra i vivi. Ero appena arrivata a scuola e dovevo affrontare quella cazzo di giornata.

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