CAPITOLO DICIANNOVE

423 31 10
                                    

Il mattino seguente, Isabel si preparò per recarsi al lavoro e raggiunse il suo uomo in bagno, circondandogli la vita con le braccia, mentre lui era davanti allo specchio intento a sistemarsi la barba. Lo osservò attentamente e si beò della sua bellezza, avvicinandosi poco dopo.
«Mh...sai di sandalo e gelsomino» sorrise, posandogli un bacio al centro della schiena «con questo asciugamani sui fianchi sei terribilmente illegale, amore mio» fece una smorfia.
Sorrise, guardandola attraverso lo specchio. «Come va?» chiese notando la preoccupazione nei suoi occhi.
«Non ti si può nascondere nulla, vero? Sono così tanto prevedibile?» sospirò, staccandosi «sono preoccupata per te, impaurita per te e in ansia per te. Può bastare?» si passò una mano sulla fronte «non sono tranquilla, Kiran... Qui non si tratta di Richard ma del mio uomo».
«Non sarò da solo!» si girò e le accarezzò il viso «ci penserà due volte prima di fare un passo falso. Devo farlo, Isabel. Non tanto per il Karribean, quanto per Tom e Jean».
Lo ascoltò e annuì appena. «C-cosa...Cosa devo dirgli, Kiran?» chiese, mostrandogli il cellulare «dobbiamo farlo ora o non credo che troverò più la forza per effettuare quella chiamata».
«Sii sincera...devi dirgli quello che davvero provi, vedrai che ci cascherà in pieno» la baciò sulla fronte «ci sono io con te».
Si limitò ad annuire ancora e poi prese un grande respiro, uscendo di lì. Andò a sedersi al bordo del letto e guardò lo schermo più volte, pensando e ripensando a cosa gli avrebbe detto. Lanciò uno sguardo a Kiran e poi andò in rubrica, selezionando il numero di Richard. Prese un altro bel respiro e poi lasciò partire la chiamata, attendendo la sua risposta.
«I-Isabel...» esclamò l'uomo, apparendo felice per quella telefonata «Isabel, non sai quanto ho atteso questo momento!».
«Anche io, Richard» rispose freddamente, premendo sul vivavoce «anche io ho atteso con ansia questo momento» sentì la rabbia crescere, stringendo il lenzuolo in una mano.
«Dici davvero? Oh, piccola! Tu dovevi solo riflettere e vedere con chi stavi avendo a che fare! Ti amo, Bel! Io posso perdonarti tutto».
«Io no!» ribatté rabbiosa «non ti sto chiamando per dirti che voglio tornare con te o che ti amo o che mi manchi. Non ti sto chiamando perché ho capito che non voglio Kiran né tantomeno per dirti che ho sbagliato tutto con te!» si alzò, travolta dalla rabbia «io ti sto telefonando per informarti che, molto presto, pagherai tutto!» seguitò a denti stretti, non riuscendo più a controllarsi.
«P-Pagherò tutto?! A cosa ti riferisci?» chiese, ponendosi sulla difensiva «che significa quello che dici, Bel?».
«Non lo comprendi, razza di imbecille?» alzò il tono di voce «tu non hai proprio nulla da perdonarmi, Richard! Hai cercato di violentarmi, lurido schifoso! E se c'è una cosa per la quale devi pagare, è questa!».
«Violentarti?» scoppiò in una grassa risata «tu sei pazza, Bel! Quel coglione ti ha proprio fuso il cervello, bambina! Io ho solo provato a fare l'amore con te...Tu facevi la preziosa perché volevi vendicarti e io l'avevo capito! Volevo davvero sbatterti come una cagna su quel pavimento. Perché io lo so bene cosa ti piace» fece una pausa «io Isabel! Io so cosa ti è sempre piaciuto. Non di certo quel pezzo di merda che ama scopare chiunque respiri».
«Non azzardarti a parlare così di Kiran! Tu sei una bestia, un verme, uno schifoso! Ed è per questo che non la passerai liscia. Tu pagherai ogni colpa e lo farai direttamente da una cella. Perché ti denuncio oggi stesso. Mi hai sentito bene, Richard?» gli urlò contro «ti denuncio! E non pensare di incutermi paura o di potermi fermare. Io ti denuncio e ti sbatto in galera. Dove ci sarà sicuramente chi vorrà sbatterti come una cagna sul pavimento».
A quella affermazione, l'uomo andò su tutte le furie. «Tu non farai nulla di tutto ciò! Non ci provare, Bel! Non azzardarti ad andare alla polizia o giuro che ti ammazzo. Tu sei solo una puttana! Io ho fatto di tutto per te e questo è il tuo ringraziamento?» urlò con tutta la rabbia e la frustrazione del momento «prova ad andare a denunciarmi e giuro che...».
«Che fai, Richard?» lo interruppe, visibilmente furiosa «mi uccidi? Mi spiace deluderti, sai? Per potermi minacciare di morte, avresti dovuto possedere le palle. Ma sappiamo perfettamente che tu non ne sei dotato dalla nascita. Non vali nulla. Nulla! Sei solo un miserabile che si atteggia da lupo quando è nel branco» terminò, chiudendogli il telefono in faccia.
Richard non accettò quell'affronto e sbattè il telefono per terra con violenza, urlando a squarciagola il nome di Isabel.
La donna si portò una mano sul viso e sentì le lacrime raggiungere i suoi occhi prepotentemente, come se fosse in procinto di crollare.
«Va tutto bene!» Kiran bloccò la registrazione fatta e andò ad abbracciarla «ci sono qui io. Non avere paura» la baciò più volte sulla fronte.
Chiuse gli occhi e lasciò cadere le lacrime sul viso, senza dire nulla. Ripensò a quei momenti dove credeva di poter essere violentata davvero e poi cacciò via quell'orribile ricordo, ricomponendosi. «S-sto bene, Kiran. È stato solo un momento» si staccò riluttante, asciugandosi le lacrime «d-devo...Devo andare a lavoro, o il piano non funzionerà».
«Guardami!» le sollevò il viso «andrà tutto bene» sorrise «non restare nel tuo ufficio. Tenterà sicuramente di entrarci» la baciò sulle labbra «ti amo».
«Ti amo anche io...» lo guardò, travolta dalla paura che potesse accadergli qualcosa «appena sarà tutto finito, ti prego chiamami o corri da me! Ho bisogno di saperti al sicuro, Kiran!» gli accarezzò una guancia e lo baciò un'ultima volta, abbandonando velocemente l'appartamento e recandosi a lavoro come previsto.
Informò i suoi dipendenti di tutto ciò che avrebbero dovuto dire e fare e poi si nascose in una stanza riservata al deposito di fascicoli vecchi, attendendo la prima mossa di Richard.

INSEGNAMI AD AMARE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora